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Lettera aperta di una #foodclubber ai #foodclubbers: "Il cibo che salva dal cibo. Voi che, senza saperlo, salvate me."

Anoressia, bulimia, disturbi alimentari e modelli estetici. Una lettera aperta che ci riempie di gioia

Lettera aperta di una #foodclubber ai #foodclubbers: "Il cibo che salva dal cibo. Voi che, senza saperlo, salvate me."

A volte succede che presi dalla voglia di raccontare, di condividere, di dibattere e controbattere si perda di vista quanto il cibo sia -oltre che una passione- anche una valvola: di sfogo e di riempimento, una gratificazione ed una punizione.

L'alimentazione non è solo nutrimento e gusto, a volte il cibo è un nemico ingiusto che si muove a zig zag sul confine tra bene e male disegnando picchi altissimi e ammalianti seguiti da discese ripide e incomprensibili.
Il cibo diventa un surrogato sia in eccesso sia in difetto di un vuoto che si prova a colmare in parte con la privazione ed in parte con il rinnegare l'assenza. Certe volte il problema è quell’amore mancante che non si riesce a trovare: l'amore per se stessi, l'amore ricevuto (o no), l'amore perso.

A volte, però, può succedere che la causa diventi la cura e l'effetto diventi sensazionalmente affetto.

Ci è giunta questa lettera, da parte di una #fooclubber, che pubblichiamo al solo scopo di ricordarci e ricordarvi che il cibo è anche salvezza e che qualche volta un gruppo di appassionati che scrive e condivide con amore, onestà e rispetto può diventare molto di più, può diventare la tana sicura e lo stimolo a crescere, imparare e -perché no- a motivarsi.

"Il cibo che salva dal cibo.

Forse è fuori tema. O forse no. Perché il tema del gruppo non è solo "robbbba da mangiare". È un po' ricerca, attenzione, studio, un sacco di passione, di amore per il cibo, per la cucina. Questo gruppo non è una collezione di foto di cibi da ingurgitare, da buttare giù. Secondo me c'è una differenza enorme tra mangiare e gustare. Tra l'azione del buttarsi dentro un piatto senza manco capire che ci sia dentro e l'andare alla ricerca e scoperta di pietanze e preparazioni che facciano brillare gli occhi ed esplodere le papille gustative.

Ad ogni modo, il punto non è propriamente questo.

Cibo che salva dal cibo, dicevo. Perché? Perché ci sono dei periodi nella vita, in cui si è un po' in lotta con se stessi per questo o per quel motivo, per questo o per quel difetto. Per me questo periodo va avanti da così tanti anni che non saprei neanche più contarli. È una lotta su tutti i campi, in tutti i diversi spazi. Mi attacco, mi redarguisco, mi dico che non sono abbastanza, mi punisco.

Uno di questi campi è l'estetica, la mania e l'ossessione della ricerca della perfezione fisica. Che, per me, significa (banalmente, ingiustamente, erroneamente) magrezza. All'osso, più o meno. E quindi, come sarà immaginabile, oltre a me stessa, l'altro nemico era (ed è stato per lungo tempo) il cibo.

'Sto stronzo era proprio una necessità ma mi faceva pure ingrassare. Che odio dover mangiare per sopravvivere. Ne avrei fatto volentieri a meno.

E cosa ti salva, quando tocchi il fondo? A cosa ti puoi aggrappare quando tutto attorno crolla? Semplice la risposta: alla causa.

È iniziata così la mia ricerca del cibo, il mio studio, il mio apprendimento.

Me ne sto in silenzio su questo gruppo, leggo, metto "mi piace", provo ad imparare, carpire informazioni. Ogni tanto, raramente, faccio qualche domanda.

Cibo che salva dal cibo: ho iniziato a cucinare coi fornelli che tanto odiavo, ho provato ad impastare su quel piano di marmo prima tanto ostile, ho acceso quel forno che demonizzavo. Ho addirittura fritto.

Non sono nessuno in ambito culinario. Non capisco niente di quella scienza esatta che c'è dietro a preparazioni e cotture. Ma ogni vostro consiglio, indicazione, spiegazione, l'ho preso e ne ho fatto tesoro. Gelosamente custodisco tutti i vostri segreti. E, così, mi sono innamorata (di nuovo) di quel cibo che tanto male mi aveva fatto.

Cibo che salva dal cibo.

Voi che, senza saperlo, salvate me."

Parole che ci riempiono di gioia e di cui tutti i membri devono sentirsi orgogliosi. Perché? Perché tra i tanti obiettivi che ci siamo dati, non abbiamo mai immaginato di poter ottenere quello più importante: far sentire i membri del club parte di una famiglia.

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