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Caffè: come è nato l'amore? Leggenda, storia e mercato

Il caffè nel mondo: origini, leggende, tradizioni e mercato!

Caffè: come è nato l'amore? Leggenda, storia e mercato

Non è un'invenzione italiana, ma la storia d'amore del Belpaese con questo prodotto è davvero profonda. Sto parlando del Caffè.

Caffè: come è nato l'amore? Leggenda, storia e mercato

L’Italia e il caffè.

L'80% degli italiani beve caffè, con un consumo medio di 2,2 tazzine a testa, posizionandosi al sesto posto nella classifica dei consumi in valore assoluto con 300mila tonnellate annue.

Un vero e proprio rito che si consuma, per il 77% al mattino mentre ben il 90% hanno espresso di preferirne il consumo al bar. E non c'è che l’imbarazzo della scelta sul dove trovarne uno perché l'Italia è patria di circa 150.000 bar e caffetterie.

Sul podio di questo rito laico quotidiano si posiziona, ovviamente, il caffè espresso, la principale tipologia di caffè scelta dagli italiani. Secondo Coffee Monitor di Nomisma, l’espresso copre quasi tutto il mercato: viene scelto dal 93% dei consumatori di caffè, mentre è residuale la percentuale di chi predilige altre tipologie di caffè, determinando la spesa annua pro-capite in caffè espresso pari a 260 euro.

Ma da dove viene il caffè? Leggenda e storia.

Caffè: come è nato l'amore? Leggenda, storia e mercato

La parola "coffee" entrò nella lingua inglese nel 1582 tramite il "koffie" della lingua olandese, preso a sua volta in prestito dal "kahve" della lingua turca ottomana, derivante dal "qahwah" della lingua araba. La parola "qahwah" è talvolta una traccia alternativa del "quwwa" arabo ("potenza, energia") o di "Kaffa", il reame medioevale etiopico da dove l'arbusto è stato esportato fino in Arabia. Queste etimologie per "qahwah" sono state in ogni caso tutte variamente contestate. Dal termine qahwa si passò alla parola turca kahve, parola riportata in italiano con caffè. Questa derivazione è contestata da quanti sostengono che il termine caffè derivi dal nome della regione in cui questa pianta era maggiormente diffusa allo stato spontaneo, Caffa, nell'Etiopia sud-occidentale.

Fino al XIX secolo si ipotizzavano la Persia e lo Yemen, oltre all’Etiopia, come il luogo di origine della pianta del caffè. Pellegrino Artusi, nel suo celebre manuale La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mokha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l'indizio per individuarne il luogo d'origine.

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Ci sono varie leggende sulla scoperta delle bacche. La più conosciuta parla di un pastore chiamato Kaldi che portava a pascolare le capre in Etiopia; queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiarne le bacche e a masticarne le foglie. Arrivata la notte, le capre, si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Così il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta come quelli mangiati dal suo gregge, poi li macinò e ne fece un'infusione, ottenendo il caffè.

Un'altra leggenda ha come protagonista addirittura Maometto che, sentendosi male, ebbe un giorno la visione dell’ Arcangelo Gabriele che gli offriva una pozione nera (come la Sacra Pietra della Mecca) creata da Allah, che gli permise di riprendersi e tornare in forze

Esiste anche una leggenda che narra di un incendio in Etiopia di piante selvatiche di caffè che diffuse nell'aria il suo fumo per chilometri e chilometri di distanza.

Coffeehouse e Botteghe del Caffè.

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Nel ‘700 ogni città in Europa aveva almeno una coffeehouse: il Regno Unito più di 3000, Parigi e Londra già qualche centinaia. Punto di incontro di colti e letterati furono chiamati “scuole di saggezza” per la capacità di trasformare i luoghi di aggregazione disimpegnata in sedi di dibattiti.

