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Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Yoshiro Narisawa lo chef bistellato Michelin in Tokyo che per anni è stato considerato il miglior cuoco del Giappone

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?
Narisawa
2 Chome-6-15 Minamiaoyama, Minato City, Tokyo 107-0062, Giappone
Aperto pranzo e cena, Chiuso domenica e lunedì.
+81 3-5785-0799 Prenotazioni: gnavi.co.jp, ikyu.com

Per raccontare questa esperienza è necessario elencare una sequenza di numeri che dovrebbero render chiaro perché da Narisawa non mi aspettavo semplicemente di mangiare benissimo ma speravo, e probabilmente pretendevo, una delle esperienze gastronomiche più straordinarie della mia vita. Decine i riconoscimenti, il più importante sicuramente è stato ricoprire per diversi anni la vetta come miglior ristorante giapponese al mondo. Nonché confermarsi all’ottava posizione, per il 2015 e il 2016, nella globale World’s 50 Best Restaurant.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Chi è Yoshiro Narisawa?

Nato nel 1969 lo chef bistellato ha studiato in Francia, Svizzera dal 1988 al 1996 con Joël Robuchon, Paul Bocuse e Frédy Girardet. Ma anche un anno in Italia, nel 1992, da Ezio Santin dell’Antica Osteria del Ponte alla Cassinetta di Lugagnano vicino a Milano: “Lo ricordo bene, quelli bravi li noti subito e non li scordi” prima di far ritorno in patria e aprire il suo ristorante “Le Napoule ” a Kanagawa nel 1996.

Questi anni di formazione e conoscenza gli serviranno per comprendersi e sviluppare una propria identità.

Nel 2003, finalmente pronto, l’uomo che ha girato il mondo in cerca di ispirazione sviluppa una propria filosofia e approda nel quartiere finanziario più importante di Tokyo. Qui, nel distretto di Aoyama metterà le basi che lo porteranno ad essere uno degli chef guida di una nuova tendenza in cucina “rimettere al centro la natura e la sua sostenibilità”.

Perché “Le creatiòns de Narisawa” ?

Yoshihiro ha voluto rendere chiaro sin da subito che la sua cucina non è, né strettamente giapponese né occidentale. Bensì un personalissimo modo di intendere la gastronomia. Una storia, sintesi perfetta tra la natura, i tempi e le anime del Sol Levante intriso di tutto quello raccolto nei lunghi anni di gavetta in Europa.

La filosofia “Innovative Satoyama” prende il nome dalla regione di approvvigionamento delle materie utilizzate, in parole povere mangiare localmente (il celebre Km 0) e stagionalmente, con un’enfasi sulla foresta e l’oceano assecondando riti e ritmi del calendario delle festività nazionali di dove è nato, vive e lavora. Date che scandiscono momenti di natura in un profondo rapporto con l’ambiente attraverso cinque temi ben precisi: Terra, Acqua, Fuoco, Carbone e Foresta.

Dopo questa premessa obbligatoria, rispondo alla domanda: “Come è andata realmente?”

Si viene accolti bene, la location è molto curata, minimalista, asettica. Entrando pare di varcare una sala operatoria ma complice un servizio di sala che per tutto il percorso funzionerà in maniera impeccabile si riuscirà a percepire l’anima del ristorante che non risiede negli oggetti che lo adornano, bensì nella filosofia che lo anima.

Tutti i tavoli guardano verso la cucina, alle nostre spalle grosse vetrate con finiture in acciaio spazzolato danno apertura sul bel niente dato che ci troviamo al piano 0 di un edificio finanziario di 8 piani.

Non vi è un menù dove poter scegliere il percorso da affrontare. Come è sempre più diffuso a questi livelli si viene ad assaggiare la personalissima idea dello chef, nella fattispecie una proposta con alcuni capisaldi e le restanti portate secondo la naturale disponibilità.

Sedici portate, scenari e racconti diversi: optiamo per un pairing di pregiatissimi tè selezionati dallo chef, non volendo contaminare con i fumi dell’alcool la degustazione che speriamo sia entusiasmante.

