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Asador Etxebarri, Prometeo è tornato ed è Victor Arguinzoniz

Fuoco e fiamme ad Axpe, con Asador Etxebarri di Victor Arguinzoniz

Asador Etxebarri, Prometeo è tornato ed è Victor Arguinzoniz
Asador Etxebarri
San Juan Plaza, 1, 48291 Axpe, Bizkaia, Spagna
Prenotazioni Sito Web
+34946583042

Se esistono templi della ristorazione, uno di questi è sicuramente Asador Etxebarri.

Non solo per i riconoscimenti ricevuti (dal 2010 una stella Michelin sempre confermata, nel 2019 terzo miglior ristorante al mondo nella classifica di The World's 50 Best Restaurants), piuttosto perché Victor Arguinzoniz, cuoco e patron, ha portato al massimo della sua espressione la più arcaica delle tecniche di cucina, elevandola al di sopra di ogni altra cosa.

Asador Etxebarri, Prometeo è tornato ed è Victor Arguinzoniz

Siamo in Spagna e precisamente ad Axpe in San Juan Plaza, nella valle di Atxondo nei Paesi Baschi e qui TUTTO, ma proprio TUTTO, viene cotto sulla brace!!!

A pochi chilometri da Bilbao, che pure annovera molti ristoranti all’avanguardia, non ci sono fornelli. Niente padelle antiaderenti o forni di ultima generazione, niente cotture sotto vuoto o lente. La cucina di Victor è fondamentalmente composta da due forni a legna per preparare le braci e da griglie basche che permettono di posizionare il cibo alla giusta distanza dal calore.

Intorno, gli utensili che negli anni Arguinzoniz ha saputo realizzare, o far realizzare per lui, frutto di prove e prove sui carboni ardenti. Anche se proprio di carbone qui non è lecito parlare. Nei forni della “casa nuova” (Etxebarri in basco) viene utilizzato solo legno, di diverse tipologie a seconda di quello che viene messo sulla griglia.

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Gli attrezzi, principalmente griglie di diverse forme e materiali, servono a portare sul fuoco qualsiasi cosa Victor voglia, ognuna calibrata su uno specifico alimento. Per poter cuocere il riso si è arrivati alla produzione di una speciale griglia perforata al laser; per la cottura del caviale (si, ho detto cottura del caviale) alla realizzazione di una pentola senza fondo con due maglie metalliche.

In fase di prenotazione ci rendiamo subito conto che Etxebarri non è un ristorante per tutti e questo non tanto per i prezzi (comunque levitati negli ultimi anni) o per le lunghe liste di attesa di almeno 3 mesi, ma soprattutto perché si viene da subito avvisati del fatto che non esistono menù vegani o vegetariani e di ripensare alla propria prenotazione nel caso in cui non si mangino pesce e altri prodotti del mare. Qui infatti non si mangiano solo prodotti della terra, piuttosto la vicinanza al mare (quaranta minuti) e ai mercati importanti, permettono l’approvvigionamento di materie prime di grandissima qualità.

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Se infatti buona parte del risultato finale di ogni piatto è nelle mani di Victor e della sua esperienza decennale fatta di una presenza costante ad ogni servizio, è chiaro che qui la qualità dei prodotti è fondamentale. In generale un cuoco riesce a tirar su piatti meravigliosi anche partendo da basi buone, da prodotti freschi e genuini, ma non per forza dalle eccellenze; mentre qui, dove l’istinto dell’Asador più famoso del mondo è concentrato tutto su quantità di calore e sul tempo e sulla capacità di intravedere nelle sfumature dei colori le cotture senza passare attraverso sonde e termometri, la qualità del prodotto è invece indispensabile. Una cosa di cui ci siamo resi conto durante il pranzo, più di sei ore passate ad assaporare alcuni tra i migliori piatti cotti alla brace mai provati.

