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Alessandro Borghese: "Lo Stato, con la sua assenza, sta radendo al suolo la ristorazione italiana"

Un fiume in piena di dichiarazioni per lo chef superstar Alessandro Borghese

Alessandro Borghese: "Lo Stato, con la sua assenza, sta radendo al suolo la ristorazione italiana"

Siamo abituati a vederlo sorridente, e a volte quasi comico, nei suoi tanti programmi televisivi, anche quando si tratta di formulare giudizi negativi su piatti o ristoranti, ma questo lockdown a causa della pandemia da COVID-19 ha un po' ingrigito, o forse abbattuto, lo chef superstar Alessandro Borghese, alla guida di un impero che comprende una rinomata attività di catering, un’agenzia di consulenza, un pastificio e il ristorante milanese di fine dining Il Lusso della Semplicità.

Lo chef è un fiume in piena di dichiarazioni, proposte e visioni in merito a quanto sta accadendo in questi mesi al mondo della ristorazione, alle sue criticità e alle nuove opportunità, attraverso una ricca intervista alla sezione cucina di Corriere.it, nella quale esprime tutto il suo sconforto, ma anche delle possibili nuove proposte per far fronte alla ripartenza del settore ristorativo, senza usare mezzi termini.

"Lo Stato, con la sua assenza, sta radendo al suolo la ristorazione italiana. Non solo manca sostegno economico a un settore che è il fiore all’occhiello del Paese, ma anche le regole per iniziare a progettare la ripartenza non ci sono. Da quando è iniziato il lockdown ho perso quasi metà degli introiti. Sono venute meno cene private, ben 16 matrimoni, per non parlare degli eventi legati al Salone del Mobile. Ora siamo fermi. È tutto chiuso. E sto anticipando l’assegno della cassa integrazione ai miei 64 collaboratori: non potevo permettere attendessero mesi prima dell’arrivo dei fondi a causa della burocrazia. Ma così non si può resistere a lungo. Un altro mese. Se le cose non si smuovono dovrò decidere cosa fare con il personale, le spese d’affitto e le bollette. Ma è un’evenienza in cui spero di non dovermi trovare."

Traspare preoccupazione dallo chef anche in riferimento alle tantissime piccole realtà del paese, che con ancora più difficoltà affronteranno la ripartenza. "Non è per la mia situazione. Ho le spalle larghe e saprò affrontare qualsiasi scenario. Così come tanti miei colleghi per cui il ristorante è solo una parte dei guadagni, accanto ad altre attività. Ma penso a quelli che vivono degli incassi di bistrot, trattorie e osterie, soprattutto in provincia. Sono molto preoccupato per loro… alcuni hanno già chiuso, tanti altri lo stanno per fare".

Poi elogia la scelta della Regione Campania, l'invito del governatore De Luca allo chef bistellato Gennaro Esposito, incaricato di stendere un protocollo per la ripartenza del comparto ristorativo del territorio. "Le istituzioni dovrebbero avviare un tavolo nazionale con i rappresentati dei ristoratori per ragionare su problemi e soluzioni. Un po’ come ha fatto la Regione Campania chiedendo la consulenza di Gennaro Esposito. E, poi, servirebbero finanziamenti a fondo perduto, anche perché ci vorrà tempo prima che i ristoranti tornino a riempirsi. Mancano appena tre settimane e non ci sono ancora le regole d’ingaggio, anche solo per capire quanto costerà far ripartire le attività. Qualche esempio? Sanificare un locale da 300 metri quadrati costa tra i mille e i 3 mila euro. Ogni quanto sarà necessario farlo? E, poi, come dovranno essere allestiti i locali? Non saperlo rende impossibile pianificare e non si potrà improvvisare, ne va della salute dei clienti e dei lavoratori."

