Ernesto Iaccarino: "Penso che la parola sostenibilità nell’ultimo periodo sia stata un po’ svilita. L' esempio è più importante delle parole"
Ernesto Iaccarino, tra Don Alfonso 1890 e Le Peracciole: Healty food e vera sostenibilità
Roseo: lieto, sereno, spensierato. Spesso associato alle parole speranza, futuro o avvenire a manifestare ottimismo.
Il colore Rosa conferisce passione e vitalità nell’amore per altri e per se stessi. La caratteristica principale di questo colore è quella di alleggerire la mente e di fugare pensieri negativi che vi si possono annidare, ma simboleggia anche la capacità di aprirsi verso il prossimo. Questo avviene in un continuo ed equilibrato scambio tra il dare e il ricevere. La dote più grande per chi predilige questo colore è la facilità con cui può entrare in contatto con tutto quello che lo circonda attraverso i sensi.
Non so agli altri ma a me pare l’esatta descrizione di ciò che si prova, si sente e si mastica già solo entrando al Don Alfonso. Non si può raccontare il senso di gioia che si prova solo ad entrare in quella magnifica sala ricca di colore con quel rosa illuminante che non ti chiede altro che sorridere e quello sarà il trend dell’intera permanenza: il sorriso, che al Don Alfonso riescono a stamparti sul volto dall’inizio alla fine. Il colore, il rosa, l’esplosione di ottimismo ti abbraccia e non puoi far altro che saltare rapidamente e spensieratamente dai colori floreali delle sedute al pavimento bianco ed a spina di pesce, che sembra quasi direzionarti in sala per poi accompagnarti verso la cucina. Come in una vera famiglia il centro di tutto, il motore della casa è la cucina; lì dove i segreti si raccontano e la fantasia si scatena c’è Ernesto Iaccarino.
Illustrazione di The Animismus
I decori in cucina sono l’ennesimo boato di colori, in netta coerenza con tutto quanto viene impiattato del resto. Vi sono perfette riproduzioni dei disegni delle maioliche originali del ‘700 presenti in cortile, un cortile che fa da cornice ad un quadro che non puoi non fermarti a contemplare: il giardino, la villa, la piscina, la casa del poeta. Per tutto l’iter dell’esperienza dalla parte gustativa a quella visiva, dal fattore emozionale a quello estetico, dai cenni storici ai particolari di design, dalle scelte dei colori alla scoperta delle zone più nascoste della struttura (la cantina), dall’healthy food alla tradizione, insomma il Don Alfonso è un paradiso in terra sotto tutti i punti di vista: cibo, accoglienza, compagnia, sorprese e... sorrisi.
L’ottimismo e lo sguardo rivolto ad un futuro più roseo, per la famiglia Iaccarino, sono sempre stati la base della genuinità degli ingredienti e del loro fiore all’occhiello cioè la loro azienda agricola Le Peracciole a Punta Campanella; perché seppur seduti nel centro di Sant’Agata sui due Golfi vi ritroverete per tutta la cena con lo sguardo a Punta Campanella, lì dove la famiglia Iaccarino ogni cosa produce nel massimo del rispetto dell’ambiente, della tradizione e della storia. Il tutto rende ancor più forte il legame che da subito si instaura con questo posto e ancora più diretto il catapultarsi nella visione di cucina e di arte di Ernesto Iaccarino.
Ernesto è innamorato del cibo fin da bambino. “Un amore che mi ha portato a finire in cucina, nel luogo che amo di più” è questo ciò che mi ha detto. Laureatosi a 25 anni in economia e commercio, oggi è chef del Don Alfonso 1890, 2 Stelle Michelin e Miglior Ristorante di Italia nonché TERZO al mondo con uno score di 98.5 per LA LISTE.
Buongiorno Chef, come sta prima di tutto? Come ha trascorso questi giorni?
Ho trascorso una quarantena serena in cui mi sono goduto il mio piccolino di 3 anni, mia moglie, i miei genitori approfittando del tempo a disposizione, dato che di solito non riusciamo nemmeno a vederci. Sto bene e resto comunque in attività: anche se siamo bloccati in casa, come tutti, e non possiamo vivere quella che era la nostra normalità, mettiamo a frutto anche la parte dedicata alla creatività.
Sta mettendo a punto nuove idee per la carta?
Sto in piena attività. Sto provando molte cose: ho 20 piatti nuovi, lavoriamo ad un tavolo abbastanza ampio avendo più tempo, perché magari ci sono piatti che in passato non avevamo avuto il tempo di testare. Di certo non andranno tutti in carta ma voglio arrivino tutti ad un certo livello di equilibrio, complessità e tecnica. Quindi mente lucida e mi godo anche questa parte dedicata alla creatività.
Paccheri, cacio, pepe, spinaci e scorfano.
Avreste dovuto riprendere da oltre un mese e per ovvi motivi non è stato possibile. Ci state pensando? Come state preparandovi?
