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22 anni al servizio della Guida Michelin. Ex ispettore racconta la sua vita in anonimato

Come vive un ispettore della Guida Michelin? Intervista a Roberto Peschiera 22 anni di servizio a dare stelle

22 anni al servizio della Guida Michelin. Ex ispettore racconta la sua vita in anonimato

Vivere di alta cucina, mangiare fuori sia a pranzo che a cena, l’auto aziendale per gli spostamenti, fotografare ogni piatto.

Sembra semplice, sembra il sogno di chiunque eppure è il lavoro dei pochi scelti per il ruolo di ispettori Michelin.


E voi direte: “beh, è esattamente il lavoro che voglio!”, ma siete sicuri sia tutto così perfetto? Perché vivere di alta cucina vuol dire proprio quello che ho scritto, dedicando davvero poco tempo alla famiglia ed agli amici; mangiar fuori due volte al giorno come missione, restando concentrati e senza poter condividere l’esperienza, piuttosto restando anonimi e molte volte restando soli; il veicolo aziendale e gli spostamenti per poter correre da nord a sud, cambiando hotel ogni sera e non sempre valendone la pena; fotografare ogni piatto non per poterlo postare ma per poterne ricordare ogni dettaglio nella immediata valutazione tecnica.

Insomma: qual è la parte oscura della vita di queste migliaia di satelliti che danno vita alle stelle?

Ce lo racconta Roberto Peschiera, ex ispettore della Guida Michelin ed in servizio per 22 anni, dal 1978 al 2000.

22 anni al servizio della Guida Michelin. Ex ispettore racconta la sua vita in anonimato

Che tipo di formazione hai?

Ho una formazione specifica, ovviamente: mi sono diplomato nel 1966 presso l’Istituto Alberghiero Marco Polo di Genova; una trafila nel settore in Italia e all’estero sino alla Direzione nel 1974. La mia è stata una carriera veloce ma pesante in Lombardia, Liguria e Trentino. Come esperienza all’estero, invece, ho passato tre anni tra Gabon e Arabia Saudita, come responsabile logistica, rifornimento e gestione campi per espatriati europei nell’ambito delle grandi costruzioni. Nel 1977 sono rientrato in Italia ed a Marzo 1978 si è tenuto il mio colloquio conoscitivo per la Michelin.

Come è avvenuto il reclutamento? Bisogna proporsi o si viene scelti?

Il mio reclutamento è avvenuto rispondendo ad una inserzione piuttosto generica sul Corriere della Sera. Come ti dicevo, nel marzo 1978 si è tenuto il colloquio ma ho anche dovuto sottopormi ad alcuni test dapprima generici e poi specifici, relativi alla mansione, per valutare le conoscenze. Dall’aprile 1978, affiancato da un Ispettore “anziano”, sono in servizio operativo. Quali siano oggi i criteri non mi è dato sapere.

Da cosa è composta la giornata tipo di un ispettore?

Posso riferire di come fosse “ai miei tempi”, non so se oggi sia ancora impostata come allora.

L’Italia veniva suddivisa in tre settori: nord, centro e sud; a ciascuno degli Ispettori venivano assegnate zone di lavoro in ciascuna delle tre ripartizioni. Come? Con una organizzazione e stesura degli itinerari che tenesse conto di logica e logistica, secondo criteri geografici e di buon senso, ma anche sulla base del fattore economico allo scopo di coprire due/tre settimane di “tournées”.

La scelta dei ristoranti avveniva con una selezione preventiva degli esercizi da visitare/provare, che comportava la verifica della documentazione “storica” degli stessi, implementata dalle informazioni eventualmente pervenute dagli utenti (quelle anonime venivano scartate a priori!) codificate secondo criteri specifici. Partenza, in auto o altro mezzo, il lunedì mattina dalla sede di Milano, con una prima “prova tavola” in anonimato già a pranzo. Prosecuzione del viaggio sino destinazione (a meno che non fossero previste visite ad alberghi in località intermedie). Salvo che nelle grandi città, ogni sera un albergo diverso. Il resto della settimana visite/prove come da programma, che potevano essere anche due “essai table” al giorno, nell’anonimato più stretto. Al termine di ogni pasto avveniva la compilazione della relazione.

