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Saper riconoscere il Terroir nel Sake

Sake , il terroir

Saper riconoscere il Terroir nel Sake

L’identificazione geografica riferita al sake giapponese, sia che si tratti del legittimo protettorato su scala nazione sia che si abbia a che fare con una determinata prefettura, non può essere confusa, scambiata o fatta coincidere col terroir in quanto costituiscono concetti diversi per definizione.

Saper riconoscere il Terroir nel Sake

Infatti l’identificazione geografica afferisce anzitutto a parametri legali, regolamentazioni, tempi di processo che fotografano un’intera filiera produttiva e numeri, numeri che hanno a che fare ad esempio con rese e quantità, proporzioni, tempi di fermentazione, affinamento ed immissione sul mercato. Soprattutto l’identificazione geografica è un’intesa tra le parti, parti che possono confluire in un semplice accordo commerciale piuttosto che in un consorzio che stabilisca protocolli specifici riguardo alla materia prima, alla sua trasformazione ed a tutti i fattori economici che ruotano attorno ad essa. Per quanto una trade union, quale effettivamente è l’identificazione geografica, possa essere coincidente ad una macro area, ad una divisione territoriale relativamente estesa, oppure ad una prefettura, essa non potrà mai costituire un terroir, anche perché basti pensare questo: in una data regione possono coesistere più terroir, uno diverso dall’altro.

Saper riconoscere il Terroir nel Sake

Anche se un intero distretto, ricadente in un’identificazione geografica, coincide geograficamente ad un terroir, esso non potrà coincidervi in quanto il terroir è un concetto ben più profondo ed articolato rispetto ai limiti di una data area.

Saper riconoscere il Terroir nel Sake

Infatti tre elementi chiariscono inequivocabilmente cosa sia il terroir: fattore pedoclimatico, fattore territoriale e fattore antropico.

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Per fattore pedoclimatico si intende l’insieme delle grandezze meteorologiche che insistono in una determinata zona, ergo temperatura ed escursione termica, umidità relativa, pressione atmosferica, moto e velocità dell’aria, le quali stabiliscono il microclima topografico e cioè la risultante di ciò che viene osservato a profondità ed altezza limitata e che determina le condizioni di tutti i viventi e quindi dell’agricoltura.

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Il fattore territoriale comprende la geologia e la morfologia di un paesaggio o di una micro-area, la presenza di fiumi, montagne e laghi, piuttosto che la vicinanza al mare, inoltre include intrinsecamente la vocazione dei suoli ad accogliere determinate colture, piuttosto che altre. Naturalmente l’ambiente, la qualità dell’aria e la presenza di tutte le varietà viventi, contenute nel terroir, daranno luogo a determinati ceppi di lieviti che vi circoleranno liberamente ed anche gli insediamenti umani avranno un ruolo determinante.

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Il fattore antropico è caratterizzante per la morfologia di un’intera area, soprattutto dal punto di vista ambientale, in quanto ne plasma il volto e ne determina la sostenibilità a seconda del periodo a partire dal quale gli insediamenti e le attività umane insistono e come esse vengano portate avanti, a beneficio o detrimento per l’ecosistema che si viene a determinare. Naturalmente tale fattore, nella produzione del sake, avrà lo stesso peso della mano dell’uomo che andrà ad esercitare delle scelte, scelte che nel tempo possono diventare consuetudini e quindi tradizione, scelte che nel contesto possono diventare necessità economiche in misura della sopravvivenza di una sakagura, del trend di consumo, del mercato di riferimento e dell’innovazione che si intende adottare. Una mano, quella dell’uomo, con uno peso specifico tale sulla materia prima da poterla plasmare ad immagine e somiglianza del suo ego, della sua creatività e della sua filosofia, oppure leggera di modo che la Natura, in una qualche misura, faccia il suo corso ed ogni singolo ingrediente conservi la sua identità originaria prima di diventare parte del tutto. L’insieme di questi elementi caratterizza la filiera produttiva del nihonshu dal suo inizio alla sua fine, determinando non soltanto il suo profilo organolettico ma le economie di centri rurali più o meno estesi, scelte commerciali specifiche ed il costo finale del prodotto.

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Attualmente le prefetture che beneficiano dell’indicazione geografiche sul territorio giapponese sono sei: Yamagata, Gunma, Ishikawa, Hyogo (Harima), Kobe (Nada) ed infine Mie.

La descrizione di un terroir deve poter essere, tanto per cominciare, la trascrizione degli elementi comuni a queste aree, sottratti i quali si evidenzierebbero le differenze che intercorrono non soltanto per clima, natura del suolo e fattore umano, ma persino per qualità dell’acqua, scelta dei lieviti e del riso. Probabilmente l’acqua è il fattore più evidente di terroir, lo dimostra la diversificazione delle sorgenti e la composizione stessa delle acque, ma perché ciò sia evidente nel sake tali elementi dovrebbero essere enfatizzati dalle scelte del toji senza override tecnico stilistici data la delicatezza di questo elemento.

