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Prima della rivoluzione, alcuni commenti sul futuro della ristorazione

I commenti di Paolo Marchi (Identità Golose) e dell’architetto Barbara Ghidoni (Studio Storage)

Prima della rivoluzione, alcuni commenti sul futuro della ristorazione

L'orizzonte verso il quale tutto il comparto della ristorazione sta puntando è la cosiddetta "Fase 2" del contenimento dell'emergenza da COVID-19, anche se, a quanto pare, bar e ristoranti saranno tra le ultime tipologie di attività a poter riaprire.

In questo periodo di crisi socioeconomica, carenza liquidità enorme, difficoltà di accedere ai sostegni economici varati dal Governo, ma anche di cambiamento, basti pensare al boom, per chi può, del servizio a domicilio, si cerca di immaginare il futuro prossimo.

Il commento e ipotesi di Paolo Marchi, ideatore di "Identità Golose" e tra i maggiori osservatori della ristorazione italiana:

“Avremo paura del contagio, finché non ci sarà un farmaco, timore di stare nei luoghi più affollati. Ed è una spada di Damocle costante, almeno sulla ristorazione da seduti. Dovremo iniziare a pensare ai doppi turni, a pasti che durano un tempo prefissato, come già succede in tanti Paesi, cosa che agli italiani non piace. Ma dovremo abituarci, dal momento che i locali avranno tavoli più distanziati e quindi meno coperti. E questo vale dalle pizzerie ai ristoranti fine dining. Per un po' le grandi tavolate ovviamente saranno tabù. Ma con tutto questo cucinare a casa, magari anche bene, e con il delivery di qualità, sarà complicato far tornare la gente al ristorante in generale. Anche perché ci si chiederà comunque molto più rispetto a prima se il bagno è davvero pulito bene, se piatti e posate sono igienizzate a dovere e così via. Inoltre, dovremo anche adattarci al fatto che, a livello di materia prima, non tutto sarà sempre disponibile, come oggi. Quindi potranno cambiare anche degli ingredienti, magari più di territorio. Soffrirà molto chi ha tarato tutto sulla clientela straniera, anche di alta gamma, come certi hotel o zone, per esempio. Ma si dovrà vedere come riaprirà il traffico aereo, per esempio, di come e quanto si potrà viaggiare, da un punto di vista pratico, ma anche economico. Sono tanti i fattori da valutare. L’unico grande vantaggio sarà che ci sarà una tale voglia di vivere che guai se non approfitteremo di qualsiasi spazio ci sarà concesso” .

Sempre su WineNews, Barbara Ghidoni, architetto dello "Studio Storage" di Milano, riflette e sottolinea le eventuali rivoluzioni anche a livello strutturale delle sale, e le disposizioni dei commensali in esse:

"Barriere divisorie in plexiglass o altro sono una delle soluzioni indicate, ma al di là di quanto possano essere efficaci da un punto di vista di protezione dal virus, sicuramente lo sono poco dal punto di vista della fruizione del ristorante. Sia da un punto di vista pratico, che psicologico. Più che altro si ragiona su come intervenire per migliorare il riciclo dell’aria, sulla sanificazione costante, migliorando la gestione anche dell’aria condizionata. Ma non tutti i luoghi ed i locali possono mettere in campo soluzioni in questo senso. Credo che nell’immediato la soluzione da caldeggiare sia quella di intervenire meno possibile sperando presto di tornare alla normalità. Quindi, sostanzialmente, distanziando gli spazi, anche se questo chiaramente chiama in ballo il dover fare i conti con coperti dimezzati. Sicuramente in questo senso saranno più svantaggiati i ristoranti turistici, che lavorano molto sull’utilizzo massimo della superficie, rispetto a quelli di alto livello, dove già magari le distanze tra tavoli, e al tavolo, sono più ampie. Altri stanno lavorando sul potenziare al massimo il delivery. E già prima del Covid, per esempio, sta emergendo la tendenza di locali che per fare l’asporto, per esempio, prevedevano una sorta di affaccio all’esterno, una finestra di servizio rivolta al fuori dal locale, senza fare assembramento all’interno".