A Etxebarri si arriva quasi sempre per pranzo, l’unico servizio serale è di sabato. Arriviamo presto, in modo da godere con calma del passaggio dall’antropizzata e urbana Bilbao alla silenziosa e rurale Axpe, definita esclusivamente da una chiesa, un paio di case e dal ristorante. La giornata è particolarmente soleggiata e così abbiamo la possibilità di accomodarci per un aperitivo in terrazza al primo piano della struttura, dove troviamo anche la sala del ristorante (internamente), mentre la cucina con i forni si trova al pian terreno. Al tavolo esterno ci vengono consegnati menù e carta dei vini, in modo da agevolare la fase della scelta e della consegna delle comande in cucina. Controlliamo rapidamente il menù, da poco strutturato unicamente da un percorso di degustazione di quindici portate e dalla possibilità di scegliere tra qualche fuori menù da integrare.

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Intanto al tavolo ci viene servito il brodo, quello di pollo che ad Etxebarri non manca mai: fatto dalla mattina presto e che serve a scaldarci in una giornata invernale, soleggiata ma fresca. Un piccolo shot che subito rimbalza tra palato e cervello e si sovrappone al ricordo del sapore della “bisque” di faraona del raviolo cinese, prima parte della “Faraona in tre portate” di Massimo Bottura.

E se la gioca per il primo posto!

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Scelto il menù e il primo vino, abbiamo una voglia da soddisfare. Tra gli extra menù c’è l’ostrica e molti esaltano la bravura di Victor nel cuocere alla brace i frutti di mare. Da sempre amante dei frutti di mare crudi, non riesco a sottrarmi alla curiosità di provare. La sala prende nota e, dopo essersi assicurata che avessimo capito che l’ostrica sarebbe stata servita cotta, ci chiedono di provare la birra da loro prodotta. Eh sì perché tra gli ultimi vezzi di Arguinzoniz c’è quello di produrre birra. L’ostrica ci viene servita ricoperta di latte di bufala affumicato, accompagnata dalla birra.

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E‘ qui che si comincia a capire che Etxebarri non è un ristorante qualsiasi. Il latte è munto ogni mattina dalle bufale che Victor ha voluto acquistare e portare ad Axpe, scelta fatta dopo aver provato la mozzarella di bufala definendola il miglior formaggio fresco mai provato.

L’ostrica è buonissima e la leggera affumicatura del latte crea un boccone davvero favoloso.

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Ci accomodiamo finalmente all’interno, dove legno e pietra la fanno da padroni. La mise en place è leggera e il lungo tavolo di servizio centrale divide la sala in ambienti diversi rendendo intima quella che in realtà è un'unica grande sala.

I piatti si susseguono con un buon ritmo, le diverse tempistiche ci lasciano la possibilità di cambiare vino un paio di volte.

La partenza è quella giusta. Chorizo made in Etxebarri (salume aromatizzato tipico della penisola iberica) e alici del Mar Cantabrico. Se ne vanno via così le prime pagnotte di pane fresco che ci vengono servite.

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Fortunatamente ce ne verranno servite delle altre per accompagnare il “formaggio fresco di bufala”, un misto tra burrata e mozzarella (servita calda e dal sapore leggero affumicato) seguita da una delle portate più saporite di tutto il pranzo: un lingotto di burro di capra con sale affumicato. Un burro dal sapore così intenso e goloso che servito per tutto il pranzo sarebbe stato catalizzatore di ogni assaggio successivo. Insomma, ne avremmo mangiato ancora a secchiate.

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Finite le portate dedicate ai latticini è ora di aprirsi seriamente al capitolo mare. I gamberoni che vengono serviti sono un insieme di misticismo e goduria. Nessuno dei due gamberoni per piatto ha la ben che minima scottatura da brace, tipica delle nostre grigliate estive. All’aspetto sembrano quasi crudi, potrebbero essere stati appena pescati. Al naso arriva invece improvvisamente il sentore di brace. Sgusciandoli ci accorgiamo che non hanno perso nemmeno una goccia del gustoso succo interno che diventerà preda della nostra ulteriore scarpetta. Un piatto che vale il viaggio e accende un segnale chiaro sulle capacità dell’Asador basco. Nessun piatto preparato nelle cucine di Etxebarri ha il sentore di bruciato o di amaro dovuto al contatto prolungato con le griglie ad alta temperatura, bensì tutti riescono ad esaltare le proprie caratteristiche grazie all’attenta cottura sulla brace.