Per i suoi rapporti commerciali in Oriente, Venezia fu la prima a far uso del caffè in Italia, forse fin dal XVI secolo. Nel 1615 Pietro Della Valle fu il primo ad annunciare l’apertura di uno spaccio di caffè ma solo 30 anni dopo (nel 1645) furono aperte le prime botteghe del caffè e un secolo dopo, nel 1720, apriva I battenti il Caffè Florian di Floriano Francesconi con il nome “Alla Venezia Trionfante”, ma ben presto prevalse la consuetudine tipicamente veneziana di chiamarlo semplicemente “Florian”. Una attività che ancora oggi ha i piedi ben saldi e che si è fermata in 300 anni solo per il coronavirus. Un caffè letterario nel secolo è stato protagonista di incontri, nascita di opere e cambi di scenari; un luogo magico grazie a quello che il caffè ha il potere di fare: unire, stimolare il confronto, mettere a proprio agio gli interlocutori.

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Dall’Olanda alle Antille.

Nel frattempo in Olanda arrivavano piantine da Ceylon (Sri Lanka) e Giava (Indonesia) e il caffè sbarcava sul mercato europeo. Il monopolio è durato fin quando furono regalate due piantine a Luigi XIV e da Versailles ne fu rubata una. Il ladro si chiamava Gabriel Mathieu de Clieu e in poco tempo, dalla Antille diede vita alle piantagioni di tutta l’area caraibica da Haiti alla Giamaica fino a Cuba e Portorico: copriva tutto il fabbisogno europeo.

Ad oggi però al primo posto per consumo complessivo di caffè ci sono gli Stati Uniti (16%), seguiti con l’11% da quello che è il maggior produttore, il Brasile. Il record di consumo pro-capite sorprendentemente va al nord Europa: in ordine, Finlandia, poi Danimarca e infine Svezia.

Dopo questo tour è facile osservare che ognuno dei paesi maggiormente coinvolti ha sviluppato un proprio modo di fare il caffè.

La tradizione oltre la moka.

  • Caffè alla turca
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Per prepararlo, serve innanzitutto un caffè mediamente tostato e macinato fresco oppure "pestato" in mortaio al momento. Si prepara quindi in un bricco tipico turco in rame stagnato detto cezve o ibrik che viene riempito di acqua in base al numero di tazze da preparare, aggiungendo quindi due cucchiaini di polvere per tazza.

Si porta allora ad ebollizione a fuoco bassissimo per poi riempire la tazza per metà. Poi si riporta ad ebollizione e si ridistribuisce così schiuma e liquido. Infine, si gusta lasciando depositare la polvere sul fondo. Si può zuccherare anche in fase di preparazione.

Questo tipo di caffè è in realtà diffuso anche in Grecia e nei Balcani. E’ molto diverso da quello cui siamo abituati noi italiani anche nelle modalità di consumazione: va infatti bevuto molto lentamente.

  • Caffè arabo
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Per fare il caffè arabo si utilizzano chicchi di caffè di qualità arabica macinati o frantumati al momento. Insieme poi a semi di cardamomo dal grande aroma balsamico. Si possono anche aggiungere, in base ai gusti, pistilli di zafferano alla bevanda.

Per la preparazione si usa la “Dallah”: una sorta di caffettiera alta e con becco lungo e stretto, nella quale si inserisce una tazzina di acqua per ogni ospite e alla fine una mezza tazzina in più per l’evaporazione.

Una volta portata a ebollizione, si toglie dal fuoco. Poi si aggiunge un cucchiaino di polvere ad ospite e si mescola per bene.

Si rimette di nuovo sul fuoco bassissimo e si ripete l’operazione per tre volte, portando infine a bollore. Una volta completato, si batterà la caffettiera su un piano per fare depositare la polvere sul fondo. A questo punto si può servire il caffè e si aspetta che la polvere sia tutta depositata anche nella tazzina.

  • Il caffè in Francia: French press
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Anche in questo caso, parliamo di infusione a caldo, utilizzando acqua portata a ebollizione. Si impiega un contenitore in vetro resistente all’alta temperatura.

Sono necessari 6-8 gr di polvere di caffè a grana medio-grossa per ogni tazza da 220 cc di acqua. Si versa quindi l’acqua calda sulla polvere e si mescola, lasciando in infusione per circa 5-6 minuti.

Quando sarà pronto da bere basterà chiudere il coperchio abbassando lo stantuffo a rete che filtrerà la bevanda.

  • Caffè all’americana
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È un caffè molto lungo. Una tazza infatti, contiene circa 150 ml di acqua. A differenza del caffè italiano però, è meno denso e corposo.

