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Enzo Ferrieri presidente Ubri, dichiara guerra alle piattaforme delivery: "Non pagano le tasse e con le commissioni ci soffocano”

Presidente UBRI Enzo Ferrieri: Piattaforme delivery accusate di costare troppo e di pagare le tasse all'estero

Enzo Ferrieri presidente Ubri, dichiara guerra alle piattaforme delivery: "Non pagano le tasse e con le commissioni ci soffocano”

I ristoranti italiani dichiarano guerra ai big del delivery: “Non pagano le tasse e con le commissioni ci soffocano”. Questo il titolo che Businessinsider.com ha dato alle dichiarazioni di Enzo Ferrieri fondatore di Cioccolatitaliani e presidente di Ubri, l’unione dei brand della Ristorazione Italiani che si è lanciato contro Deliveroo, Glovo e Uber.

Dichiarazioni che personalmente mi sorprendono. A capo di un'associazione con più di 50 prestigiosi ristoratori, che fatturano oltre 400 milioni di euro annui, mi aspetterei di trovare una persona capace di fare i conti in andata e ritorno, ma evidentemente non è così.

Perché se è vero, come è senz'altro vero dato le continue lamentele del settore, che i ristoratori tra spese di materie prime, dipendenti etc etc hanno dei margini di guadagno veramente bassi sul cibo a domicilio (e quindi chi ve lo fa fare?), è anche vero che i riders sono sul piede di guerra in quanto si ritengono sottopagati e sfruttati dai colossi multinazionali.

L'altro giorno, dopo l'ennesima protesta riguardanti i costi del delivery ci siamo fatti due conti (qui) e siamo arrivati alla conclusione che attualmente con il servizio offerto le piattaforme risultano essere molto più convenienti del mettersi in proprio e avere dei fattorini a carico e che le altre soluzioni, come ad esempio abbandonarle, risultano particolarmente sconvenienti perché si rischierebbe di essere tagliati fuori dal mercato.

Dov'è la verità? Proviamo ad analizzare e commentare le sue dichiarazioni:

“in un momento storico di transizione. Se vogliamo che le aziende virtuose crescano e aumentino l’occupazione dobbiamo accompagnarle. E l’unico modo per farlo è attraverso una regolamentazione del mercato, perché oggi il modello imposto dai delivery non è più sostenibile. "

Quindi se il problema sono i costi, bisognerebbe abbassare le attuali commissioni? I già sottopagati riders per quanto al mese dovrebbero lavorare? Ridurre loro alla fame per garantire crescita degl'utili per la ristorazione? E' evidente essere una proposta che non tiene conto di tutte le forze in gioco. Non si può accrescere l'una senza penalizzare l'altra.

“Fino a quando le consegne valevano il 20% dei nostri ricavi potevamo permetterci di sostenere i costi imposti dalle piattaforme: era un investimento in comunicazione, ma anche un modo per stare vicino ai nostri clienti. Ora – spiega Ferrieri – il contesto è radicalmente cambiato, il delivery rappresenta il 100% del nostro fatturato e i suoi costi continuano a crescere”.

E aggiunge “Con la beffa che i nostri soldi finiscono nella casse di società multinazionali che non pagano le tasse in Italia che applicano contratti a cottimo che nessuno di noi si è mai sognato di proporre a nostri dipendenti e per di più operano in un mercato non regolamentato. Se qualcuno si chiedesse perché nessuno in Italia abbiamo mai provato a costruire una piattaforma di delivery le risposta sarebbe semplicissima: non è un modello di business sostenibile, se si rispettano tutte le regole. Per questo chiediamo da mesi l’apertura di un tavolo di lavoro, ma la politica è sorda a qualunque richiesta”.

A questo punto della discussione tira in ballo l'invasore straniero reo di pagare le tasse all'estero. E' senz'altro vero ma è pura demagogia alla ricerca del facile consenso perché molto probabilmente, come ben dice, in Italia nessuno mai si è sognato di creare una piattaforma di delivery per il semplice e basilare motivo che non è conveniente per chi fornisce il servizio, dato il costo insostenibile per avere dei dipendenti pagati equamente e di conseguenza non lo sarebbe per chi ne usufruirebbe.

Oggi il delivery si sostiene sullo "sfruttamento" non regolamentato di una categoria in sovrannumero e disposta a lavorare occasionalmente come i riders.

Forse su questo bisognerebbe ragionare: vero è che a ristorazione chiusa l'unica possibilità per mantenersi attivi è mandare cibo di casa in casa ma probabilmente non tutte le attività sono strutturate per poter effettuare delivery e che non si possono accusare a fattori esterni l'assenza di ricavi per format costruiti su ben altre proposte e che, adeguate all'attuale momento di crisi, risultano essere non produttive. Insomma fare del proprio ristorante un "delivery" non è semplicemente mandare cibo a casa dei propri clienti ma rivedere totalmente la proposta e studiare il modo di renderla produttiva in funzione di quello che è a tutti gli effetti è un altro lavoro.

L’obiettivo di Ubri è trovare un’intesa tra le parti in gioco che passi dal tetto alle commissioni al taglio delle imposte sulle stesse o anche a una regolamentazione delle attività promozionali, come succede per i saldi, obiettivo che a mio avviso parte da presupposti sbagliati e irrealizzabili: regolamentando il lavoro dei riders in Italia le piattaforme sarebbero costrette ad aumentare ulteriormente le commissioni e questo probabilmente porterebbe al collasso definitivo del sistema.

Io un'idea ve l'ho data per rendere felici ristoratori e riders, sta a voi coglierla.