Roma: Sono sempre più i ristoranti gourmet che chiudono battente.
La difficoltà del settore a Roma è il prodromo di un arretramento del format dell'alta cucina in Italia o si inserisce nel più generale declino della Capitale
I ristoranti gourmet sono davvero in crisi?
La difficoltà del settore a Roma è il prodromo di un arretramento del format dell'alta cucina in Italia o si inserisce nel più generale declino della Capitale? Ne abbiamo parlato con Luciano Sbraga, direttore dell'Ufficio studi del Fipe
Ha destato un certo clamore l’elenco della crisi profonda in cui versano alcuni importanti ristoranti romani pubblicato dal sito Puntarella Rossa, tra chiusure avvenute, imminenti, possibili e diversi ridimensionamenti di ambizioni e spazi. Tra tutti, “Romeo e Giulietta” di Cristina Bowerman a Testaccio, uno spazio gigantesco ai piedi dell’Aventino in piazza dell’Emporio, che, al di là delle giornate di esordio non sembra mai esser decollato stabilmente. Ma tanto è bastato per chiedersi se il format dell’alta cucina stia tramontando e se sia solo il segnale dell’avvio di una crisi di settore. Quanto irreversibile, però, è ancora tutto da stabilire.
Un Paese con sempre meno ristoranti
I dati pubblicati di recente da Fipe, la Federazione dei pubblici esercenti, dice che il settore della ristorazione però è in crescita, con 336 mila imprese nel 2019, anche se “l’elevato turn over resta un’emergenza” avverte una nota dell’Ufficio studi Fipe. Perché se è pur vero che nell’arco di un decennio la spesa degli italiani per mangiar fuori casa è aumentata di ben 4,9 miliardi di euro (quella in casa si è invece ridotta di 8,6 miliardi) è altrettanto vero che nel 2018 in Italia 7.412 sono stati i ristoranti che hanno avviato l’attività ma ben 13.742 sono stati anche quelli l’hanno cessata, con una perdita secca di 6.330 imprese di ristorazione.
La concorrenza degli alberghi
Pranzare e cenare nei ristoranti dei grandi alberghi, spesso un concentrato di chef stellati, va molto di moda, “ma si tratta di una tendenza e di una competizione non equilibrata, poco seria”, s’inserisce Sbraga, “perché questi ristoranti si avvalgono di una struttura forte alle spalle, che data dall’albergo, e il loro scopo principale è di attirare clienti per il pernottamento, quindi sono optional, più che doversi reggere autonomamente e in maniera autosufficiente”. Sono degli attrattori di turismo. E infatti i recenti dati Istat dicono che turismo e ristorazione ci hanno messo al riparo e salvati dalla deflazione.
Il caso Roma
Poi, però, nell’andamento del settore in sé e rimandando alla segnalazione di Puntarella Rossa, esiste anche un “caso Roma”. Che è un caso a parte, perché qui il mercato della ristorazione di alta qualità è più difficile e complicato. “c’è meno spinta”. Perché i consumi alimentari dei romani non sono quelli tipici metropolitani. “Il livello della Capitale è molto diverso da quello di Milano” osserva il capo dell’Ufficio studi Fipe. Nel senso che è “più promettente, di dimensione internazionale e di status”.