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AUTUNNO A NEW YORK, UN REPORTAGE RANDAGIO Parte I

New York: da Manhattan a Soho a Brooklyn nei dettagli tra pizza, dumpling, cucina orientale e vini naturali

AUTUNNO A NEW YORK, UN REPORTAGE RANDAGIO Parte I

“It’s autumn in New York

That brings the promise of new love” 

Vernon Duke

A New York la scena del vino naturale è ormai esplosa da anni

lasciando dietro di sé il peggio e il meglio di quello che in questi casi sono le ripercussioni fatali, i passi falsi tipici delle tendenze di moda nei mercati dopati.

AUTUNNO A NEW YORK, UN REPORTAGE RANDAGIO Parte I

Il meglio è il fatto di aver portato maggior attenzione al vino quale alimento agricolo focalizzando anche i più distratti o superficiali sulla filiera produttiva, sull’etica contadina nei fatti non solo a chiacchiere, valorizzando la manualità dei vignaioli, spostando finalmente i riflettori su territori e vitigni meno celebrati. Il peggio è il moltiplicarsi di fiere e fierette velleitarie che hanno giustificato il prolificare di “schiacciatori d’uva” e mille altri improvvisati che si spacciano per contadini-artigiani-vignaioli subissando il mercato di bevande idroalcoliche sciatte, banalotte e prive di profondità; pseudo-vini completamente sconnessi dal territorio, alieni a una visione sostanziale che non sia solo quella predatoria visto che finché c’è da far carne di porco non si butta via niente.

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A Lower Manhattan aperitivo al wine bar La Compagnie des Vins Surnaturels, (249 Centre St).

Qui ho bevuto il vino più buono provato nella intensa settimana newyorkese. Il Blanc del Domaine Leon Barral a base di Terret Blanc, Terret Gris e Viognier da breve macerazione sulle bucce. Erano un po’ di anni non lo riassaggiavo e come prevedevo è stato un coup de couer. Bellissimo ambrato della Francia sud-occidentale tra i Pirenei e il Mediterraneo da viti ad alberello quasi centenarie (il gobelet mediterraneo) in regime d’agricoltura biodinamica a Lenthèric (Faugères nel Languedoc-Roussillon). Ottima la tartare di manzo sul midollo, buone le capesante scottate anche se servite con il mais, mania tipica americana del dolciastro che si abbinava comunque bene allo champagne brut nature Le Clos l’Abbé di Hubert Soreau, vendemmia 2010, dégorgement estate 2020.

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A Tribeca ho cenato da Chambers (94 Chambers St #1) il nuovo posto di Pascaline Lepeltier sommelier molto conosciuta sia in città che all’estero.

La carta dei vini è notevole con uno sbilanciamento legittimo sulla Francia vista la provenienza francese di Pascaline. La cucina niente di speciale rispetto alla media dei posti chic in town, tutto molto in linea con tonalità rotonde, piacione, dolciastre (pèsca a caso e mais come se piovesse). Ho bevuto però l’Arbois - Pupillin Naturé “Foudre à Canon” 2017, del Domaine de la Borde, un Savagnin ouillé (in assenza di ossidazione), affinato 20 mesi sulle fecce fini in grandi botti di rovere completamente colme. Mi hanno fatto assaggiare vino sfuso spillato (wine on tap) fatto fuori New York che era niente malemi pare fosse un Merlot. Poi lo Schistes 2016 del Domaine Arretxea a Irouléguya nei Pays Basque a base di Petit Courbu, Gros Manseng e Petit Manseng, un vino bianco che ho trovato abbastanza insignificante, opulento e faticoso alla beva, infatti è rimasto tutto nel bicchiere. Ritornado ai vini del Jura dopo l’ouillé del Domaine de la Borde non potevo che stappare lo Château Chalon 1998 di Jean Macle.

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“Vin de Garde” evidenziato in etichetta sta per vino da conservare e nessun vino si conserva meglio di un vin jaune del Jura vista la sua matrice ossidativa generata sotto velo di flor in botti scolme (pas ouillé) in presenza di ossigeno quindi, ossigeno magico che offre a questi vini struggenti a base di Savagnin da vendemmie tardive ma non botritizzate, un’anima dolceamara di sale marino e mandorle sotto spirito.

Lower East Side da The Ten Bells (247 Broome St) ho bevuto una framboise2021,

fragrantissima e dissetante della Brasserie Des Voirons della Savoia che in Italia e Slovenia è importata in quantità limitate essendo una brasserie artigianale vera, dal mio amico Roberto di Wine Independent. Nell’attesa che si freddasse il ragazzo molto gentile al bancone ci ha offerto un calice di Fusion il rifermentato a base d’uva e mele di Meinklang, vignaioli dell’Austria orientale che sempre in Italia sono importati da Meteri.

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SoHo al Niche Niche (43 MacDougal St) ho provato una curiosa versione di cacio e pepe con erba cipollina

che assieme alla cacio e pepe a Il Buco Alimentari e Vineria (53 Great Jones St) è stata la pasta più buona e meglio eseguita che ho mangiato in città, molto più centrate e gustose di quella tanto decantata di via Carota (51 Grove Ct).

AUTUNNO A NEW YORK, UN REPORTAGE RANDAGIO Parte I
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L’abbinamento era con un Pinot Meunier 2018 dell’Oregon a Dundee Hills nella Willamette Valley: The Eyrie Vineyards Pinot Meunier di David & Diana Lett, pionieri del Pinot Noir e del Pinot Gris nell’Oregon. Una rarità questo Meunier in purezza vinificato in rosso: molto sobrio, speziato, asciutto e succulento. Trasferta di poche centinaia di metri all’Ari’s Champagne Parlour e al Tokyo Record per bere sake assieme a Jessica Joly "Miss Sake USA”.

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AUTUNNO A NEW YORK, UN REPORTAGE RANDAGIO Parte I

Sempre in MacDougal Street da Emmett’s (50 MacDougal St) per una pizza in stile newyorkese o la Chicago pizza pie (deep dish pizza)

con la clessidra ad attendere che si raffreddi un po’. Qua il mio amico Dominic di Vinifera per festeggiare il compleanno di un amico comune ha portato una 3 litri di barbera d’Alba 1987 del mitico vigneto Pianpolevere Soprano che al tempo vinificava Riccardo Fenocchio, vignaiolo tanto bravo quanto sfortunato.

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AUTUNNO A NEW YORK, UN REPORTAGE RANDAGIO Parte I

Sempre con Dom non potrò mai dimenticare la condivisione del Barolo Pianpolvere Soprano 1982 quando ci siamo conosciuti a Hong Kong anni fa, un vino straordinario che ha battezzato per sempre la nostra amicizia fraterna. Con Dom e la moglie qualche sera dopo abbiamo cenato in un ottimo ristorante tailandese a Upper East Side, Up Thai 1411 2nd Ave, New York, perfetto il Vin Jaune 2014 (Appellation Arbois Contrôlée) del Domaine Rolet, Savagnin ossidativo esotico, in abbinamento coi summer rolls ed i dumplings piccanti.

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