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Pizzaiolo pubblica piatto gourmet e si scatena l'ira social dei "Mia nonna lo fa meglio"

Vincenzo Capuano e la cena da Nino Di Costanzo che diventa la sagra dei luoghi comuni sull'alta cucina

Pizzaiolo pubblica piatto gourmet e si scatena l'ira social dei "Mia nonna lo fa meglio"

Vincenzo Capuano, noto pizzaiolo napoletano e volto della tv, inconsapevolmente diventa protagonista dell'ira funesta dei social che manifesta ancora una volta quanto il giornalismo gastronomico abbia sbagliato a comunicare negli anni il mondo dell'alta cucina.

Nulla di nuovo, per quanto ci si possa sforzare in un'opera di divulgazione per provare ad avvicinare i due mondi, quello delle trattorie per camionisti e dell'alta cucina, ogni qualvolta si pubblica l'immagine giusta nel posto sbagliato, si ripresentano le stesse scene e gli stessi commenti, quasi in fotocopia, evidenziando ancora una volta, quanto l'ignoranza e la mancanza di curiosità la faccia da padrona a tavola.

ll noto pizzaiolo Vincenzo Capuano qualche giorno fa pubblica la famosa (e tra l'altro buonissima) pasta e patate di Nino Di Costanzo, chef & patron del ristorante 2 stelle Michelin di Ischia, Danì Maison, rimbalzata nel nostro gruppo #foodclubbers diventa immediatamente virale ed è subito bagarre, in cui ancora una volta si evidenzia una spaccatura tra le realtà e la sua percezione da parte di chi a questo genere di cucina non l'ha mai provata e a questi ristoranti (complici i luoghi comuni) non ci è mai avvicinato nemmeno per scherzo.

Commenti, di cui qui sotto riportiamo alcuni, che al di là dell'ironia di cui speriamo siano intrisi evidenziano ancora una volta quanto i luoghi comuni la facciano da padrona. Per citarne alcuni e sicuramente i più educati:

"Ogni volta che uno stellato cucina una nonna muore"

"Ma che è sta cosa? Orribile"

"Questa è una grande offesa, era il mio piatto preferito prima di questa foto"

"Pasta e patate ai tempi del covid.. Anche la pasta si distanzia!"

E l'immancabile

"Quella è la quantità di pasta che mia nonna mette nel piatto per vedere se è buona di sale"

Per contraltare, un nutrito gruppo di amatori si sono schierati in difesa della cucina d'autore, non utilizzando certo argomentazioni migliori, anzi hanno cominciato ad offendere i primi come se loro fossero i detentori del Santo Graal in quanto custodi del sapere gastronomico.

Possibile che in un paese come l'Italia, in cui la fame atavica e post bellica è un ricordo lontano, siamo ancora legati a questi luoghi comuni? Come non capire che in questo generi di ristoranti, al di là della spesa che può non essere alla portata di tutti, ma di cui tutti possiamo goderne una volta ogni tanto, si mangia probabilmente molto di più che al truck delle mozzarelle ripiene di pasta e patate della nonna? Di chi è la colpa?

Per quanto mi riguarda, è del giornalismo gastronomico che da sempre si è rivolto solo a un pubblico di nicchia, considerato ELITARIO escludendo dalla tavola il popolino che lotta ogni giorno per arrivare a fine mese, utilizzando un vocabolario forbito per preparazioni semplici, per poter dire "Io ho cultura comprendo questo piatto" e apostrofando chi urla sistematicamente "è cotta puoi scolare" con i peggiori epiteti da Maiale a Camionista, anziché prendersi 5 minuti per spiegargli che se in una degustazione vi sono 10 portate, seppur di 50 grammi ognuna, alla fine avrà mangiato i famosi 500 grammi con cui si riempie la pancia dalla nonna. Chi ama la gastronomia, la condivide.

Vuoi vedere che inducendo, con le giuste argomentazioni, queste persone a provare l'alta cucina d'autore (perché diciamocelo, il buono, quello vero è alla portata di tutti, altro che cucina INTELLETTUALE di cui tanto ci si riempie la bocca per sentirsi tale), non possano tra le tante cose, ogni tanto dedicarsi una cena che faccia bene tanto al fisico quanto all'anima?

Non ricordo un solo pasto di questo genere, alla cui fine, avevo ancora fame. Non ricordo una sola persona, invitata spesso a mie spese, che non abbia abbandonato i preconcetti, una volta che ha provato ciò che alla lettura sembrava difficile da capire e complicato.

A queste persone dobbiamo delle spiegazioni, l'alta cucina non deve essere un rifugio per ricchi annoiati che temono l'invasione del popolo nella loro nicchia esclusiva ma luoghi dove la cultura gastronomica incontra i piaceri della carne, rifugio dove tutti di tanto in tanto hanno voglia di andare così come si può voler andare ad un concerto pop o al teatro, perché è evidente che con le giuste argomentazioni, il giusto racconto, questo "popolino bistrattato", così come si concede capi firmati da 500 euro, smartphone da 1000 euro e vacanza in Costa Smeralda perché fotografarsi lì fa figo, possa affollare i ristoranti cosiddetti stellati, se glielo raccontiamo per bene, senza la puzza sotto il naso e la presunzione di intellettualità di un pasto.

Ed è per questo che decidemmo di fondare fooclub.it , il nostro obiettivo era, è, e rimane, oggi ancora di più, quello di unire i due mondi confezionando contenuti alla portata di tutti per rendere fruibile quello che riteniamo sia e debba essere un unico mondo, perché diciamocelo, l'alta cucina nasce tra i ricordi di un mercato, tre le polpette trafugate alla nonna, tra i sapori dell'infanzia che consentono ad artisti della cucina di rielaborarli scavando nei ricordi in chiave contemporanea e artistica.