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Fulvio Cavarra del Kaveghi: “Preferisco essere scelto che frequentato”

Intervista a Fulvio Cavarra patrono del Kaveghi a Verona

Fulvio Cavarra del Kaveghi: “Preferisco essere scelto che frequentato”

"Preferisco essere scelto piuttosto che frequentato”

Questa frase mi ha colpito perché mi ha fatto percepire la passione e l'attenzione che c'è dietro a queste parole, nonostante l’incertezza del periodo Covid dove il pensiero primario è rivolto a come sbarcare il lunario. Il far star bene il Cliente e farlo sentire al sicuro e coccolato è, invece, per alcuni che hanno scelto questo mestiere la loro preoccupazione primaria. Mi trovo a fare questi pensieri in Via Marconi, una delle vie più antiche di Verona dove c'è un piccolo locale diurno, il “Kaveghi” il cui il titolare è, assieme alla sorella, Fulvio Cavarra: come si dice da queste parti lui è un vero Personaggio. Entrando vengo accolta dal suo buonumore e dalla sua immancabile battuta che, come sempre, mi fa sorridere anche nel caso in cui la giornata non sia partita col piede giusto.

Fulvio, raccontaci del Barista specializzato che c'è in te…

Facciamo un po' di storia: parto alla fine degli anni ’70 da ragazzo e comincio a lavorare in una sala biliardi: questa esperienza mi ha permesso di relazionarmi con le persone e di capire con chi si ha a che fare misurando le parole, ma lì dico a me stesso che questo lavoro non fa per me perché tutto ruotava attorno esclusivamente ai numeri. Successivamente, però, mi viene proposto di lavorare in una delle Piazze più belle ed importanti di Verona, la Piazza Brà. In quel lavoro ho scoperto un mondo completamente diverso, avendo la fortuna di lavorare con persone che mi hanno fatto appassionare a questo mestiere. In quella situazione mi ritrovo in una gerarchia con un Direttore, una squadra, una gestione del magazzino: una vera organizzazione per andare in velocità. In tutto questo contesto, in me nasce la passione di conoscere ed approfondire il “perché” fare determinate cose e il “come” farle. Ricordo molti sforzi, molta stanchezza, ma in compenso ho avuto una vera scuola dove ho iniziato a studiare i prodotti e dove ho cominciato fare ricerche. Chiusa quella esperienza, sono andato a lavorare in una caffetteria molto conosciuta, sempre a Verona; lì mi appassiono al mondo del Caffè, che è davvero molto affascinante: per la riuscita di un buon caffè ho imparato che è necessario considerare molti aspetti come ad esempio il macinino, la macchina e la sua tazzina… lì ho conosciuto le prime 170 varianti e tipologie di caffè!!

So che sei molto attento alla ricerca dei fornitori perché vuoi dare un’esperienza sensoriale al tuo cliente anche solo sorseggiando un espresso, ma cos’è per te la Sensorialità?

Per me è l’ insieme di vari elementi che la compongono, vado sul pratico : entrare in un locale e vedere che tutto sia in ordine, che l’ambiente sia confortevole. Toccare ad esempio il banco od il tavolo e percepire la sensazione di calore che ti trasmette il legno; sentire la musica adatta ad ogni momento della giornata (che sarà diversa dalla colazione a quella che sentirò alla sera); odorare i profumi delle brioches e del caffè (che anche quello avrà una miscela diversa in base ai momenti della giornata) avendo la sua dovuta spiegazione . Anche se non tutti i clienti sono interessati ai tipi di caffè, devono percepire di star bene e di gustare un ottimo prodotto.

Perché a tuo avviso è così complesso parlare di Sensorialità quando si ha un Bar/Pausa pranzo?

Perché non c’è la predisposizione da parte del cliente a causa del poco tempo. Si è sempre di corsa ed i minuti sono contati e la velocità la fa da padrona; io invece devo fargli percepire tutto lo stesso, donandogli la mia esperienza .. ed il fatto che il cliente torni, mi dà la conferma che qualcosa è stato da lui percepito!!

Quali elementi compongono la Sensorialità per te?