Questo perché si utilizza un filtro di carta dalla trama molto fitta che trattiene la maggior parte degli aromi e degli oli del chicco del caffè.

È caratterizzato inoltre da una elevata dose di caffeina pari quasi al 100% di quella presente nel caffè macinato. In più, per la preparazione si utilizzano macchine apposite.

A dispetto del nome, il consumo di questo tipo di caffè è molto diffuso anche in Europa, in special modo in Gran Bretagna.

  • Italia: Caffè espresso
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Il caffè espresso all’italiana è stretto, cremoso, intenso e profumato. Per la sua preparazione, è importante avere una buona macchina per espresso.

Operazioni essenziali poi sono controllare la temperatura dell’acqua, la pressione della macchina e la grana di macinatura del caffè.

In poche gocce avremo una tazzina di espresso con tutto l'aroma racchiuso nella crema. È importante berlo bollente e appena fatto, così da evitare che si perdano aroma e consistenza.

La grande particolarità del caffè espresso è il suo essere un vero e proprio simbolo dell’Italia. Prendere il caffè espresso al bar è uno dei riti in assoluto più caratteristici del nostro Paese.

  • Il caffè della Moka
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Nelle case degli italiani non può mancare una Moka. La macchinetta più comune per realizzare la bevanda tipica. È composta da ben tre parti.

Una base nella quale si versa l’acqua; un filtro dove si inserisce il caffè macinato e una parte superiore. Questa poi serve a raccogliere il caffè una volta pronto.

Durante la preparazione, è importante non pressare la polvere di caffè. Oltre che assicurarsi che l’acqua non superi la valvola di sfiato presente ai lati della base.

Una volta posizionata su una fiamma molto bassa, permetterà di realizzare un caffè ricco di oli, sapori e aromi.

  • Il caffè napoletano

Parliamo della famosa Cuccuma napoletana una caffettiera apposita dalla forma molto singolare. Il caffè fatto con la caffettiera napoletana è realizzato mediante il principio di percolazione del liquido attraverso un solido filtrante che in questo caso è la polvere di caffè.

La caffettiera è composta da due tazze metalliche ad incastro con un filtro al centro. Si porta quindi a bollore l’acqua e poi si rovescia: un passaggio importante affinchè l’acqua passi tramite il filtro contenente il caffè. Dopo circa una decina di minuti il caffè sarà finalmente pronto da servire.

Caffè all’italiana.

In Italia si consumano quantità al pari della metà del Nord Europa, eppure è il nostro paese ad esserne simbolo.

Carlo Goldoni scrisse la “Bottega del caffè”, nel quale si ispirò a Francesconi del caffè Florian per il personaggio di Ridolfo.

Nel 1761, Pietro Chiari replicò con un dramma giocoso “il caffè di campagna” e nello stesso periodo la canzone napoletana iniziava a rendere protagonista la famosa “tazzulella ‘e cafè”.

Il caffè si diffuse, infatti, nelle altre regioni italiane, diventando anche una bevanda casalinga, ma anche tipica dei locali popolari e delle case nobili. Inizialmente venne ritenuta una bevanda tipicamente pagana, poi riabilitata dal papa Clemente VIII. Si dice, infatti, che egli volle benedire il caffè in modo da convertirlo in bevanda cristiana, sottraendola quindi al diavolo.

  • La Cuccumella a Napoli.
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Fin dal '700 a Napoli si afferma una variante al caffè turco. La. “Cottura napoletana” si diffuse, quindi invece di cuocere la polvere dei chicchi macinati (come si fa ancora oggi in Turchia e Nord Africa) stemperandola in acqua in un bricco di rame poggiato su braci o sabbia calda, il nuovo metodo prevede il filtraggio dell'acqua bollente, fatta colare dall'alto attraverso la polvere di caffè: è il principio che fa funzionare la cuccumella. La caffettiera napoletana è un antico strumento che consente di preparare un caffè espresso più forte e dall'aroma più corposo rispetto a quello della moka. Il primo prototipo venne ideato in Francia da Morize nel 1819. Successivamente arrivò anche in Italia, in cui venne usata soprattutto per l'uso domestico. Fu a Napoli che questo strumento fu perfezionato e da qui si diffuse in tutta Italia. Moka e caffettiera napoletana non sono quindi lo stesso utensile, anche se hanno un funzionamento simile. La versione originaria di Napoli, però, non usa la pressione ma la forza di gravità per la produzione del caffè. La Moka è la più utilizzata ma ancora oggi la versione napoletana è utilizzata dagli appassionati ed è possibile infatti reperirla anche in commercio. La caffettiera napoletana viene chiamata anche "cuccumella" o "cuccuma", perchè la sua forma ricorda un vaso. "Cuccuma", infatti, è un termine che deriva dal latino "cucuma", ossia paiolo e nel dialetto partenopeo prende il significato di vaso di rame o terracotta.

