“E se la pioggia fosse di bitter Campari?” Luca Picchi farebbe Negroni!
Luca Picchi, manager gruppo Valenza Gilli 1733 e Paszkowski ripercorrendo l'ignoto futuro dei cocktail bar
Fino al 2013 alla parola “Negroni” la mia unica risposta sarebbe stata: “Tuost ’”, ovvero “tosto”, “duro”,”pesante”.
E si perchè l’unica associazione mentale relativa a questa parola, a questo drink prima di quegli anni era qualcosa di davvero pesante, forte, ardua da buttar giù.
Erano gli anni in cui si andava di cocktail in plastica al prezzo di 4 euro. Erano gli anni in cui la cura del drink non era così diffusa come oggi e, seppur sempre presente l’eccellenza, non ci si soffermava più di tanto nel capire se quel vodka tonic fosse di qualità eccelsa o meno. Perchè si ahimè, erano gli anni della vodka.
Erano gli anni in cui i bar per lo più avevano luci al neon sterili e freddi, bianchi e illuminati alla maniera di un supermercato. Erano gli anni in cui si girava tra locali di serata in serata. Dunque il miscuglio in uno squallido bicchiere in plastica era solo un oggetto di contorno senza equilibrio e senza armonia, che faceva da scettro di onnipotenza (e preparatore) a tutto il reso.
Poi arrivò il 2014. Arrivò Berlino prima e Barcellona poi. I botanic stavano iniziando a farsi strada tra i fiumi di merda della generazione dei vodka redbull. I botanic furono una rivelazione, l’illuminazione celeste che aspettavo. Di lì in poi le cose cambiarono. Iniziò a cambiare il palato, iniziò la curiosità, iniziò la ricerca dell’eccellenza e dell’equilibrio; dai sapori morbidi iniziai a preferire i netti e decisi, secchi e severi: ”bitter & sour, basta vodka, voglio Ginne!!!”
La vecchiaia Incalzava “la vita è così breve per sprecare tempo a bere merda” pensavo..stavo crescendo.
Il primo incontro da adulto col Negroni iniziò così come all’improvviso. Partii un passo alla volta, prima il piede destro poi pan piano il sinistro: partii con quello “sbagliato”.
Fu amore. Come a prima vista. Era la spada di Artur che finalmente ero riuscito ad estirpare dalla roccia. Era quello che avevo sempre cercato. Non c’era Alfredo senza lo Sbagliato. Si perché tutto sommato penso di esser sempre stato totalmente “sbagliato” (io!) proprio come quel drink.
Arrivò Amsterdam, poi Londra e la Germania ancora. Era il periodo dove prendere l’aereo era come prendere l’autobus.
Al Tales & Spirits le cose cambiarono. Cercavo ristoro e “riposo” delle luci dei canali.
“Negroni in a wrong way”
“N E G R O N I S B A G L I A T O ! NO GIN BUT SPARKLING WINE”
”N E G R O N I S B A G L I A T O ! NO GIN BUT SPARKLING WINE, champagne..."
"..fa che cazz vuò tu.”
Ero stanco afflitto e nervoso...come non potevano conoscere il MIO Sbagliato?
Ero stanco..e avevo sete.
La mia armatura d’un tratto crollò..si frantumò al pavimento sotto la luce soffusa di quegli enormi lampadari di cristallo..ed io mi sentivo inerme..e sconfitto. Potevo trovar rimedio in qualunque altra cosa..ma io desideravo solo LUI.
Arrivò un bicchiere basso, striato, colore rosso intenso, scorza di arancia e una bowl di ghiaccio. Oddio cos’è? L’iceberg del Titanic?!
Sorseggiai con quella indifferenza dettata dall’ orgoglio ma insita di curiosità e brama di scoperta...gomito in sù..quell’ignoto intruglio iniziò a scender pian piano inondando la mia bocca.
Le mie papille gustative furono avvolte da quel bitter..il gin, il vermouth..le mie papille gustative stavano impazzando..erano fuori controllo..si dimenarono in un viaggio mistico...esoterico: magico.
Fu lì, nella penombra, avvolto dalle luci soffuse di quei lampadari di cristallo e comodamente seduto in una vecchia poltrona di pelle marrone...che incontrai Camillo.
Gli anni incalzarono..l’età pure. Quelle proporzioni mi affascinavano. 1/3, 1/3, 1/3: era l’equilibrio strutturale che da umano non ero mai riuscito a raggiungere. Il Modulor di Le Corbusier.
