Tartara o Tartare, origini e significato dai Tartari ad oggi
Tartare o tartara: la leggenda dei tartari nella storia della cucina
Leggo sempre più spesso nei menù, i termini “tartare” o “tartara”, per preparazioni di verdure, frutta, pesci o carne, ma avendo anche ritrovato scritto: carne alla “tar tar” o “tartar”, mi sono chiesto quale fosse il termine esatto della preparazione e con quali ingredienti fosse adeguato confezionarlo.
Il termine “tartara” in italiano, e “tartare” in francese, è utilizzato per indicare una “bistecca alla tartara”. Generalmente, nella cucina contemporanea internazionale, con “tartare” o “tartara”, si indica una bistecca tagliata a piccoli cubetti, o meglio la “steack tartare”. La tartare di manzo, detta anche tartara o battuta, è carne bovina fresca e cruda insaporita con sale, olio, pepe, cipolla, sedano, capperi e salsa tartara o worchester.
L’origine del nome “tartare” o “tartara” è circondata da mille leggende. Una di queste parla del popolo nomade dei Tartari, originari dell’Asia, che prima di partire era solito mettere la carne, di cui si alimentavano, sotto le selle dei cavalli, per trovarla ammorbidita al momento dell’arrivo. A dare fondamento a questo metodo fu lo storico Ammiano Marcellino nel suo testo “Storie”, del IV secolo d.C, che attribuiva agli Unni questa pratica: “Si cibano di carne fatta frollare al calore delle loro gambe o sul dorso dei cavalli perché non conoscono nemmeno il fuoco”.
Nella cucina medievale italiana il termine “tartara” significa torta, varietà di torta (dal latino torta, tortula e tartarum, crosta), caratterizzata dalla abbondante copertura di zucchero e acqua rosata. Lontana quindi dalla carne battuta e cruda. Pare che il termine sia un gallicismo da “tartre”, citato nei ricettari: Menagier, “tartre faicte en la paelle”; Viandier, “tartre en karesme”.
La prima descrizione culinaria della preparazione della carne alla tartara, è documentata nel testo “Gastrosophie oder die Lehre von den Freuden der Tafel” di Friedrich Christian Eugen von Vaersts, del 1851, per indicare una preparazione di filetto di manzo, sale, pepe, tuorlo, filetto di acciuga e capperi. Ricetta giunta immutata fino a noi.
La tartare è una preparazione di carne o pesce crudo tritati finemente, con il tritacarne o, meglio, al coltello, a cui si possono aggiungere condimenti o salse, come cipolla, capperi, succo di limone, aceto balsamico, tuorlo d'uovo.
Alcuni esempi oltre la "bistecca alla tartara", sono le tartare di tonno, di salmone, di cavallo o di cervo.
Nella cucina piemontese troviamo anche un piatto fatto con carne battuta al coltello (preparazione, quest'ultima, che ha il pregio di non "spremere" la carne, come avviene con la normale macinatura a macchina) e aglio a tocchetti, la cosiddetta carn crua ("carne cruda") o salada 'd carn crua ("insalata di carne cruda"), condita con olio d'oliva, sale, pepe e succo di limone. Spesso la carn crua è servita, in quantitativi modesti, insieme ad altri antipasti.
Varie versioni di tartare esistono poi nella maggior parte delle regioni dell'Italia settentrionale. Nella cucina romagnola, ad esempio, la "carne cruda" è un macinato di girello o girello di spalla, lasciato a marinare in abbondante succo di limone, olio d'oliva, sale e pepe.
Eppure questa preparazione ha avuto forte diffusione in tutto il mondo. Oltre la leggenda degli Unni, un’altra storia racconta che la bistecca alla tartara, come la conosciamo oggi, proviene dalla città di Amburgo, in Germania, dove veniva servito un piatto di carne macinata stagionata e solitamente cruda, accompagnato da cipolle e briciole di pane.
Giunta in Francia nel 1900 grazie ai cuochi russi in esilio, la ricetta della tartare di manzo e le sue varianti è oggi considerata uno dei piatti per eccellenza della tradizione culinaria francese.
yukhoe con tuorlo d'uovo a parte
Una ricetta internazionale a tutti gli effetti, tanto da aver dato origine a diverse varianti in tutto il mondo: la tartare di manzo in Etiopia, con il nome di kitfo; in Corea è conosciuta come yukhoe; il nome cileno è crudos mentre se ci si trova in Messico si opterà per una salpicon.
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