"La scatola dei bottoni", sapori e tradizioni del Cilento nel nuovo menù di Giovanni Solofra ai Tre Olivi di Paestum
Ristorante Tre Olivi
Via Poseidonia, 41, 84063 Capaccio SA
Aperto a Cena tutti i giorni tranne il martedi
Tel: 0828 720023
Prenotazioni: https://www.treolivi.com
Prezzo medio: 100€/130€ (escluso i vini)
Paestum, sito archeologico di estrema importanza, riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, uno dei luoghi italiani più visitati dai turisti di tutto il mondo è ,oggi, sempre più un polo enogastronomico di primaria importanza. Nella storia, diverse popolazioni, arrivate a Paestum da ogni parte del mondo, hanno lasciato una propria eredità artistica, culturale e gastronomica che si rispecchia nella incredibile proposta di questo territorio.
La città di Paestum, famosa come il centro più importante al mondo per la produzione della mozzarella e di numerosi prodotti caseari, conta, soprattutto fuori dalle antiche mura, un numero svariato di ristoranti, agriturismi, trattorie, piccoli laboratori dediti alla trasformazione di cibi e prodotti alimentari oltre a diverse case vinicole degne di attenzione a livello nazionale.
In questo contesto si è aggiunta, da poco più di un anno, la presenza al Savoy Beach Hotel di Paestum di Giovanni Solofra che insieme alla sua compagna di vita Roberta Merolli, pastry chef di altissimo livello, ha letteralmente rivoluzionato da tutti i punti di vista la proposta gastronomica del suo Ristorante Tre Olivi, grazie non solo alla sua incredibile creatività e indiscutibile tecnica ma anche al suo spirito imprenditoriale che ha alzato di molto l’asticella della qualità.
“La scatola dei bottoni” questo è il titolo del nuovo percorso gastronomico, nome anche di una delle portate. Un contenitore di memorie, di ricordi, di luoghi cari, un viaggio gastronomico nel territorio Cilentano con le sue ritualità e le sue tradizioni.
Tutto questo viene tradotto in una splendida esperienza tra arte culinaria e visiva, Giovanni ha anche creato una serie di piccoli video artistici in cui spiega il concetto dietro ogni suo piatto tra poesia, immagini e musica.
Il Menù
Ma partiamo subito, in questo percorso fatto di colori e sapori, con nove splendidi canapè che rappresentano nove santi diversi e le diverse fasi di un ciclo solare, una sorta di calendario rurale come spiega lo Chef.
Si inizia con San Michele Arcangelo, il Santo della Luce contro le ombre: abbiamo la buccia di melanzana scura fuori e bianca dentro, abbrustolita e affumicata con dentro caciocavallo di grotta,
Subito dopo, in ordine solare, San Martino, il periodo più propizio per i contadini, quando era uso fare la pizza con i “quattrini”, riprodotta in questo piccolo assaggio,
Abbiamo poi San Nicola, rappresentato con tre sfere della fortuna realizzare con scampo, zafferano e caviale,
Continuiamo con Sant’Antonio rappresentato con un bastoncino affumicato contenente del lardo di maiale,
C'è poi il pane benedetto di San Biagio, protettore della gola, infatti la leggenda racconta che San Biagio salvò un ragazzo da una spina di pesce con una mollica di pane.
Ancora simbolismi legati al territorio con uno stracchino di capra con delle piccole decorazioni di basilico e pomodoro a rappresentare San Vito, il santo che morì sulle sponde del Sele, patrono di Capaccio,
Un pesciolino fatto con tartare di manzo che si tuffa nel mare, realizzato con fondo di prosciutto, rappresenta San Giorgio, perché nel periodo in cui si festeggia il santo il mare diventa propizio per i pescatori,
Per San Giovanni invece abbiamo acqua aromatizzata con petali di fiori a ricordare la notte magica del Santo in cui si raccolgono fiori e ci si bagna con l’acqua come rito propiziatorio,
Si chiude il cerchio con Sant’Ignazio a cui è dedicato l’ultimo canapè, tra l’altro Ignazio è anche il nome in brigata del giovane che prepara con tanta pazienza tutti questi splendidi appetizer.
In abbinamento uno Spumante Metodo Classico Brut Rosé "Gioì" 2017 dell’azienda agricola San Salvatore 1988 di cui è proprietario Giuseppe Pagano, patron del Savoy Beach Hotel.
Splendido il servizio del pane con la scenografica ferratella abruzzese: una cialda, in questo caso salata, lavorata con farina monococco, pomodoro e origano; abbiamo poi grissini vari, taralli napoletani, baguette, focacce, ciabatta con farina di semola, una tipica brioche siciliana e una bella pagnottella realizzata con l’antica tecnica di lievitazione naturale in foglia, tutto realizzato con le farine della Cooperativa Sociale Terra di Resilienza.
Ad accompagnare troviamo diverse tipologie di intingoli: al pomodoro, alla scapece, burro di alici e diversi tipi di sale con l’olio EVO dell’Azienda Agricola San Salvatore.
