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Dalla pasticceria alla pizzeria, il mondo è crudo: quando abbiamo smesso di saper cuocere le cose?

Breve considerazioni sul difetto gastronomico che più detesto: la cottura sbagliata

Dalla pasticceria alla pizzeria, il mondo è crudo: quando abbiamo smesso di saper cuocere le cose?

Siamo in un mondo di tartare, di battute al coltello, di carpacci: molte tra queste tecniche sono anche - e purtroppo - involontarie.

Ridete, ridete pure sotto i baffi, perché avete già capito: almeno una volta nella vita, tutti noi hanno beccato la pizza tartare, cioè la pizza completamente cruda all'interno.

Attualmente, la gastronomia è un mondo crudo, spesso risultato involontario di pratiche di cottura andate a male. Andiamo al sodo: ne parlavo qualche giorno fa con Antonio Lucifero, memori di trascorsi da assaggiatori di sfogliatelle, ognuno dal proprio lato. Con lo scorrere del tempo non ci siamo inteneriti, anzi: se possibile siamo diventati ancora più esigenti.

Al di là dello sfogliatour, ci proviamo ormai da un paio d’anni e puntualmente restiamo delusi: tocca cercare molto per trovare una pietanza, ormai, che sia perfettamente cotta. Che sia una pizza, che sia un dolce: tutto ciò che prevede una temperatura alta-altissima oppure un lasso di tempo prolungato e temperature più dolci per una “cottura” uniforme (laddove per cottura non uniforme c'è da intendere palesi difetti come pastafrolla/sfoglia cruda o ancora cornicioni bucati ed “ammassati”) spesso viene “tralasciato”, magari infarcendo il dolce o il disco di pasta con ingredienti di altissima qualità ma… sostanzialmente, il prodotto crudo era e crudo rimane. A volte si cerca di camuffare il tutto mangiando il prodotto molto bollente, ma l’arcano si svela dopo il primo minuto e mezzo nel piatto o nel cartoccio.

Esempi eclatanti?

- Sfogliatelle: io e Lucifero ne avremmo provate di una cinquantina di pasticcerie diverse (le prove? Report di Antonio e miei pezzi su Dissapore) riscontrando (nell’80% dei casi) la sfoglia o la frolla crude. In alcuni casi, era soltanto un “filino” di umidità che intercorreva tra la farcitura ed il guscio esterno; in altri casi, erano degli ammassi di pasta condita con strutto avendo il maiale ancora vivo, praticamente.

- Pizza: il capitolo pizza è pingue e davvero demoralizzante. Al netto del leitmotiv della ricerca, dello studio, con tanto di hashtag personalizzati, trovare una pizza che abbia una cottura uniforme ed adatta alla propria tipologia è merce rara. Non nascondo che ormai, nelle mie preferenze, ai primi posti ci sono pizzerie che propongono prodotti cotti non dico rasentando la perfezione ma quasi.

Ho riportato due esempi, ma ce ne sarebbero molti altri: come ho detto all’inizio di questo breve J’accuse, il ramo della cottura – in tutte le svariate accezioni: un prodotto è cotto quando è cotto, quando la materia di cui è composto il nostro piatto raggiunge una temperatura che la valorizza a pieno – è vistosamente tralasciato. Proviamo a tracciare qualche motivazione. Lasciatemi le vostre nei commenti, ché magari ci aiutano a delineare un quadro ancora più completo.

- Velocità. Vogliamo fare troppo prodotto, insomma, con cotture spesso opposte tra di loro. Dalle pizze che necessitano di una cottura spinta a quelle “a bocca di forno”, passando per forni settati per cuocere una teglia di frolla e che magari non ce la fa a cuocere un cestino di sfoglia.

- Inesperienza. Capitolo sempreverde quello dell’inesperienza. Niente sai fare, perché sei giovane, perché non hai “talento”, perché non vuoi studiare? E allora sai che ti dico: ti metto a cuocere le cose. Il tuo capo o chi per te ha deciso ci ha regalato bei mal di pancia, ma tranquillo: spesso non è colpa tua. Ti ci mettono vicino al fuoco tentando di farti diventare Prometeo, senza farti studiare però.

- Attrezzatura non conforme. Eh, da non sottovalutare. L’attrezzatura – forni a legna, forni elettrici, quant’altro intercorre – può non essere adeguata al tipo di prodotto che vogliamo cuocere. Dai forni elettrici per i dolci, che spesso non raggiungono le temperature desiderate, passando per i forni a legna che possono avere dei difetti (piano con una conduzione non ottimale, dispersione di calore, eccetera). Gli strumenti da lavoro spesso concorrono alla cattiva riuscita di un prodotto.

- Clienti anestetizzati dal piacevole ricordo. Spesso non si mangia veramente, soprattutto quando si gusta qualcosa che appartiene alla nostra storia e cultura gastronomica, si finisce in una sorta di loop temporale in cui sin dal primo boccone cancelliamo ogni tipo di valutazione critica, estetica e tecnica, un po' come avviene per la cucina della mamma che è sempre la migliore. Azione che non commetteremmo se fosse un prodotto assaggiato per la prima volta o di non nostra pertinenza, ed è così che ovunque vediamo pizze evidentemente crude e dolci cotti male essere elogiati come miglior realizzazioni di sempre. Quanti mordendo una sfogliatella o azzannando una pizza dal nuovo pizzachef del secolo, guardano (o sentono) cosa realmente stanno ingerendo? Ed è così che la mancanza di attenzione e la fiducia totale del cliente si traduce in mestieranti che non sono consci di non aver mestiere. Guai a dirlo! nessuno si è mai lamentato.

Parafrasando una regina, Il popolo ha fame? Che mangino crudité!

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