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Seguono cetrioli di mare con piselli e polipetti con crema di cipolla che ci portano allegramente ad un altro must della cucina di Victor. Parlo della kokotxa, la gola di baccalà alla brace.

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Piatto simbolo della tradizione basca, della cultura del recupero di tutti i tagli degli animali e, naturalmente, delle cotture alla brace, la gola si presenta particolarmente ricca di collagene con una carne peculiarmente morbida che rivela tutto il suo sapore nelle mani dei sapienti asador. Ci viene presentata con una leggera panatura all’uovo e un peperone dolce, coltivato nell’orto del ristorante.

Il tuorlo d’uovo e tartufo nero ci conducono velocemente al vero assaggio strong di tutto il pranzo: la tartare di chorizo fresco che ha un solo e unico difetto, quello di finire subito.

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Siamo ormai così presi dal susseguirsi delle portate che da "funghi e topinambur" passiamo speditamente alla pezzogna alla brace, sporzionata in sala e servita a tranci con una salsa al limone ed un’immancabile ma semplice insalata che ci fa rimettere bene i piedi a terra.

Seppur con un accenno alla ristorazione vecchio stile posso tranquillamente ammettere di aver mangiato il miglior pesce alla brace degli ultimi anni.

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Ma veniamo al sodo. Nessuno viene ad Etxebarri senza il desiderio di provare la “chuleta de vaca vieja”, la costata di Rubia Gallega di almeno 8 anni. Il piatto è rockeggiante, nonostante la crosta dal colore scuro non accenna al bruciato in nessun boccone. La carne è tenace esattamente al punto giusto, il sapore è intenso ed anche le parti grasse fanno a gara a farsi mangiare. C’è anche l’osso finale da spolpare e, a rischio di emulare la nota scena degli scimpanzé in “2001: Odissea nello spazio”, ci lasciamo volutamente assalire da un’arcaica voglia di mangiare con le mani.

Asador Etxebarri, Prometeo è tornato ed è Victor Arguinzoniz
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Del resto, in questo luogo del mondo, immerso nella natura, un moderno prometeo di nome Victor Arguinzoniz ci insegna di nuovo come utilizzare bene il fuoco.

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Il pranzo, oramai quasi divenuto a cena, termina con la parte dolce della quale con piacere ricordiamo soprattutto il predessert dal sapore stupefacente. Un gelato al latte affumicato, immerso in un estratto di barbabietola che assesta il colpo conclusivo a una delle esperienze gastronomiche più intense degli ultimi anni.

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E’ chiaro che Etxebarrri non è per tutti. Chi si aspetta un pranzo che tocchi tutte le sfaccettature della cucina, passando dalle acidità per poi saltare alle fermentazioni e agli equilibri estremi tra amaro, dolce, salato…non è nel luogo giusto. Qui la linea sottile che conduce tutto il percorso è la brace. La nota affumicata, calda, aromatica segue tutto il percorso dall’inizio alla fine e vale la pena di seguirlo tutto almeno una volta.

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Alla fine, pagato il conto e salutato tutto il personale di sala rimasto ad aspettarci (siamo gli ultimi ad andare via), veniamo condotti in cucina per conoscere lo chef, che preferisce definirsi semplicemente un asador. Troviamo una cucina in cui regnano ordine e pulizia estrema, nonostante l’utilizzo fino a qualche minuto prima delle braci. Ad attenderci c’è Victor Arguinzoniz, una persona mite, con un sorriso sincero e una mimica facciale che lascia trapelare la stanchezza di un lavoro certosino, ma anche e soprattutto la soddisfazione di un uomo contento di fare il proprio lavoro.

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