Ti è mai capitato di pensare che ci fosse troppo cibo nella tua vita?

Dipende dal cibo. Troppo è un concetto personale. Non esisteva l’obbligo di “ingozzarsi” un intero menù anche se fosse stato di assoluto gradimento. Basta davvero poco per capire il valore di un piatto, a partire dagli stimoli visivi che può fornire: si comincia a mangiare con gli occhi, già leggendo il menù…

Su quali criteri si basava la valutazione dei piatti?

Come per qualunque cosa ci sia posta di fronte, l’esame non può che iniziare con l’aspetto visivo, a questo non possono non seguire olfatto e gusto, tutti parimenti coinvolti. L’equilibrio perfetto dei tre porta a inevitabili considerazioni di valore complessivo del piatto. Se poi vogliamo approfondire possiamo affermare che dei tre uno non può essere deluso, a mio avviso il gusto. Un piatto può non essere bello e persino non “rapire il naso” ma il gusto non può essere tradito, fermo restando la soggettività del singolo palato. Il concetto, talvolta ancora e troppo spesso frainteso, di “è buono“ piuttosto che “mi piace”.

Come scattava la nuova stella?

A seguito di più prove positive ed anonime da parte di diversi Ispettori, in tempi diversi, in diverse periodi dell’anno, così da poter valutare la cucina nelle diverse “stagioni”. La continuità della proposta e il valore della medesima erano elementi di valutazione di assoluta priorità. Anche lo spegnersi di una stella seguiva il medesimo criterio, con altrettanta meticolosa obiettività e comunque sempre nel più stretto anonimato.

Immagino che per intraprendere una carriera così "impegnativa" bisogna necessariamente scegliere delle priorità nella vita. Come si organizza la propria vita sociale (famiglia, amici etc) in correlazione a un lavoro che richiede di essere sempre fuori? Ti è costato qualche rinuncia?

Effettivamente sotto questo aspetto sono stati anni professionalmente intensi, la famiglia occupava i ritagli di tempo, gli amici gli avanzi e non sempre, le briciole quelle si erano per loro. C’era ben poco da organizzare quando tornavi dalla Sicilia, dopo tre settimane di assenza, dato che la scrivania in sede, aspettava per nuovi itinerari.

E sotto il profilo economico è gratificante o il piacere deriva dallo stile di vita?

Soddisfazioni economiche? Quelle di uno stipendio buono ma non eccelso. Il primo stipendio, 368.000 delle vecchie lirette, che negli anni è comunque migliorato. Non ci compravi l’attico in centro. Un vantaggio? L’autovettura aziendale.

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Bocuse e Veyrat

Nel periodo in cui eri operativo, quali personaggi ritieni abbiano avuto un impatto determinante sulla crescita della cucina italiana e del panorama gastronomico mondiale in generale?

Erano i tempi della “Nouvelle Cuisine” e questo dovrebbe bastare a identificarne gli interpreti. Certo esperienze da Vergé, Bocuse, Veyràt, Gagaire non possono non lasciare segni indelebili. In casa nostra? Il Maestro Marchesi, Morini al San Domenico, i Santini a Canneto sull’Oglio, Pierangelini, i Moroni di Aimo e Nadia, i Santin a Cassinetta, gli Alajmo a Rubano e tanti altri… non me ne vogliano i non citati, quelli che hanno contribuito a arricchire il mio bagaglio professionale. Mille aneddoti, belli e meno ma tutti istruttivi.

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Gualtiero Marchesi e i suoi allievi. (Credit Identità Golose)

In considerazione al proliferarsi di stelle, pensi che i metri di giudizio degli ispettori Michelin siano cambiati negli anni o che sia migliorata la proposta in generale e la capacità degli chef di lavorare per raggiungere l'obiettivo?

Il valore della cucina italiana, nel senso più ampio del termine, si è notevolmente elevato anche grazie allo spirito di emulazione delle nuove leve. Il metro di giudizio e quindi i criteri di selezione e assegnazione delle stelle non possono non tenerne conto, fermo restando che i parametri di valutazione non dovrebbero mai variare: un “bel piatto” non è tale solo per l’aspetto estetico. L’equilibrio deve essere percepito e apprezzato da almeno tre dei cinque sensi: vista, olfatto e gusto devono coesistere in assoluto. A mio personale avviso l’eccessiva spettacolarizzazione della cucina non giova quando costringe cuochi di diversi livelli a competere tra loro e crea frustrazione tra i meno preparati che, a volte, per ben figurare, propongono composizioni, pardon impiattamenti, al limite della guardabilità.