Il percorso apre con un signature dish: lo scenario di Satoyama ed essenza della foresta. Composto da tè verde, polvere di spinaci, yogurt di soia, gobbo fritto di profondità, carbone e foglie varie, assolve al suo compito e cioè quello di trasmettere a chi lo assaggia l’idea di passeggiare tra i boschi, profumi e sensazioni tattili di terra che vanno a completarsi con dell’acqua intrisa di quercia. Insieme a questa portata principale, molto teatralmente, viene portato a tavola un tubo di vetro con una pasta di grano, noci e yuzu candito lasciata lievitare a tavola e poi cotta in un secondo momento in un piccolo forno in pietra. Oltre alla simpatia della scena lascia veramente molto a desiderare: il pane risulterà leggermente indietro di cottura. Buoni i Chi Ayu di Sakura (piccoli pesci dolci) fritti.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Piacevole e ben fatto il panino di patate dolci giapponesi cotto al vapore con riccio di mare (Sea Urchin di Oita -Japanese Yam di Saga). Successivamente, abbiamo avuto due fantastiche prelibatezze giapponesi. Innanzitutto, abbiamo gustato la tartaruga dal guscio molle, la carne delle zampe veniva tritata, cotta a vapore e grigliata su bastoncini di lindera, infine condita con salsa di soia dolce e pepe sansho. Viene presentato come uno spiedo al kebab su un piatto di pietre calde.

Il sapore è difficile da descrivere ma ci proverò: tenera, un mix tra tacchino, pollo e vitello, risultando dolce all’esterno e lievemente sapida all’interno.

In accoppiata allo spiedo di tartaruga marina ci viene servito un brodo della stessa dal gusto pulito e rotondo, forte e concentrato. Un sapore intenso e ricco, cotto lentamente tra le cinque e le dieci ore. Sorseggiandolo lentamente mi ha calmato l’ animo. Si rivelerà il piatto più riuscito del percorso.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?
Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

E cosi via con grande tempismo vengono messe fuori una portata dopo l’altra, dal granchio di Hokkaido e dentice di Yamaguchi (crab, tilefish) allo scenografico buccino di Ishikawa e cappasanta di Aichi, completato con una polvere azotata ai fiori di pesco, il trascurabile salmone dolce con lattuga di mare mentre il petto di quaglia di Aichi è risultato perfetto data la profondità di gusto conferitogli dalla griglia al carbone in accoppiata con un’aria al risotto d’orzo. ll corso di crostacei del giorno era lo scampo servito sopra un “giardino” creato da una varietà di fiori verdi raccolti quella mattina presto, il tutto adagiato su un brodo composto dagli stessi elementi, leggermente scottato e servito come un sashimi caldo. Il crostaceo risultava cremoso, perfettamente cucinato e le verdure in collaborazione al brodo ne esaltavano il gusto.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?
Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?
Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Si prosegue con una delle portate più attese, il famigerato pesce palla (fugu) dalle carni tanto letali quanto deliziose, apprezzatissimo nel Sol Levante è vietato in quasi tutto il mondo, ancora oggi miete 3 vittime l’anno per avvelenamento. Vale la pena rischiare la vita per provare questa delizia? Sicuramente no, ma lo si può mangiare in quasi totale sicurezza avendo il ministero della salute giapponese obbligato chiunque voglia servire questo prodotto a frequentare un corso su come eliminare tutte le parti velenose.

Com’è allora il pesce palla? Le carni hanno una consistenza molto simile alle parti grasse del pollo, lo chef li serve con una purea di piselli dolci aromatizzata con un olio al wasabi sapientemente dosato, regalando un piatto pulito e dal grande equilibrio.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Portata dopo portata vi è stato un crescendo di gusto senza mai scuotere del tutto, finalmente si arriva al piatto che golosamente attendevo da quando è iniziato il percorso. Il famigerato Sumi 2008 Kobe Beef, un nome più da file governativo che da ristorante! Letteralmente “Sumi” significa carbone, 2008 invece è l’anno in cui lo chef in collaborazione con un laboratorio universitario giapponese determinò il metodo ideale per la cottura di queste pregiate carni.

