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Vermut Bianco La Canellese: complesso e fine, da gustare con ghiaccio e senza moine

WineClub Degustazione Vermut Bianco La Canellese

Vermut Bianco La Canellese: complesso e fine, da gustare con ghiaccio e senza moine

Una delle cose che più mi manca in questo periodo di restrizioni è sedermi al banco del cocktail bar, guardare il barman lavorare, ascoltare le sue storie, le sue alchimie immaginate e sperimentate fino a prendere forma nel bicchiere con soddisfazione. Mi manca più della cena in un buon ristorante, dove si discute ormai troppo e noiosamente di cosa c’è nel piatto. Rimane un luogo per me di totale relax e svuota cervello.

I cocktails miscelati con vermut sono i capisaldi nella categoria dei classici, ricordiamo il Negroni, l’Americano, il mitico Manhattan o l’intramontabile Martini dry. Quella del vermut è una storia articolata e molto interessante, si fa risalire a tempi antichissimi, quando i romani usavano miscelare il vino con spezie e aromi vari. Si incrocia poi con erbe e bitter preparati nelle farmacie, per accendersi nella Torino di fine 700, quando Carpano nella sua liquoreria decise di farlo diventare un simbolo di piacere e di tendenza. Si preparava esclusivamente con vino moscato le cui uve arrivavano dalle Langhe, dal Monferrato e dal Roero, un territorio di viticoltura di grande fascino tanto da divenire Patrimonio Mondiale Unesco.

Vermut Bianco La Canellese: complesso e fine, da gustare con ghiaccio e senza moine

Proprio a Canelli, nel pieno del territorio di produzione del moscato, troviamo La Canellese, della famiglia Sconfienza, produttori artigiani e appassionati da almeno 100 anni. La loro attività originaria era la produzione di botti in un territorio che sappiamo essere tra i più vocati in Italia per la vitivinicultura, ma anche uno dei più rinomati e ricercati all’estero. Il matrimonio tra Francesco Sconfienza e Rosa Bertello ha ribaltato lo stile aziendale, grazie all’intuito di Rosa nel volere introdurre la produzione artigianale dei vermut. L’origine del nome Vermuth è tedesca e vuol dire assenzio. L’erba profumata e amara che caratterizza questo vino aromatizzato, simbolo del made in Italy nel mondo. Il lavoro a La Canellese è rimasto meticoloso nella selezione delle essenze da utilizzare, e si parte sempre da una materia prima di ottima qualità, il vino bianco utilizzato deve essere buono a sua volta. Le erbe e le spezie vengono macinate nel vecchio mulino a martelli, estratte poi a freddo seguendo un processo lungo, che raccoglie integre le fragranze, si lascia poi riposare l’estratto per almeno dieci giorni perché si illimpidisca. La qualità ha sempre a che fare con i tempi lunghi. La soluzione dopo essere filtrata, riposa per almeno sei mesi in vasche di acciaio, poi si passa all’imbottigliamento dove affina ulteriormente per i mesi ritenuti necessari, e etichettata con il marchio storico che fa molto vintage e decisamente piacevole.

Vermut Bianco La Canellese: complesso e fine, da gustare con ghiaccio e senza moine

Le botaniche presenti nel vermut La Canellese sono 28, tra le quali troviamo assenzio pontico e assenzio romano, chiodi di garofano, corteccia di china, genziana, noce moscata, vaniglia, camomilla, rabarbaro, zenzero… Insomma, potremmo dire simpaticamente che è un vino drogato, già mettendo il naso nel bicchiere carpisce subito l’attenzione per la complessità e finezza dei profumi, affiora l’assenzio dapprima, poi la genziana insieme alla camomilla, ancora vaniglia e zenzero, il sorso mantiene un lungo equilibrio tra la rotondità dell’alcool e degli zuccheri, con una buona acidità, e si allunga su un susseguirsi di richiami botanici. A me piace gustarlo con ghiaccio e scorza di limone. E senza parlare troppo.

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