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La Ue decide: "pizza napoletana" è un nome registrato, potranno usarlo solo coloro che seguono il disciplinare STG

Pizza Napoletana per la gazzetta ufficiale europea è un nome registrato utilizzabile solo da chi segue disciplinare STG

La Ue decide: "pizza napoletana" è un nome registrato, potranno usarlo solo coloro che seguono il disciplinare STG

Sulla Gazzetta Ufficiale europea è stata pubblicata una decisione destinata a fare scalpore. Da oggi la denominazione "pizza napoletana" è riservata esclusivamente a chi certifica il proprio prodotto come conforme al disciplinare della STG e chi, non solo in Italia, la chiama così senza possedere questo requisito rischia multe e sequestri.

La "pizza napoletana" era infatti stata registrata in precedenza come specialità tradizionale garantita (STG) ma senza riserva del nome. Nessuno in Europa ha fatto opposizione alla richiesta pubblica lasciando via libera all'iscrizione con riserva del nome Pizza Napoletana Stg.

Dunque solo chi seguirà i parametri della STG (Specialità Tradizionale Garantita) potrà fregiarsi dell'appellativo, tutte le altre sono pizze generiche, questa è la notizia che emerge dall’analisi del Regolamento UE 2022/2313 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 307 di ieri, 28 novembre 2022, che riporta l’iscrizione con riserva del nome Pizza Napoletana STG nel registro delle Specialità Tradizionali Garantite.

STG: di cosa si tratta?

STG, è un marchio di origine introdotto dall'Unione Europea volto a tutelare produzioni specifiche che siano caratterizzate da composizioni o metodi di produzione tradizionali. La certificazione STG si rivolge NON a prodotti agricoli e alimentari MA A PREPARAZIONI che abbiano una produzione o composizione "specifica" (cioè differente da altri prodotti simili) e "tradizionale" (cioè esistente da almeno vent'anni), anche se non vengono prodotti necessariamente solo in tale zona.

Così come per i prodotti DOP e IGP, anche una preparazione STG deve essere conforme ad un preciso disciplinare di produzione. Esso deve indicare la denominazione specifica del prodotto (eventualmente tradotta anche nelle altre lingue ufficiali), una descrizione agroalimentare (comprese le principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche e organolettiche) e del metodo di produzione, la motivazione sulla specificità del prodotto, i documenti storici che dimostrano la tradizionalità e le modalità di controlli.

RAGIONIAMO PERO'...

La STG non mette in relazione un prodotto con un territorio, ma solo con un disciplinare, diversamente da altri marchi, quali DOP e IGP. La produzione quindi può avvenire in qualunque parte dell'Europa a patto che segua la ricetta tipica o il metodo di produzione tradizionale e inoltre, nel caso in cui la tecnica di produzione sia differente dal disciplinare protetto, il prodotto può comunque essere commercializzato con identica denominazione, senza poter tuttavia inserire sull'etichettatura il logo STG e la menzione comunitaria.

Allora quale sarebbe il vantaggio? Quale sarebbe il valore aggiunto? Quale sarebbe l'esclusività che il marchio e il disciplinare apporterebbero al prodotto in termini di prestigio e valorizzazione?

Ammettiamolo: questa STG esiste da una vita ma fino a ieri non aveva protezione del nome e mi viene da pensare che probabilmente sia perché nessuno si era accorto della richiesta e perciò non si è avanzata opposizione. Ora sono passati i 3 mesi canonici e qualcuno si starà mangiando le mani, una pratica che ultimamente sembra sempre più una "specialità tradizionale garantita".

Le conseguenze che riesco ad immaginare vanno da quelle di stampo economico fino alla ben più bistrattata credibilità.

Partiamo dal fatto che con l’aggettivo “napoletana” non si identifica un territorio ma una preparazione che quindi legherà a doppio nodo (se possibile ancora una volta) Napoli con un modo di fare che tende a non affacciarsi oltre il proprio golfo.

Andiamo avanti con quello che potrebbe essere il non poco gravoso impegno economico che necessiteranno i controlli per le certificazioni: tanto per le figure che dovranno decretare l’attinenza al disciplinare, quanto per gli stessi ristoratori che dovranno adeguarsi e confermare (presumibilmente a scadenza regolare) la veridicità del marchio che espongono.

Altro fattore da tenere presente potrebbe essere il crollo (soprattutto all’estero) dello spuntare di pizzerie “liberamente partenopee”.

Ultimo ma non ultimo è dettaglio non poco fondamentale del disciplinare in se: l’esclusione categorica di qualunque attività non segua perfettamente tutti i punti del disciplinare. Non devo stare qua a dirvi che banalmente se verrà utilizzato, ad esempio, olio di semi questi sarà motivo di impossibilità a utilizzare la dicitura “pizza Napoletana”. Un esempio? L’Antica Pizzeria da Michele, che non potrà rientrare nella “selezione” anche se fino a ieri manco ne ha avuto bisogno.

Non riesco a leggere in questa notizia qualcosa di positivo, piuttosto riesco a intuirne solo un egoistico ed egocentrico gioco di strane restrizioni (pure senza troppo senso logico) che con perdite e disagi porterà sempre più attività ad allontanarsi dalla pratica della pizza napoletana.

I clienti? Quelli continueranno semplicemente a mangiare ciò che gli piace.

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