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Gianluigi Paragone: "Spegniamo le app. Il delivery uccide i ristoranti"

Gianluigi Paragone da Iltempo.it attacca le piattaforme di delivery e il governo.

Gianluigi Paragone: "Spegniamo le app. Il delivery uccide i ristoranti"

Gianluigi Paragone dalle pagine de "Il Tempo" contesta l'azione del governo, che secondo lui, vorrebbe svendere l'Italia alle multinazionali.

"Onestamente inizio a pensare che il governo abbia deciso di mollare alcune categorie della tanto decantata filiera italiana, del tanto osannato mondo delle Pmi."

"La scelta di questa banda di improvvisati.. è chiara: svendere l’Italia alle multinazionali, sacrificarla sull’altare di Bruxelles e infine derubarla del suo risparmio o della sua ricchezza privata."

"Il succo di tale ideologia è: piuttosto che aiutare queste persone, meglio rovesciare il mondo e premiare le multinazionali e le banche"

"Ho letto le condizioni delle famose piattaforme dei servizi di consegna del cibo: sono ispirate allo stesso cinismo «multinazionale» che applicano nei confronti dei lavoratori (i cosiddetti riders). Le famose consegne d’asporto spinte da Conte hanno raddoppiato il potere negoziale di queste piattaforme di servizio, il cui unico merito è... non avere meriti. Cucinano loro? No. Loro consegnano, «sfruttando» questa pattuglia di disperati senza quattrini che per star dietro a rate e bollette accetta di essere controllata da una app ed essere giudicata dai nostri egoistici like."

"Anche chi cucina viene considerato come un ingranaggio del loro sistema. Soltanto dei post comunisti e dei fanatici del cretinismo digitale potevano frantumare la ristorazione, la sua filiera o il commercio."

"Purtroppo la conflittualità tra disperati e l’appiattimento sottoculturale sono tali che vedo difficile una ribellione. Eppure alcuni ristoratori resistenti ci daranno una possibilità: il 6 gennaio staccheranno i tablet e chiederanno ai loro clienti di chiamare direttamente loro. Io li seguirò."

E poi parte un'analisi numerica sui costi sostenuti dai ristoratori per il food delivery, una commissione variabile che va dal 25 al 35% a cui si aggiungono delle "penali" per l'attesa di 0,17 centesimi in più al minuto.

A conti fatti, su una fatturazione media di 2.400 euro, e considerando un ritardo medio di 10 minuti per consegna, prosegue l'analisi di Pasquale Naccari, al ristoratore verranno addebitati circa 859,91 euro più 570 euro di sanzione.

"Da una fattura media di 2.400 euro – dice Naccari - ricaviamo 970 euro che non bastano né a ricoprire i costi della materia prima né tanto meno quelli del personale, delle utenze, etc. Il food delivery è insostenibile, ammazzerà i nostri spazi" e conclude "Senza un’inversione di tendenza i colossi del delivery e del fast food ammazzeranno le attività di somministrazione"

A tratti Gianluigi Paragone e Naccari mi ha anche convinto, effettivamente i costi sostenuti dalle attività per poter usufruire del servizio lasciano davvero poco, se non niente, a chi ne usufruisce ma... criticare e basta le multinazionali e il Governo, senza fare alcuna proposta concreta su come gestire la necessità, in questo esatto momento storico, di usufruire di un servizio che garantisca quell'operatività minima ai ristoratori, non organizzati con un servizio proprio per effettuare consegne a domicilio e a ristoranti chiusi, mi sembra una ricerca dell'applauso facile.

Non è stato di certo Giuseppe Conte (tra l'altro il pianeta terra tutto si ritrova a vivere la stesa situazione) né tantomeno le grosse multinazionali a obbligare gli italiani ad usufruire del delivery e i riders a fare un lavoro, che seppure dignitoso, risulti essere poco remunerativo.

Che poi si debbano rivedere le condizioni di lavoro di quest'ultimi è più che necessario, così come magari sarebbe utile, oltre urla al "gombloddo" e schiamazzi, provare a fornire risposte politiche concrete e non fare opposizione vuota in cerca di consenso, in un momento in cui, è facile per chi soffre appoggiare ideologie vuote in cerca di conforto.

Cari ristoratori, le multinazionali del delivery vi "strozzano"? Non pensiate che sia il momento, attraverso le vostre organizzazioni di categoria (magari con l'aiuto di Gianluigi Paragone visto che ha a cuore la situazione) di provare a organizzare una vostra cooperativa etica e solidale con costi chiari e dipendenti felici per il delivery che, inevitabilmente, non sostituirà mai il piacere di un pasto servito al ristorante ma è comunque entrato prepotentemente a far parte della nostra vita. Chi può si adoperi, legga il momento e agisca. Piangere non ha mai aiutato nessuno.