  • L’Espresso a Milano.

Nel 1902, a Milano, nasce l'espresso, grazie all'invenzione dell'ingegner Luigi Bezzera: una macchina che sfruttava l'alta pressione per filtrare il macinato. La macchinetta ha in realtà più inventori, fra cui Angelo Moriondo, un torinese che presentò il primo brevetto per questo dispositivo nel 1884. Il suo progetto, però, non fu mai realizzato e commercializzato, nonostante Moriondo venga ancora oggi considerato il primo ideatore della macchinetta per espresso. In realtà, il primo prototipo di macchinetta fu presentato già nel 1855 all'Esposizione Universale di Parigi.

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Nel 1901 fu prodotto un prototipo di macchinetta del caffè, messo a punto da Luigi Bezzera sulla base del primo progetto realizzato da Moriondo, che si appoggiò alla ditta di Desiderio Pavoni per la produzione in serie delle macchinette del caffè. Questo mise le basi per un maggior interesse sia dell'opinione pubblica che della stampa per questi nuovi dispositivi per la produzione del caffè. La ditta "La Pavoni S.p.A." assunse quindi il brevetto per la produzione in serie delle macchinette del caffè. La prima macchinetta prodotta si serviva di un fornello a gas che manteneva la pressione all'interno di una caldaia. Veniva commercializzata con il nome di "Ideale". Furono poi prodotte anche per uso domestico, inizialmente senza la leva che rappresentava il meccanismo di quelle professionali usate nei bar. Nel 1977 un'azienda milanese, la "Gaggia S.p.A.", iniziò a produrre macchinette a leva anche per l'uso casalingo. E mentre nel 1933 con la Moka di Bialetti l'acqua portata a ebollizione saliva dal basso, sempre la stessa azienda nel 1938 progettò la macchinetta a pressione, che permetteva di ottenere l'espresso tipico dei bar moderni: con la crema e una maggiore densità del caffè. La novità rispetto alle precedenti macchinette era proprio il funzionamento a pressione, che sfruttava cioè un meccanismo di pistoni che spingevano l'acqua nella polvere di caffè. Successivamente la produzione di macchinette del caffè divenne sempre più industrializzata e sempre più avanzata a livello tecnologico.

Il caffè è diventato così importante per l'Italia che nel 1999 venne istituita la prima università del caffè. Un centro di formazione e divulgazione dedicato ai professionisti della filiera del caffè che fonda la sua autorevolezza sul patrimonio di conoscenza conseguito in oltre 80 anni di esperienza da Illy Caffè.

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Nata a Napoli e trasferita nel 2002 a Trieste, l’Università del Caffè fu voluta dal figlio del fondatore dell’azienda, Ernesto Illy, per promuovere, supportare e divulgare, attraverso la formazione, la conoscenza e la cultura del caffè di qualità. Questo istituto aveva lo scopo di divulgare la tradizione e la qualità del caffè. Da questa prima sede, ne nacquero molte altre in altri paesi, come l'Egitto e la Corea del Sud, tutte con lo scopo di preservare la tradizione della bevanda nera.

Il mercato del caffè oggi.