Ogni persona che entra nel mio locale deve sentirsi unica, indipendentemente da quante persone ci siano. Non è facile, ma è importante capire anche lo stato mentale del cliente: se capisco che è di corsa, con il saluto gli faccio capire che l’ho notato e che sono lì pronto a servirlo. Un’altro aspetto è quello di ricordare le abitudini del cliente: ad esempio, tempo fa, avevo un signore che veniva a bere il caffè e puntualmente girava la tazzina, perché mancino. La terza mattina si trovò la tazzina nella posizione da lui preferita e l’ho conquistato. Sono quelle attenzioni che fanno piacere e ci fanno sentire coccolati.

Pensi che la Sensorialità sia legata ad un aspetto culturale, attitudinale, genetico od altro?

Credo sia legata all’attitudine. Uno deve essere predisposto a percepire .

Qual’è il tuo senso preferito?

Credo sia il “primo impatto”, nel senso che sono un osservatore. Se mi sento a mio agio quando entro in un locale è perché il mio sguardo mi fa percepire che sto bene, che c’è tutto sotto controllo: ecco credo che la vista sia il senso che più mi appartiene.

Che ricordi ti evoca? Mi descrivi un aneddoto?

Partiamo dal fatto che sono una persona esigente, ma quando entro in un locale non guardo con il presupposto di giudicare, perché questo è sbagliato. Ricordo che in più di un’occasione (erano gli anni ’90) sono stato in locali molto chic in città che erano sulla bocca di tutti: essere lì significava essere “Figo”. In realtà io, però, non ci stavo così bene…ma perché sono fatto così . Andavo spesso allora in un posticino a conduzione familiare, dove li mi sentivo sereno. Vedi che è anche discorso di predisposizione? Spesso la cornice ha la sua importanza ma, magari, ci sono volte in cui non sai neanche cosa stai bevendo.

Come lo esalti questo senso nella tua proposta?

Io cerco di dare le sensazioni migliori possibili a chi ho davanti, senza farglielo pesare. Perché a me piace farti sentire in famiglia ed il benvenuto nei confronti di tutti. A me piace far parlare il prodotto e sorprendere, nonostante la semplicità.

Come la alleni la tua Sensorialità?

Cerco di portare con me sempre la mia esperienza, ma ti faccio un esempio: io al mattino sono l’essere più fastidioso del Pianeta (dopo l’Agenzia delle Entrate), però io non posso aprire un locale e presentarmi con questa attitudine. Sapendolo, mi alzo un’ora prima, mi scarico ed arrivo tranquillo all’apertura. Ma come me, ce ne saranno tanti e quindi li capisco e cerco di farli sentire a proprio agio magari senza parlar loro, servendoli subito. Quindi si può dire che la alleno sul campo.

So che suoni in una Band.. se la Sensorialità fosse una canzone?

Sarebbe good times and bad times dei Led Zeppelin :

Questa canzone ha la particolarità di essere in perfetta armonia: in questo pezzo se tu dovessi togliere la batteria “cascherebbe il palco”.. così come se tu dovessi togliere qualsiasi altro tassello, come il basso o la voce, la canzone non avrebbe senso. Cosi accade anche nella Sensorialità, perché si tratta di un insieme di elementi che vanno d’accordo tra di loro.

Tu che hai anni di esperienza come Barman, ritieni che soddisfare la sensibilità del consumatore sia un fattore importante per fidelizzarlo?

Direi proprio di sì ! Se soddisfi un cliente con un ottimo prodotto lo fai sentire a suo agio: facendolo stare bene ti ripagherà scegliendoti !!

A me fa sempre tanto piacere conoscere da vicino professionisti come Fulvio, ciascuno con il proprio passato e con il proprio vissuto, perché penso offrano valori da condividere e spunti su cui riflettere. Raccontare la propria esperienza può, a volte, far venire il desiderio di intraprendere questo cammino anche ad altri .

Fulvio Cavarra del Kaveghi: “Preferisco essere scelto che frequentato”
Alessia Grola, CEO di 5-Hats
5 Hats è un Team di professionisti che opera nel settore Horeca come sviluppatori di idee e come problem solver al fianco degli imprenditori; la loro identità è legata alla spiccata propensione alla creazione di eventi sensoriali.