Dovevo indagare..studiare..sapere..scoprire.
Iniziai col Jerry Thomas, poi il Dry Martini, poi The Clumsies, Baba au rum, L’Antiquario, 1930. Avevo letto di quest uomo. Di colui che finalmente ne aveva ricostruito le gesta, colui che aveva ridato onore e gloria a Camillo.
Mi ritrovai a Firenze..per amore..in meno di un mese avevo gustato, testato e mandato indietro decine e decine di bicchieri. Tutti Eccelsi, tutti con il loro perchè e con interpretazioni delle proporzioni differenti. Ero a Firenze e avevo voglia di incontrarlo.
Dopo svariati tentativi andati in fumo..lasciai da parte vergogna emozione e timore e provai per l’ultima volta.
Era una domenica di aprile del 2017. Era Pasqua. 30 e più gradi fuori.
Entrai in quel caffè storico con l’animo già sconfitto in partenza..senza pretese e senza illusioni.
Entrai..e dopo essermi fatto spazio tra il mare di turisti..un sorriso mi catturò..ed il mio cuore si fermò.
Dietro quell’alto bancone di marmo, assistii ad un valzer di eleganza ed armonia. Un susseguirsi di gesti e manualità collaudata dall’esperienza. Un balletto di mani e braccia, di jigger e spoon, di pinza e strainer, di bitter e gin, di vermouth e ghiaccio.
Gli angeli suonavano le trombe in cuor mio.
Ero lì fermo ed immobile, incantato ed esterrefatto, con la stessa gioia di un bambino che incontra il suo superhero o idolo.
Erò lì al bancone..e c’era Luca Picchi davanti a me.
Fortunato Depero per una campagna pubblicitaria del bitter Campari chiedeva:
E se la pioggia fosse bitter Campari?
Io risponderei:
Luca Picchi farebbe Negroni!
Allora Sig Picchi come stai vivendo questa pausa?
Ecco le mie chiacchiere alle tue domande
Partiamo dal fatto che nella vita ho sempre combattuto, lottato, sofferto in molte occasioni ma ho sempre trovato una via per ottenere quello che volevo. Anche se sono un inguaribile ottimista a Novembre/dicembre già mi preoccupavo per quello che sarebbe potuto succedere anche qui da noi. Questo 2020 non è un anno facile per me perchè ho avuto una serie di lutti in famiglia, per fortuna non a causa COVID e quindi ho potuto salutare i miei affetti. Detto questo il mio lockdown è stato...fantastico. Mi sono dedicato ai miei figli, a mia madre, ho progettato ben 2 nuovi libri che spero diverranno realtà e ho fatto, come tanti, una serie di lavoretti che trascuravo da tempo. Sono preoccupato però per il momento che stiamo passando in Italia.
Mi parlii di lei, della sua storia e di come ha portato alla “rinascita" e agli albori il cocktail più “nazionale” d’italia: il Negroni.
Ho iniziato giovanissimo a 13 anni a sciacquare i bicchieri nella discoteca di mio zio a Castiglioncello dove passavo dalla nonna tutte le mie vacanze scolastiche. Gia allora quel mondo mi attraeva. Erano anni eccezionali per la voglia di divertirsi della gente, per la musica, per la prosperità. Poi diventai bar back, poi barman, disc jockey, guardarobiere e di nuovo barman. Non ho fatto l’Alberghiera, ma feci un corso nel 1984 che mi spalancò la mente allora non c’era niente, n’è libri, n’è internet, n’è scuole, n’è tendenze. Dovevi sgobbare duro per conoscere e imparare. Il lavoro da barman lo facevo per mantenermi agli studi universitari, ma poi la passione ha preso il sopravvento. Nel 1993 mi sono trasferito all’isola d’Elba dove ho aperto un locale che poi ho lasciato nel 1997 decidendo di trasferirmi a Firenze e cambiare vita. Ero stanco della notte. Decisi di entrare in un bar storico il caffè Rivoire dove sono rimasto fino al 2017 e da allora sono bar manager del gruppo Valenza per i locali di Gilli 1733 e Paszkowski. Nel 2019 sono stato insignito del titolo di miglior bar manager d’Italia nei Bar Award. Amo questo lavoro e mi sento fortunato perchè ho addosso gli stimoli che avevo a 20 anni. Stay Hungry, Stay Foolish.
