Chi lavora per chi? I contratti di Uber Eats svantaggiosi per i piccoli ristoratori
La ACCC australiana costringe Uber a rivedere il contratto che lega i ristoranti al servizio Eats
Non c'è dubbio che i consumatori apprezzino la comodità della consegna del cibo. Uber Eats è uno dei principali attori in questo mercato e si sta espandendo rapidamente da quando la società di ride sharing Uber l'ha introdotta in Australia nel 2016.
Ciò che i consumatori potrebbero non sapere è che i proprietari dei ristoranti devono sottoscrivere alcuni termini contrattuali dubbi se desiderano che Uber Eats fornisca loro i pasti. Questi sono i punti più discussi:
- I ristoratori riconoscono che Uber non fornisce alcun servizio logistico o di consegna (sulla homepage troviamo scritto a chiare lettere “Il tuo cibo preferito, consegnato con Uber”);
- chi consegna è considerato un “agente” del ristorante anche se il suo lavoro e il suo compenso sono controllati da Uber;
- nel caso di cibo di qualità non conforme, ad esempio consegnato freddo, Uber può chiedere al ristoratore di coprire il rimborso del cliente;
- Uber può in ogni momento modificare i termini del contratto in modo unilaterale.
La Australian Competition and Consumer Commission sostiene che "i termini vanno a danneggiare i cosiddetti piccoli ristoratori ovvero quelli con 20 o meno dipendenti, in balia delle imposizioni stabilite arbitrariamente da Uber. Al momento non si hanno notizie in merito alla variazione dei vincoli contrattuali anche per gli altri paesi in cui il servizio è attivo (Italia compresa)".
Nelle stesse ore Uber ha integrato nell'app un pulsante per le donazioni nei confronti di quelle attività ristorative che rimangono in servizio durante il periodo di emergenza da Coronavirus con il servizio di delivery.
"La società devolverà una somma pari a quella raccolta dagli utenti (fino a 3 milioni di dollari), destinando altri 2 milioni di dollari al Restaurant Employee Relief Fund che fornisce supporto ai dipendenti del settore".