Giorgio Pinchiorri colpevole di stalking ma la pena di 4 mesi viene sospesa. Deve continuare per molto ancora la bella storia della ristorazione?
Giorgio Pichiorri accusato di stalking verso una ex sommelier dell'enoteca
“Sono stato e continuo a essere un uomo impulsivo, che si lascia portare dall’intuito e da un sesto senso”, così Giorgio Pinchiorri rispose a chi gli chiese come gli venne in mente di lanciarsi nelle fiamme che coinvolsero la cantina del tristellato che porta il suo cognome per salvare una bottiglia di Chateau d’Yquem del 1820.
Lo stesso Pinchiorri che era in lacrime durante l'asta indetta dalla sua cantina lo scorso anno mentre avrebbe dovuto piangere tutte le 100mila bottiglie per ben altre ragioni.Giorgio Pinchiorri era stato accusato di atti persecutori nei confronti di una giovane donna.
L’imprenditore, oggi 78 enne, secondo le indagini coordinate dal pm Giovanni Solinas e scattate dopo la denuncia della vittima, è colpevole di stalking verso la donna, una sommelier figlia di alcuni conoscenti di Pinchiorri. Appostamenti, sms e telefonate sarebbero andati avanti per cinque anni, anche dopo la denuncia.
“Giorgio Pinchiorri non mi ha lasciata un giorno in pace. Ha fatto terra bruciata attorno a me. Ancora oggi non sono più libera di uscire da sola, di stare con i miei amici, di pensare a farmi una famiglia. Vivo nel terrore di vederlo apparire in ogni momento. La mia vita è cambiata, sono entrata in un incubo” - raccontava la donna nel 2019.
Tutto ha avuto inizio nel 2015 anno in cui la donna aveva lavorato presso Enoteca Pinchiorri, posto di lavoro che era stata praticamente costretta a lasciare già nel 2016 proprio per non dover continuare a subire. Il licenziarsi della vittima però non ha fermato l’imprenditore che ha continuato a perseguitarla anche dopo essere venuto a conoscenza di essere stato denunciato. Uno degli ultimi episodi contestati dall'accusa risalirebbe al settembre del 2019, quando, uscendo da un ristorante del centro dove lavora in quel periodo, la donna si sarebbe ritrovata Pinchiorri nuovamente di fronte. A quel punto avrebbe chiamato i carabinieri.
Stando al racconto fatto dalla ex dipendente, Pinchiorri aveva cercato di conquistarla anche con regali e sorprese fatte trovare sotto casa.La vicenda si è conclusa qualche giorno fa con Pinchiorri che ha patteggiato ritrovandosi una condanna a 4 mesi che però il giudice ha sospeso.
Una storia che poteva finire peggio, per Pinchiorri, ma poteva anche andare meglio, per la donna. Entrambe le cose, onestamente, le avrei sperate.
Oriana Fallaci, ne La rabbia e l'orgoglio diceva: "Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre."
Ebbene questo è il momento di parlare per due motivi:
1- è incredibile quanta poca attenzione sia stata data a questa vicenda, come si sottolinea su Munchies Italia, nonostante interessi una personalità simbolo dell'enogastromia italiana nel mondo. E simbolo per simbolo, si sarebbe potuto "sfruttare" l'evento proprio per affrontare temi che si ripresentano nella quotidianità dell'ambiente cucina;
2- cominciare ad uscire dal tunnel della cucina come ambiente di sottomissione, di detenzione psicologica e di formazione militare, senza dimenticare il nonnismo e l'idea che solo il sacrificio della propria vita privata, della propria dignità e per le donne anche della loro femminilità, sia la via per imparare davvero questo mestiere.
Prendo al volo l'occasione di quanto accaduto in questa faccenda, a Firenze, per ribadire che le molestie sono un tabù in cucina. E non mi soffermo sul genere o sulla forma perché con "molestia" intendo la "pungente sensazione di disagio, tale da alterare le normali caratteristiche di uno stato, di un'azione o di un comportamento, provocata da fattori o agenti interni o esterni, oggettivamente ostili o sentiti come tali" e quindi mi riferisco a uomini e donne, a sfondo sessuale o meno.
Stiamo parlando certamente di un ambiente in cui la disciplina è stabilita come principio base ed addirittura rientra in un sistema vero e proprio ma lo spirito "di cameratismo" della professione ha ancora come effetto un silenzio su ciò che tutti sanno e vedono e vivono. Probabilmente c'è la paura di far calare le ombre su un mondo che prima non era manco considerato ed ora vive un momento di luce divina, o forse per paura di rompere un silenzio che pare esser divenuto parte di quel sistema, o forse c'è "solo" la paura comune a tutte le vittime: essere perseguitati da un'etichetta che rovina la vita privata, professionale e pubblica.
Si conoscono tante storie fatte di pressioni. abusi e insulti ma passano in sordina perché non v'è la forza, la spinta per metterci la faccia. Mi rimbalza nella mente una frase che una giovane chef aveva più e più volte sentito dal suo capo: "ti bruceremo la carriera, non ci sarà spazio per te mai più e in nessun posto!"
Ed è innegabile che pressione psicologica è qualcosa che fa sempre il suo sporco lavoro.
Non sto dicendo e non voglio dire che in tutte le cucine ed in tutti i laboratori ci sia questa stessa situazione ma vorrei che più uomini e donne si facessero coraggio nel denunciare quanto accade. Vorrei che non fosse la fiducia nelle istituzioni o la certezza della pena a fare da sostegno alla scelta di essere liberi bensì il rispetto per la propria persona, la spinta a non farsi annullare come persone e come lavoratori. Perché è questo quanto accade: uomini e donne si annullano, rinunciano alla loro crescita personale per una crescita professionale che molto spesso non avviene proprio a causa della staticità che si creata interiormente. Nelle donne poi avviene, come dicevo, quasi un rinnegare la propria femminilità: non essere troppo carina perché poi le doti fisiche fanno ombra alle capacità, non essere emotiva perché vuol dire non avere gli attributi per questo lavoro, etc.
Fortunatamente il motore delle nuove generazioni ci fa sentire che qualcosa si muove: dalla voce che vogliono far sentire, alle denunce, alla richiesta di condizioni di lavoro più adeguate così da non creare nemmeno quel carico emotivo e psicologico che molto più spesso di quanto si pensi concorre al via libera di gesti e battute inappropriati. Mi viene da pensare che le menti giovani abbiamo finalmente ritrovato quel "lavora per le tue idee" che aveva ormai lasciato il posto a "lavora e taci" e la cosa mi rende felice perché è sempre bello constatare che sarà la consapevolezza a salvare il mondo.
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