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Una selezione specifica di ceppi di lievito standard offre sicurezza su tutta una serie di parametri a partire dalla regolarità del processo fermentativo fino ad ottenere un quadro olfattivo nitido e costante, pertanto sarà difficile valutare quanto i lieviti abbiano appeal territoriale se proverranno dal Kyokai-Kobo, mentre se fossero quelli derivanti dal Kuratsuki-Kobo ogni anno si otterrebbero sicuramente profumi diversi e non solo: in un certo senso il produttore dovrà confrontarsi con l’andamento annuale della proliferazione dei ceppi di lievito ed “interpretare l’annata” da questa prospettiva, facendo leva su questa discontinuità come un punto di forza ed un valore aggiunto, poiché l’imprinting territoriale se correttamente sfruttato non può che essere positivo, specialmente se domato dalla tecnica e dalla perizia. Il riso può essere piegato alla volontà dell’uomo, come accade spesso, ma a parità di seimai buai, sovente calibrato in funzione della locale sorgente da cui si attingono le acque, e di varietà bisognerà certo registrare le sfumature di una stessa tipologia rispetto alla latitudine ed al suo habitat di coltivazione. Quali saranno le differenze tra cultivar risicoli naturali o coltivati da decenni in una data area rispetto ai nuovi ibridi, talvolta anche più facilmente coltivabili? A prescindere dalla risposta il terroir effect, stando al riso, deve poter passare attraverso tecniche produttive e stili che enfatizzino le proprietà cerealicole del sake, evitando altresì lieviti che causino interferenze gusto olfattive o che comunque si sovrappongano a profumazioni mirate ad esaltate questo aspetto. In definitiva, mediante il confronto di sake processati alla stessa identica maniera in luoghi diversi darà vita a similitudini, differenze e sfumature tali da poter afferrare il senso più genuino e profondo di terroir. A quel punto non ci resterà che approfondire le differenze tra profumi primari, secondari e terziari nel nihonshu, comprendere in quali sake una data nota olfattiva può essere considerata un pregio, piuttosto che un difetto, e sperimentare fin dove l’invecchiamento di questo nobile fermentato può arrivare. Pertanto il terroir passa attraverso il filo acqua, riso, lieviti e processi produttivi che non creino interferenze con i primi tre, soprattutto lo si evince sull’intercettazione di una scala uniforme di caratteristiche sensoriali a cui vanno sottratte quelle differenze che, di area in area, costituiscono la tipicità a patto che il confronto tra tutti i parametri nasca tra sake che, per quanto provenienti da territori lontani fra loro, vengono processati alla stessa maniera.

Saper riconoscere il Terroir nel Sake

Bisogna considerare che il fattore terroir, se è giusto debba essere così interpretato, non può che essere legato alla sostenibilità ambientale, al rispetto delle risorse naturali e del loro impiego, alla diversificazione delle cultivar risicole e della microfauna, la quale si sviluppa in funzione delle colture circostanti e non sopravvivrebbe in presenza di agenti inquinanti. Ovviamente il terroir nel sake ingloba concettualmente il genius loci, le storie e le competenze dei piccoli centri, i lieviti locali presenti in cantina e la sensibilità del toji che, con tocco lieve e competenza mediata da una esperienza millenaria tramandata da generazioni, gestisce la temperatura di fermentazione, incisività di filtraggio e scelta tra metodo Yamahai o Kimoto, ad esempio.

Saper riconoscere il Terroir nel Sake

Diventa chiaro a questo punto come il concetto di terroir svolga una funzione non solo identitaria ma anche di tutela del territorio in un’ottica di ciclicità di filiera a garanzia e preservazione di un ecosistema complesso.

Certo una sakagura che decida di coltivare un riso più difficile perché tramandato dai suoi antenati, compirà uno sforzo maggiore nel voler intraprendere la via del terroir, rispetto a chi scegli ibridi meglio gestibili, ma è bene ribadire che il risultato non deve essere giudicato meglio o peggio di fermentati frutto di criteri produttivi diversi. Il terroir diventa un impegno se si vuole mantenere salda la rotta di una tradizione vòlta a durare secoli, anzi millenni, sempre a patto che la tradizione non diventi una scusa per non progredire ma è bene non cadere mai nel tranello di credere che esista un sake migliore dell’altro: non esistono sake migliori, esistono soltanto sake diversi e tutti apprezzabilissimi che è bene contestualizzare nella loro rispettiva categoria di riferimento e del modello di beva o di abbinamento che si intende perseguire.

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