Un altro spunto di riflessione, forse il più accorato, è sulla condizione delle attività ristorative e sui nuovi obblighi da rispettare al momento della riapertura, al momento la data ipotizzata è il primo giugno. "Se lo spazio obbligatorio tra i tavoli sarà di due metri il mio ristorante passerà da 95 coperti a 65. Ancora sostenibile. Se dovesse essere di più dovrò ripensare del tutto l’attività e in qualche maniera farò, ma tantissimi ristoratori non saranno nelle condizioni di riaprire. Mi preoccupa che possa essere richiesto il distanziamento in cucina. Il fine dining ha piatti che richiedono anche due o tre persone per la preparazione. Inoltre, non è il mio caso, ma tantissimi locali hanno cucine minuscole e non potrebbero mai adeguarsi. Sull'uso delle mascherine non vedo problemi sul fatto che le indossino il personale ed i clienti quando non sono al tavolo. Certo, sarà un po’ impersonale avere un cameriere lontano un metro. E, magari, si farà anche difficoltà a sentirlo spiegare il piatto, dato che avrà la bocca coperta. Ma mi sembra il problema minore. Così come per i guanti che potrebbero persino diventare un tocco di classe e ricordare il servizio dei grand hotel negli anni ‘70."

"Mancheranno per un po’ di tempo i big spender, quei turisti internazionali che amano e spendono maggiormente per i vini pregiati. E l’avere meno coperti renderà necessario regolamentare i no-show. L'obbligo di prenotazione diventerà la normalità per evitare file all’ingresso e il rischio di tavoli vuoti a causa di clienti che non si presentano. Nel mio ristorane da un anno e mezzo viene chiesta la carta di credito per riservare un tavolo. La penalità per chi non si presenta senza avvisare è di 100 euro a commensale. Ho ricevuto tante critiche, ma è stata la scelta giusta e credo la introdurranno in molti. Poi, sono convinto servirà unità per superare la crisi. E mi auguro che anche gli chef più esterofili inizino a scegliere prodotti italiani, così da sostenere la filiera. I nostri prezzi resteranno gli stessi di adesso. E il menu continuerà a cambiare in base alla stagionalità, ma non si ridurrà. Abbiamo già razionalizzato al massimo il lavoro e i costi quando abbiamo aperto il ristorante nell’ottobre del 2017."

Per quanto riguardo il delivery e il takeaway lo chef ha le idee chiarissime. "C’è stata una corsa all’oro sulle consegne a domicilio, ma non credo rappresentino il futuro. Noi non ci stiamo pensando. Da un lato non avevamo attivato questo servizio per il ristorante prima del lockdown e non abbiamo voluto improvvisarci: mandare un piatto a casa dei clienti in una confezione dal packaging arrabattato, senza sapere chi la consegna e in che condizioni arriva. Dall’altro, non credo convenga economicamente per la mia cucina: ai costi alti dei prodotti e del lavoro dovrei aggiungere un altro 35 percento per l’azienda che si occuperebbe del servizio di delivery. Riattivare le cucine per 10 o 20 consegne al giorno, nei casi migliori, sarebbe una perdita. E anche l'asporto lo vedo difficoltoso. Il mio ristorante si trova al primo piano e il take away sarebbe complesso da gestire in sicurezza. Inoltre, anche in questo caso, rappresenterebbe un business troppo ridotto".

Nel frattempo l'altra carriera, quella televisiva, dello chef, continua con le nuove puntate di Kitchen Sound che andranno in onda su Sky a ora di pranzo dal 25 maggio. Mentre la nuova stagione di 4 Ristoranti, girata prima del lockdown, invece, è in onda proprio in questo periodo, sempre sullo stesso canale e con ascolti record. Le riprese però, in questo caso, sono sospese.

"Questi due mesi a casa con Wilma e le nostre bambine Arizona e Alexandra mi hanno concesso del tempo mai avuto da dedicare alla famiglia: nel dramma del momento è stato qualcosa di prezioso. Ma sono felice di riessere sul set, seppure con troupe ridotta e telecamere da remoto per lavorare in sicurezza, è un piccolo segno di ritorno alla normalità. Mentre 4 Ristoranti è un format che ha bisogno di molte figure professionali per ogni puntata, così come l’altro show che conduco: Cuochi d’Italia. L’idea, se si potrà, è di ripartire fra giugno e luglio. Credo sarà importante anche per dare un segnale forte, se le condizioni sanitarie lo permetteranno: quello di riiniziare a uscire e divertirsi. Con il mio ristorante ho venduto oltre 1400 voucher per delle cene prepagate: oggi li chiamano dining bond, io li avevo lanciati già due anni fa. Questo per dire che la gente ha voglia di tornare a mangiare fuori, le servono solo regole chiare da rispettare. La stessa cosa che manca ai ristoratori per ripartire".