Il Negroni ormai non è più il drink da "uomo duro”, c’è stato negli ultimi anni un approccio anche femminile a questo. Saran state le infinite reinterpretazioni a smorzarlo?
Il mio legame profondo col Negroni si perde nella notte dei tempi ma in poche parole la molla sono state le innumerevoli storie che ci giravano intorno ma senza uno stralcio di verità. Chi era Camillo Negroni? Dove e quando era nato? Era davvero esistito? La curiosità e il rispetto nei confronti dei vecchi barman che concordavano sulla fiorentinità del cocktail Negroni e che ne raccontavano orgogliosamente la storia vera o presunta, mi hanno spinto a cercare, indagare. Dopo le prime tracce è diventata un’ossessione, una febbre che mi ha portato dove sono. Molto lo devo (lo dobbiamo) alla famiglia Negroni, in particolare Lamberto, nipote del conte.
Io credo che l’inarrestabile ascesa a livello globale del Negroni sia data da una serie di motivi: il radicale mutamento dei boozers americani che fino a 15 anni fa bevevano tendenzialmente sweet, creamy, frozen e d’un tratto scoprono il sapore amaro. L’ascesa e la riscoperta di prodotti veramente di alta qualità come Gin e Vermouth e guarda caso sono 2 dei 3 ingredienti del Negroni. Il terzo elemento originale, il Bitter Campari, col suo gruppo ha poi contribuito al rilancio di questo drink e alle celebrazioni del centenario nel 2019. Per me è stato un sogno che avevo nel cassetto. E forse il mio modesto contributo culturale e la scoperta documentata di una storia sconosciuta ai più.
Bere Negroni al di là del sesso che lo sorseggia è un atto elegante, maturo. Si beve la storia e si gode, soprattutto se ben fatto.
Parlare di Negroni inevitabilmente si parla di Luca Picchi, ma qual è il suo drink preferito?
Io bevo sempre volentieri Champagne...ghiacciato....pas dosé. Il mio preferito è il Cristal rosé.
Si parla tanta di Delivery ed E-commerce. Qualcuno è già corso a questo “riparo” qualcuno è già partito dalle origini a farne filosofia di lavoro. Cosa pensa a riguardo?
Queste due nuove frontiere sono opzioni di necessità, ma (mi sono informato da alcuni colleghi che già lo fanno da mesi) mi dicono che non hanno grossi margini. Io credo che appena si troverà il vaccino e il Mondo sarà sicuro di non contagiarsi torneremo ad una normalità che sarà diversa. Il COVID 19 sta cambiando molte più cose dell’11 Settembre o del Muro di Berlino.
Cosa si potrebbe fare?
Se avessi la soluzione a cosa fare, la venderei a caro prezzo. Non ne ho idea. La situazione è in continua evoluzione. Posso solo affermare di essere sempre pronti, un passo avanti alla concorrenza, se possibile.
Siamo orami in fase 2: quella della ripresa con le limitazioni. Come cambierà il feeling tra barman e cliente?
Passerà molto tempo ancora prima che un cliente riesca ad avere un attimo di confidenza stretta con il barman. Poi... pian piano torneremo a nuovi approcci. Dipende molto anche dalla fantasia e dalla creatività dei bartender.
Il momento di intimità ”sacra” sarà solo un vecchio ricordo?
L’intimità tornerà meglio di prima appena tornerà la sicurezza di poterlo fare. Ne avremo di cose da raccontarci, no?
Cosa dovrà avere o su cosa dovrà puntare il barman del “futuro"
Cose semplici ma che coinvolgano il cliente, food pairing, accoglienza e servizio (che in Italia spesso lascia molto a desiderare), preparazione maggiore, anche teorica sulla materia.
Andiamo avanti nel ragionare sullo scenario possibile.
Scenario futuro... ci sarà da soffrire, molto, a lungo, anche perchè mi sembra che lo Stato almeno il nostro settore, lo abbia quasi dimenticato. Molti cambieranno mestiere, quelli che lo facevano senza passione scompariranno. Chi è capace e preparato col tempo avrà una nuova opportunità.
Conclusioni?
Le conclusioni sono che spero tanto che questo tempo che abbiamo passato prigionieri in casa sia servito a renderci persone migliori e ci sia stato utile per raccogliere nuove idee e nuovi stimoli per la ripartenza.