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Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

Bonny Ferrara de "Il Faro di Capo d'Orso" dalla droga a miglior maitre d'Italia

Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

Andare al ristorante può essere una esperienza pari ad un magnifico spettacolo in cui siamo proprio noi ad essere i veri protagonisti. Siamo noi i giudici, siamo noi la misura su cui viene cucita l’esperienza, siamo noi l'applauso e i fischi, siamo noi che sempre più spesso scegliamo la guest star che vogliamo ci prepari piatti indimenticabili.

Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

Linguine Pastificio dei Campi, garum e carote.

Sì, ma... cosa sarebbe tutto questo se non ci fosse l’assistente al montaggio, l’ispettore di produzione , il direttore delle luci, il produttore esecutivo?

Queste figure si fondono in quello che è il ruolo del restaurant manager.

È questo il ruolo di Bonny Ferrara: maitre di sala e sommelier del ristorante Il Faro di Capo d’Orso.

È questo il ruolo di chi deve tenere sempre viva l’attenzione del cliente, deve fare da mediatore tra la sala e la cucina, di chi deve occuparsi di far sorridere il cliente prima ancora che assaggi il piatto, di chi deve essere guida, supervisore e consigliere.

Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

Bonny Ferrara, all’anagrafe Bonaventura (il nome del nonno), classe 1994, è cresciuto nella sala del ristorante di famiglia ed proprio grazie ad essa che ha svoltato la sua vita.

Bonny come nasce il tuo rapporto con il mondo del food?

Nasce forse prima ancora che nascessi io, perché mio padre ha un ristorante di famiglia che è Il Faro di Capo d’Orso e quindi fin da piccolo ho vissuto, respirato quell’ambiente. Quando facevo i capricci per poter stare con mio padre, che finiva molto molto tardi, restavo al ristorante e mi addormentavo sui sacchi di farina in dispensa.

Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

Il ristorante è stata la mia vita da sempre. Da piccolo però lo vivevo male perché era ciò che mi toglieva mio padre ogni giorno e ancor di più nelle festività, proprio quei momenti che hanno come base lo stare insieme. Poi in seguito ho potuto evolvere la mia visione e conquistarmi il mio posto.

È evidente sia cambiato il tuo rapporto con il Ristorante e la Sala. Cosa è cambiato?

Indubbiamente. Da adolescente ho vissuto molto male il mio stare in sala, anche se nessuno mi ha mai obbligato ed ero io a volerlo fare ma avevo spesso ripensamenti. In adolescenza purtroppo ho intrapreso strade sbagliate, mi sono avvicinato al mondo delle sostanze stupefacenti che mi hanno ovviamente portato a scelte sbagliate, a fare tanti errori. Fino a quando i miei genitori non hanno deciso che era il momento di darmi una mano decisiva e sono entrato in una comunità per tossicodipendenti. Dopo un anno e mezzo di terapia -lo dico cono orgoglio- ne sono uscito. E da lì e iniziato il mio discorso di rivalsa.

Cosa è cambiato nell’approccio lavorativo?

Mi sono avvicinato alla sala con uno spirito diverso, con una consapevolezza e una serietà che poi ne hanno fatta la mia passione. Mi sono accorto che precedentemente non lo facevo davvero con decisione.

Dopo il periodo di comunità mi sono concentrato molto su me stesso, sul mio cambiamento e sul mio sogno: diventare come mio padre. Mio padre è stato il più giovane sommelier di Italia per l’AIS, ha vinto una serie di premi come sommelier in Campania. Sono fiero di dire che è stata quella la spinta perché mio padre è diventato il mio obiettivo da raggiungere.

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E hai raggiunto l'obiettivo?

Negli anni mi sono impegnato e mi sono appassionato, ho studiato e lavorato sempre a testa bassa; fino a quando sono arrivati i primi riconoscimenti come Miglior servizio di sala di Italia, maitre dell’anno, la mia presenza tra i 30 under 30 della lista di migliori sommelier di Italia per Gambero Rosso. Così ho cominciato a sentirmi sempre più vicino a mio padre ed alla mia sala.

E oggi sono il Restaurant Manager di Capo d’orso e del nostro ristorante Il Faro di Capo d’Orso (ndr insignito della preziosa Stella Michelin nel 2005) che ad oggi vanta anche la presenza dello chef Francesco Sodano (classe 1988), subentrato nel Marzo 2019.

Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

Bonny Ferrara e Francesco Sodano, Restaurant manager e chef de Il Fato di Capo d'Orso.

Ovviamente non mi sento arrivato: continuo a spingere, cerco di mettere in pratica, fare frutto di ciò che ho imparato dalle mie esperienze senza ricommettete gli stessi sbagli. Sicuramente commetto ancora errori ma faccio del mio meglio perché non accada e per essere anche risolutivo.

Qual è il tuo rapporto con i clienti?

Il mondo del vino e della sala è spettacolare. Un mondo in cui ogni giorno ti metti in discussione perché c’è sempre da imparare e soprattutto c’è uno scambio forte e costante di opinioni, di conoscenze e di curiosità con il cliente. Cerco di donare ad ogni cliente una esperienza che spero lo emozioni e lo arricchisca e allo stesso tempo ogni cliente mi arricchisce, a sua volta, in esperienza e preparazione.

Questo è ciò che mi fa innamorare del mio lavoro. Dico sempre ai miei ragazzi di sala quando arriva un cliente “comincia lo spettacolo, aprite il sipario!”

Il coronavirus ha cambiato tutti gli scenari e continua a metterci di fronte al mutamento rapido della esperienza ristorativa. Come immagini la tua amata sala nel futuro? E come cambierà il cliente?

Nella sala del futuro non posso immaginare alcun plexiglass, immagino piuttosto un deciso cambiamento da parte nostra con il nostro approccio. Noi uomini di sala dovremo essere degli psicologi, leggere il cliente, dargli e conquistarci fiducia, ci spetta essere persone sicure e che danno sicurezza.

Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

All’inizio ci saranno delle mascherine, sicuramente, ma credo che il grande lavoro sia quello che riusciremo a fare con il nostro modo di fare, con l’abilità di far sentire il cliente tranquillo e con le capacità di far sentire tutelato in primis il cliente che si sta affidando a noi nel momento in cui barca la nostra soglia. Nel nostro caso il 60-70% dei clienti con cui lavoriamo provengono dall’Italia ma credo che almeno per il periodo iniziale ci sarà da focalizzarci sul cliente locale, campano. Man mano poi bisognerà certamente riaprire gli orizzonti. Certo è che cambierà tutto.

Come hai vissuto questo distacco forzato dal lavoro?

La quarantena mi ha fatto riflettere, come uomo e come professionista ma soprattutto mi sta facendo studiare. È stato un buon momento per rispolverare conoscenze e scoprire nuovi vini, nuove tipologie di servizio e per puntare ancora più strettamente all’obiettivo.

Penso decisamente, a maggior ragione in un momento di ripartenza, che "chi osa, vince" quindi dovremo spingerci oltre i nostri limiti per prenderci le nostre future vittorie.

Bonny, chi sei oggi?

Oggi sono un umile ma determinato sognatore. Non mi sono mai fermato e continuerò a imparare, cambiare, migliorare ed essere un bravo "padrone di casa". Il mio lavoro è raccontare, intrattenere ai tavoli e spero di tornare presto ad tirar su il sipario.

Dalla droga a miglior maître d'Italia. Bonny Ferrara si racconta.

Bonny è pronto a ripartire, lui che non si è mai arreso. La scena si apre su una vista mozzafiato, la camera stringe su Bonny Ferrara e... (re)azione!!!