Come crede sia cambiato il lavoro dell’Ispettore (che non è solo mangiare ma anche studiare e conoscere) con l’avvento dei social?

Se per un verso credo che il web possa essere preziosa fonte di informazioni e di aggiornamento, d’altra parte sappiamo bene che i contenuti non sono sempre veritieri e trasparenti. Certamente oggi le fonti di approfondimento della cultura personale sono decisamente più varie e variegate, il rischio è che siano avariate e quindi davvero poco o nulla attendibili. La professionalità dei singoli, la loro capacità di analisi e di giudizio sono elementi imprescindibili.

22 anni al servizio della Guida Michelin. Ex ispettore racconta la sua vita in anonimato

Non è mancata leggere qualche tua critica al nuovo modello di marketing della Michelin a cui sono seguite le varie alleanze con Tripadvisor e TheFork. Perché credi siano "sciocche"?

Vedo che le mie “osservazioni” non sono sfuggite… Mi chiedo cosa abbia spinto la Rossa, che della credibilità ha sempre fatto bandiera, ad allearsi con un partner che del termine credibilità non conosce neppure il significato. Se volevano perdere la faccia ci sono riusciti in pieno. È così che mi sono inventato l’hashtag #lasconciaalleanza2, essendo #lasconcialleanza già riservato al binomio FIPE – Tripadvisor. Per meglio chiarire il mio punto di vista in merito alle alleanze sono nati gli hashtag #TRUCCADVISOR e da oggi #TRUCCABIB.

Se guardi indietro a ciò che è stata per te la Rossa e per la gastronomia in generale, pensi possa mantenere nel prossimo secolo le stesse prestigio e influenza che l'hanno contraddistinta e resa la guida di riferimento?

Quelli bravi dicono Evoluzione nella Tradizione, io credo che i danni di immagine e non solo, se si scelgono partners e strumenti discutibili e discussi ed a questi ci si affida, possono essere significativi.

In seguito al tuo "pensionamento", hai continuato a girare?

Avendo deciso di occuparmi di Consulenza e Formazione in ambito Hotellerie e Ristorazione, con un occhio più attento al food&beverage, non sono mancate le occasioni di sperimentare vecchi e nuovi cuochi, da qui molte conferme, qualche delusione e persino qualche scoperta.

Quali chef ti hanno colpito negli ultimi 20 anni in cui hai girato ma non per la guida?

Colpito? Ambigua la domanda. Il bello di non essere “personaggi” è che passi inosservato e cogli tutti gli aspetti dello Chef e della sua “arte”, anche quelli mimetizzati e non proprio evidenti, nel bene o nel male, ma che 20 anni di mestiere di permettono di cogliere. Esperienze intense e significative senza definirle oltre, da Crippa, Bottura, Cannavacciuolo, Vinciguerra, Cerea… I soliti direte, eh già, i soliti ma oltre a questi santuari si potrebbero citare tante piccole quasi sconosciute chiesette che meriterebbero l’attenzione della Rossa e non solo.

Ritieni che qualcuno sia stato sottovalutato dalle guide e dall'informazione e chi pensi invece avrebbe potuto fare di più e non ci è riuscito?

Trattandosi (nella stragrande maggioranza dei casi) di selezioni, non possono citare tutti e ovunque, le considerazioni sono diverse e non sempre trovano concorde il lettore/utente. Molti non figurano mentre lo meriterebbero, altri immeritatamente vi trovano posto. Non sono più tanto autorevole, ammesso che mai lo sia stato, da assegnare punteggi e stilare classifiche di merito. Il dubbio che chi le stila non sia sempre scevro da interessi, personali e/o commerciali, comincia a cogliere gran parte dei suddetti lettori/utenti. I siti di recensioni poi hanno fatto il resto. L’anonimato garantisce tutti anche chi non lo merita.

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