Il segreto è cuocerle lentamente a 60°C su una pietra precedentemente arroventata che rilascia costantemente il suo calore, tanto da sostenere la cottura di circa 4 ore.

Chi si sarebbe aspettato che un pasto più teatrale che gustoso si sarebbe concluso con un pezzo di carbone? L’olio d’oliva a 55°C viene versato ripetutamente su un pezzo di bistecca di Kobe per mezz’ora, quindi la carne viene cosparsa da una polvere di porro grigliato al carbone e lasciata riposare per tre giorni.

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Presentato sulla stessa griglia nella sua semplicità è stato un boccone liberatorio, il miglior prodotto servito con la migliore tecnica. La seducente carne rosa sotto la superficie poco attraente era intensamente saporita, aiutata dalla dolcezza leggermente bruciacchiata della polvere di porro. La masticazione è risultata leggermente più impegnativa rispetto al tipico taglio wagyu che tende ad essere apprezzato per la tenerezza e non per il sapore delle carni stesse.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Per i dessert in sequenza arrivano: Strawberry, fukuoka, magnolia, gifu. Piatto composto da una fragola, marmellata di fragole, gelatina a base di alga Kombu con aroma agrumato (Yuzu) e una foglia di thè verde Matcha in cima, seguito dal Matcha di Fukuoka somigliante a un macaron ma è un cracker di riso al thè ripieno di fagioli rossi come vuole la tradizione.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?
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Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?
Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Graditissima la torta con cui ci hanno omaggiato venuti a conoscenza delle nostre nozze recenti. Ho assaporato quasi tutto ciò che la cucina ha offerto, un percorso articolato e attento, un servizio di sala accurato e preciso, il menù al costo di 30.000 yen è abbastanza oneroso, ma considerando l’immensa quantità di manodopera e di ricerca il prezzo è risultato più che ragionevole.

Narisawa in Tokyo, è il miglior ristorante Giapponese al mondo?

Cosa resta alla resa dei conti di Narisawa? Questo è quindi il 22 ° ristorante al mondo? Il miglior ristorante giapponese? La direzione che tutti dovrebbero percorrere?

Personalmente credo di aver passato ore liete ma tranne alcuni piatti probabilmente aiutati dall’esotismo e dalla suggestione non mi ha lasciato una gran voglia di tornare, dovessi consigliarlo direi andateci per cultura, per gustare un’idea e per capire dove è diretta l’alta ristorazione ma decisamente credo che la teatralità così come gli argomenti debbano essere al servizio di una cucina emozionante. Introduzione per predisporre all’incredibile piatto che si sta per degustare e non come invece è successo qui l’argomento principale con cui si esce.

Avrei voluto raccontare di essere sobbalzato più volte dalla sedia, di non aver termini tali da poterne descrivere la bontà, che le emozioni hanno offuscato i ricordi dei singoli ingredienti lasciando in me sono quell’istintiva e pura sensazione di benessere. Ahimè, purtroppo ricordo tutto…. e per quanto mi riguarda ho provato più emozionante stuzzicare agli angoli di strada o in anonimi mercati del pesce. Ma non qui, non da Yoshiro!

Sayonara Narisawa!

Ps. Vi lascio con queste sue parole:

«L’uomo non dovrebbe limitarsi a consumare un piatto, ma dovrebbe assorbire la vita stessa racchiusa in quello che viene proposto. Nel mio Paese c’è l’abitudine di sentire il passaggio del tempo che cambia dal colore e dall’aspetto dei fiori e dei prati, dal cinguettio degli uccelli, dal soffio del vento, dalle fasi lunari, e lasciandosi trasportare, contemplare la gioia delle quattro stagioni. Stando immersi nella natura, se ne può cogliere la nascita, il pieno rigoglio e i suoi lasciti. Ogni momento ha la sua bellezza, e a questa bellezza è legato un senso di malinconia. I giapponesi ritengono che in tutte le cose ci sia una divinità, e che si debba proteggere lo spirito di questi elementi che ci danno gli ingredienti. Inoltre questo paesaggio naturale, che è stato ucciso

dall’uomo stesso, rivive un’altra volta in ogni piatto».