Prima del menu vero e proprio arriva il “carrello dei vegetali”, dove lo Chef propone una serie di assaggi vegetali lavorati con diverse tecniche, dai sapori e dalle consistenze a volte sorprendenti. Dalla zucca napoletana che sembra un salmone, alla rapa che prende l’aspetto di una bresaola, oppure la zucchina simile ad un lardo, la finta coppietta romana realizzata con il peperone o la ricottina di mandorla con un goccio di vin cotto e altro ancora, come pairing un succo di rapa buonissimo!
Arriva la prima portata del menù vero e proprio, “Le Primule”,
La Primula Palinuri, che cresce anche in territorio di mare, pianta simbolo del Parco Nazionale del Cilento,. Qui viene rappresentata la natura di terra e di mare di questo territorio, una primula viene aromatizzata con polvere di finocchietto e dentro abbiamo una purea di fungo porcino mentre l’altra primula presenta plancton marino e tartare di gambero.
Un elegante vino australiano, Louis Sémillon Eden Valley 2008 di Henschke, per la successiva portata “Muretto a secco”,
Giovanni fa un omaggio a questo manufatto, oggi patrimonio dell’Unesco, sede di una grande biodiversità interna. Abbiamo diversi elementi tipici del Cilento a formare il piccolo “muretto” nel piatto, legumi, piccoli pezzetti di pane, delle sfere fatte con l’acqua delle lumache di mare, altri piccoli elementi vegetali e una purea di finocchietto a fare da legame e sotto una terrina di coniglio.
Viognier, 2016 di Omina Romana per il “Catuozzo”,
Un piatto dedicato ad un antica tecnica Cilentana di trasformazione della legna in carbone all’interno di una cupola di terra, qui nel piatto i vari ingredienti con i loro colori e sapori raccontano il passaggio dalla luce del sole al rosso del fuoco al nero del carbone fino a ritornare al giallo della combustione.
Buonissimo oltre che geniale.
Arrivano dei coccodrilli a tavola ad introdurre una divertente zuppa di erbe cilentane, il nome "What’s Zupp" deriva dall’uso di tramandare per via orale le ricette tradizionali cosa che ora può avvenire, come è accaduto per lo Chef, tramite i moderni social.
Le varie erbe come l’erba stella, le cicorie, le cime di rapa, i broccoletti compongono questo coccodrillo che andrà poi, insieme ad un consommè di carne di pollo, a formare la nostra zuppa, accompagnata da un Bolgheri, Vermentino, Guado al Tasso, 2017 dei Marchesi Antinori.
Il viaggio tra sapori, tradizioni e memorie evocate da Giovanni Solofra continua con la “Scatola dei bottoni”, antiche scatole originali Mellin anni 60, recuperate e rivestite per adattarle ad uso alimentare, racchiudono all’interno dei colorati ravioli, rievocazione degli antichi bottoni della nonna, ricordi di “un’epoca dove tutto si poteva aggiustare”.
Chef Solofra ci presenta delle bellissime triglie rosse di Licosa avvolte nella rezza di maiale, elemento che darà un tocco estremamente particolare e succulento al successivo piatto, “Rallo e Tramaglio”, in cui i filetti di triglia vengono farciti di gambero, uno dei crostacei di cui il pesce si nutre, nel piatto troviamo anche la poseidonia e il Flysch, tipiche alghe presenti nell’habitat di questo pesce infine il piatto viene completato con un fondo dai delicati sentori di pino.
In abbinamento il “Les Deux Anges”, un vino fermo Rosé dello Château de l'Escarelle.
Nuovamente un vino dell’Azienda Agricola San Salvatore, un elegante Pinot Nero, il “Pino di Stio" IGP Paestum Rosso 2018 come compagno di viaggio per il “Pane Murato”, una bellissima portata che vuole ricordare in chiave moderna il cibo tipico dei pastori durante la transumanza, quando il pane raffermo veniva ricoperto di latte, il quale cagliando si trasformava in una sorta di formaggio.
Un Passito di Noto, Planeta, 2018 ci porta alla parte dolce del menù con “31 Dicembre”, Santa Lucia, giorno in cui la donna regala all’uomo una collana di fichi secchi e l’uomo ricambiava donando un gancio con cui si chiudevano le fascine di grano, tutto questo si traduce grazie alla creatività di Roberta Merolli in questo dessert con fichi, sorbetto all’arancio e cioccolato.
Ancora simbolismi nello splendido dessert successivo, “Le Cente”, dedicato all’antico rito delle composizioni di candele e fiori dedicate al Santo.
Una bellissima piccola pasticceria e un buon Brandy Carlos I° Solera Gran Reserva concludono questa nuovo splendido menù ai Tre Olivi, un altro sorprendente viaggio, questa volta tra sapori e tradizioni del Cilento.
Conclusioni
Chef Solofra si dimostra essere un vulcano di idee creative e appassionate, sedersi alla sua tavola diventa un’esperienza imperdibile grazie alla sua bravura, alla splendida tecnica, al suo buon gusto e alla grande cultura e conoscenza legate non solo al suo territorio ma anche ai tanti viaggi in giro per il mondo.
Un'esperienza che non potrebbe essere di così alto livello se non ci fosse anche un servizio impeccabile e quell’elemento in più dato dalla splendida pasticceria di Roberta.
Impossibile passare per Paestum e non fermarsi ai Tre Olivi.
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