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Made in Italy a rischio, i grossisti dell'horeca chiedono aiuti

Oltre ai ristoratori e agli esercenti anche i grossisti italiani dell'horeca chiedono aiuto

Made in Italy a rischio, i grossisti dell'horeca chiedono aiuti

La chiusura di ristoranti, alberghi, bar e locali è soltanto la punta dell'iceberg più evidente di questa crisi globale dovuta all'emergenza da COVID-19. Centinaia di imprese e migliaia di lavoratori dell'universo dei grossisti Horeca (hotel, ristoranti e catering) stanno vivendo un profondo dissesto che rischia di mettere in ginocchio il Made in Italy.

Le attività stanno correndo ai ripari prima di tutto organizzandosi in gruppo, creando da poco un'associazione denominata GH (Grossisti Horeca), composta inizialmente da 88 aziende, ma che sta accogliendo, giorno dopo giorno, svariate adesioni, da un comparto che conta 1.800 aziende in Italia, un giro d’affari di 11 miliardi e un’occupazione che con l’indotto supera i 100mila addetti.

La GH ha inviato due lettere, al Governo e alla Confcommercio, nelle quali comunicano il loro disagio e i rischi del settore in questo periodo e in quello futuro, e propongono alcune soluzioni possibili da valutare e percorrere:

"Con la chiusura pressoché totale degli operatori della filiera del turismo come alberghi, ristoranti e pubblici esercizi, noi grossisti del settore horeca con un business concentrato sui canali del consumo “fuori casa” abbiamo visto i fatturati crollare del 90%, il che mette a rischio migliaia di posti di lavoro. Il comparto della distribuzione horeca ha esercitato un ruolo importante nello sviluppo del settore turistico (ad esempio finanziando le imprese a valle della filiera durante la stretta creditizia del 2008-2010) e nella promozione dei prodotti agroalimentari made in Italy. Ora è necessario ed urgente un intervento che sostenga le nostre imprese anche per scongiurare l’ingresso sul mercato interno dei grandi big stranieri della distribuzione fuori casa".

"Nell’immediato si deve consentire l’anticipazione dell’importo totale dei crediti al 31 marzo 2020. Sotto questo aspetto l’ultimo decreto contiene già alcune misure idonee a garantire i flussi di liquidità alle imprese come avevamo già chiesto al premier Conte. A questo va aggiunta la proposta di trasformazione in crediti di imposta delle perdite su crediti nel periodo 2020-22 originate da crediti maturati alla data dell’emergenza Covid-19 e cioè al 31 marzo 2020".