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Food Delivery, la protesta dei rider: «La nostra salute vale più di un sushi o una pizza»

Coronavirus, la protesta dei rider: «La nostra salute vale più di un sushi o una pizza»

Food Delivery, la protesta dei rider: «La nostra salute vale più di un sushi o una pizza»

Qualche giorno fa Antonio Lucifero si chiedeva:

"Domanda da 1 milione di dollari: Molti stanno scegliendo il cibo da asporto con consegna a domicilio, questo ovviamente li fa sentire più al sicuro, ma, non è che alla quarta consegna il fattorino diventa una bomba batteriologica e va a consegnare di casa in casa il virus? I fattorini come si proteggono?"

Oggi ci arriva quest'articolo di Alessandro Trocino del Corriere.it ( di cui sotto un riassunto) che analizza tutte le criticità del food delivery e di perché sarebbe meglio (in queste condizioni) che i fattorini stessero a casa, o almeno fossero prese immediatamente le giuste precauzioni, per chi riceve, per chi prepara e per chi trasposta il cibo.

L’impennata nelle richieste di consegna del cibo. I fattorini: «I datori di lavoro ci lasciano senza mascherine». Tutti i dubbi e le domande sul delivery

La prima settimana, dicono, vi divertirete a cucinare, a sperimentare nuovi piatti, infornare focacce, impastare tagliatelle. Poi la voglia passerà e rimarrà come unica alternativa alla pasta in bianco e alla scatoletta, il servizio di consegna di cibi pronti o quasi pronti.

Ma è sicuro il delivery? Quali norme di sicurezza rispettano imprese e rider che consegnano il cibo? Che ci sia un problema serio, lo dimostra la protesta degli stessi rider, con alcuni collettivi che invitano allo sciopero.

I primi contagi

Il problema della sicurezza è tanto sentito che il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha vietato le consegne dopo le 18, con un’ordinanza. Il problema lo pongono gli stessi rider, che nei giorni scorsi avevano denunciato i primi casi di contagio, spiegando di sentirsi trattati come «untori» e chiedendo un reddito garantito per stare a casa, come tutti. Quattro collettivi sindacali annunciano: «Noi ci fermiamo. Invitiamo le/i rider ad astenersi dal servizio fino a tutta la durata delle ordinanze restrittive». Secondo questi collettivi, «le indicazioni di sicurezza fornite dal governo nel nuovo decreto sull’emergenza Coronavirus non sono possibili da rispettare per le app del food delivery. La nostra salute vale più di una pizza, di un sushi, di un panino». E ancora: «Se distribuire cibo a casa diviene indispensabile, ci devono pensare lo Stato, la Protezione civile e gli organi preposti».

I rider di Napoli denunciano: «Glovo e Deliveroo hanno mandato mail raccomandando ai fattorini di indossare guanti e mascherini. Ma non ce le impongono, altrimenti dovrebbero fornircele e non l’hanno fatto finora». Mentre a Bologna i rider chiedono al governo al Cassa integrazione.

Il contatto con i clienti

In Cina, come mostra il video qui sopra, i rider venivano controllati quasi militarmente: prima di ogni consegna dovevano farsi controllare la temperatura, segnata poi sullo scontrino, e farsi spruzzare l’antibatterico addosso e sullo zaino. Mascherina e guanti obbligatori. E in Italia? Situazione decisamente diversa. È vero che tutti rispettano rigorosamente le norme igienico-sanitarie haccp ma per il resto si va un po’ in ordine sparso e non c’è un obbligo di mascherine e guanti.

Uno della questioni principali è il contatto diretto tra rider e cliente. Il pagamento in contanti è un possibile veicolo di infezioni: «Stiamo pensando di eliminarlo — spiega Ridolfi —, ma a Roma, in particolare per gli anziani, è il metodo di pagamento preferito». Pagando via app, magari facendosi aiutare, si minimizzano i rischi.

Il ritiro nei ristoranti

«I ristoratori mettono a disposizione del proprio personale prodotti igienizzanti, assicurandosi del loro utilizzo tutte le volte che ne occorra la necessità e raccomandano di mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro nello svolgimento di tutte le attività. I ristoratori definiscono delle aree destinate al ritiro del cibo preparato per le quali osservano procedure di pulizia e igienizzazione straordinarie. Queste aree devono essere separate dai locali destinati alla preparazione del cibo. Il ritiro del cibo preparato e la relativa consegna avviene assicurando la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e l’assenza di contatto diretto. Il cibo preparato viene chiuso in appositi contenitori (o sacchetti) tramite adesivi chiudi-sacchetto, graffette o altro, per assicurarne la massima protezione. Il cibo preparato viene riposto immediatamente negli zaini termici o nei contenitori per il trasporto che devono essere mantenuti puliti con prodotti igienizzanti, per assicurare il mantenimento dei requisiti di sicurezza alimentare. La consegna del cibo preparato avviene assicurando la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro e l’assenza di contatto diretto.

Come si vede, nessun obbligo di mascherina e guanti, considerati evidentemente non necessari, viste le altre cautele.

Il Boom dell'asporto

Se nei primi giorni, la paura ha fatto diminuire di molto la richiesta, dopo il decreto di chiusura totale dei ristoranti, c’è stato un forte aumento della richiesta di consegne. Molti dei food delivery più noti — da Just Eat a Deliveroo — hanno arricchito l’offerta in queste ultime ore delle proposte di ristoranti che, impossibilitati ad aprire, si sono inventati un modo per sopravvivere, preparando piatti da consegnare per asporto (anche se il costo di intermediazione, intorno al 30 per cento, non consente grandi guadagni).