Il genere Coffea, della famiglia delle Rubiacee, conta ben 60 specie di piante ma soltanto la metà viene usata per i frutti e solo 4 sono quelle che hanno una reale rilevanza per la commercializzazione:

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  • Coffea Arabica

La Coffea Arabica, originaria dell’Etiopia e dello Yemen, viene oggi coltivata in tutte le regioni tropicali, dall’Arabia al Brasile, tra i 600 e i 2000 metri sul livello del mare, in zone dalla temperatura media di 20°C e dal clima piovoso. Si sviluppa particolarmente bene in terreni vulcanici. Viene coltivata da secoli nelle varietà Moka, Tipica, Bourbon e Maragogype. I suoi grani sono piccoli, color verde rame e hanno forma allungata e appiattita con il solco interno a forma di “s”. Il caffè Arabica dà origine a una bevanda dal gusto più delicato rispetto al caffè Robusta, più intensamente aromatica e meno amara grazie alla maggior presenza di zuccheri. Oggi l’Arabica costituisce il 70% del caffè coltivato nel mondo.

  • Coffea Robusta

Originaria dell’Africa Occidentale, è oggi coltivata in tutta la fascia intertropicale ed è molto diffusa dalle pianure ai 900 metri slm. Il suo nome scientifico è Coffea Canephora ma venne detta “robusta” in virtù della sua buona adattabilità e resistenza a parassiti, malattie, siccità e sbalzi termici, di fatti venne introdotta solo nell’Ottocento per far fronte alle malattie che avevano decimato le coltivazioni di Coffea Arabica. Il caffè che se ne ricava è più ricco di caffeina, in qualche caso anche del doppio e dunque al palato si rivela più amaro. È caratterizzato da note che ricordano il cioccolato ed rispetto all'Arabica ha i chicchi più tondi, con solco dritto e risulta più corposa, più densa

  • Coffea Liberica

Originaria delle foreste della Costa d’Avorio e della Liberia. Rispetto all’Arabica è molto più resistente ai parassiti e produce chicchi più grandi e profumati ma di qualità considerata inferiore rispetto alle altre varietà.

  • Coffea Excelsa

Anche questa varietà si distingue dall’Arabica per una maggiore resistenza alle malattie e ai climi più estremi. Fu scoperta nel 1904 e oggi viene coltivata dall’Africa alla Sierra Leone, dall’Indonesia al Vietnam. Raggiunge i 20 metri di altezza e per la sua estrema resistenza viene spesso utilizzata come porta-innesto per favorire la crescita delle varietà più delicate e pregiate.

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Secondo le statistiche dell’International Coffee Organization, i maggiori produttori mondiali di caffè sono: il Brasile (che produce quasi un terzo del caffè nel mondo), il Vietnam, la Colombia e l'Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico, Guatemala, Honduras, Perù, Etiopia, India. Il mercato del caffè però è in mano a poche multinazionali, una ventina di società, e soltanto una di queste 20 aziende che controllano il mercato appartiene a uno stato che è anche grande produttore.

Questo sistema non avvantaggia di certo i produttori che riescono ad avere prezzi all'origine molto bassi, il che non consente agli stati produttori di arricchirsi come potrebbero se avessero maggior potere contrattuale. Questo vale soprattutto per quei paesi come Uganda, Ruanda ed Etiopia che sopravvivono grazie al caffè, in quanto rappresenta la prima fonte di reddito. Questi paesi sono molto esposti al rischio di speculazioni e subiscono molto le fluttuazioni del mercato.

Agli inizi degli anni '90, il valore globale del caffè era di circa 30 miliardi di dollari, di cui 12 andavano ai paesi d'origine; dieci anni dopo era arrivato a 65 miliardi, di cui però solo 5,5 miliardi rimanevano ai paesi produttori!

Caffè: come è nato l'amore? Leggenda, storia e mercato

Oggi la coltivazione del caffè avviene raramente nel territorio italiano, nonostante la bevanda sia insostituibile per la maggior parte degli italiani. In Sicilia è stato fondato il primo caffè completamente prodotto in Italia, dalla prima coltivazione alla trasformazione. Le piante vengono coltivate nelle campagne di Palermo e in città avviene il processo di torrefazione. Le piante usate sono di origine araba e la raccolta dei frutti avviene manualmente in modo da operare una selezione accurata del prodotto. Vengono utilizzati anche gli scarti in genere eliminati della produzione del caffè: con la buccia delle bacche si produce una tisana al caffè.

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