Il Pagliaccio: il miglior ristorante di Roma?

Con lo chef Anthony Genovese: un viaggio dall'Italia all'oriente, a Roma presso "Il pagliaccio"

Via dei Banchi vecchi 129/a
Mail info@ristoranteilpagliaccio.com
Telefono +39 06 68 80 95 95
Prezzo degustazione 150-170 e 190 euro; 100 euro a pranzo
Chiuso domenica e lunedì

Se tutte le strade portano a Roma un motivo ci sarà. Poche città nel mondo hanno la sua storia e la sua bellezza: Roma ha sempre qualcosa di nuovo da mostrare.

È così anche per uno dei suoi ristoranti storici, il Pagliaccio.

Dentro un edificio anonimo si cela un locale raffinato dall'atmosfera ovattata e uno stile moderno. A quasi 20 anni dalla sua apertura, la cucina di Anthony Genovese continua a rinnovarsi attraverso una proposta di grande complessità tecnica, riuscendo ad esaltare il meglio che l'Italia ha da offrire grazie ad una intraprendente contaminazione orientale frutto dei lunghi trascorsi dello chef in Giappone e Thailandia.

La sala è perfettamente gestita dal maitre Matteo Zappile, fresco del premio Michelin per il miglior servizio. Riconoscimento meritato poiché il servizio unisce ad una grandissima professionalità un'accoglienza perfetta, formale, ma non fredda riuscendo ad esaudire le necessità di ogni cliente.

Anche l'ambiente sembra andare di pari passo, rimodernato pochi anni fa, si presenta molto elegante, ma meno barocco e più moderno ed essenziale armonizzandosi con la nuova cifra stilistica del menu.

Il Pagliaccio - dettaglio sala

Per quanto riguarda la cucina si nota subito come lo chef Anthony Genovese riesca a mettere a frutto tutta la sua esperienza.

Una degustazione tecnica, ma non priva di un'identità personale, capace di stupire riuscendo a proporre sapori e abbinamenti diversi. Composizioni complesse, lontane dal minimalismo tanto ricercato ultimamente, ma ottimamente calibrate.

Fulgido esempio ne è già il "Circus" iniziale. Una batteria di amuse bouche di rara fattura e piacere che spaziano dall'acidità amara del mochi con arancia bruciata, alla salinità del tacos con lenticchie fermentare, alla dolcezza e croccantezza della sfoglia di pasta brie con crema di patate fino all'estratto di sedano rapa e senape per ripulire il palato.

Oppure ne "il viaggio", signature dish dello chef, composto da una ricciola marinata servita con gelato al sake e foie gras dove si apprezza la perfetta simbiosi di ingredienti così diversi o ancora il maialino nero perfettamente sgrassato dal tamarindo ed esaltato dai numerosi pepi utilizzati.

Molto buona la parte dolce anticipata da un'interessante predessert a base di formaggio di capra e granita di pere al vermouth e chiusa con un'ottima millefoglie con ganache al caffè e panna con limone.

Il Pagliaccio - predessert

Il Pagliaccio - dessert: millefoglie con ganache al caffè e panna con limone

La pecca principale, se così si può chiamare, è data dall'eccessivo rigore di alcune preparazioni.

Una tendenza quasi ascetica che, in un paio di portate, fa prevalere il bello all'emozionante, la forma alla sostanza. Lo si nota, ad esempio, nei ravioli con ragù di coniglio e anemone che, benché perfettamente eseguito, non riesce a stupire.

Il Pagliaccio - ravioli con ragù di coniglio e anemone

Altra pecca è il conto delle portate in cui sono incluse amuse bouche e predessert.
Ma sono solo appunti minori di quella che rimane la tavola più interessante di Roma e forse del Lazio, grazie alla sua capacità di rimanere impressa nei ricordi per l'equilibrio funambolico della cucina più spinta e la sartorialità del servizio.