Avremmo dovuto aprire il 1 Aprile con 50 dipendenti al Don Alfonso e ancora non è chiaro quando si potrà anche perché vorremmo farlo in sicurezza assoluta sia per i dipendenti che per i clienti. È un momento di riflessione: decideremo la data di apertura non in base alle date che ci comunicherà il Governo ma in base alla sicurezza ed alla scelta delle misure di tutela. Io stavo pensano di sottoporre ad un test sierologico tutti i miei dipendenti e al limite richiedere ai clienti che vengono da noi l’esito di un test sierologico non più vecchio di 7 giorni. Io sono responsabile per la salute dei dipendenti e dei clienti per cui voglio essere molto serio. Solo la scienza può darci certezza di vivere in un ambiente di lavoro non contaminato quindi bisogna trovare una soluzione a monte.
Ci sarà uno stravolgimento nella ristorazione: dal cambio approccio dei clienti a quello con i clienti. Come pensa di affrontarlo? Come cambierà la sala, a proposito di sicurezza?
Posso assicurarti che non ci sarà cambiamento nell’approccio con i clienti. Non si vedrà il sorriso perché coperto dalla mascherina ma noi napoletani siamo grandi comunicatori, capaci di comunicare con i gesti, con lo sguardo. Confido nei miei ragazzi, so che in tutti modi trasmetteranno e faranno capire l’amore con cui accogliamo i nostri ospiti nonostante l’imbardatura.
Per il distanziamento sociale necessariamente saranno dimezzati i coperti e quindi ci starà anche la metà dello staff. Quindi ci setteremo su la metà di quanto facevamo prima. Ho la fortuna di avere uno staff di ragazzi molto giovani, quindi non hanno avuto bisogno di interventi extra da parte nostra oltre quelli dello Stato. I ragazzi stanno bene. Settimanalmente, li sento tutti; hanno chiaro il momento e stanno tranquilli. Attendono.
Mario Iaccarino con lo staff di sala.
Quanto è cambiata la sua quotidianità?
È cambiata moltissimo, considera che noi abbiamo 3 consulenze all’estero e altre 2 in Italia, in più avremmo avuto una nuova apertura in USA ad Agosto ed è stata posticipata a Novembre. In Cina, riapriremo il 6 Maggio, la Nuova Zelanda ha già riaperto il 1 Maggio e siamo fermi a Toronto. Eppure la cosa che più mi colpisce è che riesco a far addormentare mio figlio la sera, una cosa che nella mia vita non ho mai fatto quindi, credimi, sono preso dal godermi questa parte. Io dico sempre che in ogni brutto momento ci sono delle cose positive; ecco è il momento di concentrarsi sulle cose positive che possiamo fare. Mettiamo a frutto queste oggi e poi “domani” si torna fare il professionista.
Ha sempre rimarcato molto il concetto di healthy food e dieta mediterranea. Pensa che il Don Alfonso debba sostenere un cambio di offerta?
La nostra offerta non si cambia anzi penso che il coronavirus debba essere una opportunità poiché ci ha dato tempo di riflettere per provare al alzare l’asticella da un punto di vista di creatività ma anche da un punto di vista di disponibilità umana nei confronti del cliente. Già al Don Alfonso il cuore c’era in ogni piatto e anche nell’accoglienza c’era una attenzione particolare. Il cliente è sempre accolto come se fosse un amico di vecchia data che viene a trovarti per pranzare insieme e come tale, come uno di famiglia verrà trattato anche sulla scelta dei prodotti, delle materie prime. La sostenibilità è fondamentale in questo momento e la dieta mediterranea, lo stile di vita mediterraneo è un punto di riferimento oggi ancor più di prima, come da 45 anni che svolgiamo questa attività.
Ernesto Iaccarino in cucina.
Ecco a proposito di sostenibilità, come è nata Le Peracciole?
Nel 1990 abbiamo venduto una villa per comprare una azienda agricola che è biologica, in cui produciamo erbe, verdure, ortaggi, olio extravergine d’oliva, miele. Parliamo di 10 ettari. In termini di quantità non è che si può produrre tantissimo ma produciamo quasi tutto quello che occorre per il Don Alfonso. Penso che l’esempio sia più importante delle parole: l’esempio è un fatto e noi abbiamo fatto qualcosa per andare in una certa direzione. Penso che la parola sostenibilità nell’ultimo periodo sia stata un po’ svilita perché la vedo associata a tantissimi archi industriali e commerciali, quindi io direi che è arrivato il momento di fare una riflessione sintetizzata alla grande da Papa Francesco in una delle sue omelie: “come fa l’uomo a pensare di vivere sano su un pianeta malato”.
Gelato d'anguilla, un cult.
Come crede si possa intervenire sul pianeta?
Dal 1975 ad oggi siamo passati da 4 miliardi a circa 8 miliardi di abitanti sulla Terra, quindi abbiamo dovuto sfamare il doppio della popolazione. Ti lascio immaginare che la maggior parte delle multinazionali ma anche dei produttori si siano concentrati sulla capacità produttiva. Ragion per cui chimica e tecnologia si sono messe al servizio dell’uomo per sfamare il pianeta. Io penso che non possiamo più permettercelo e che vada completamente rivisto il modello con il quale abbiamo prodotto massivamente in agricoltura e negli allevamenti di bestiame. Le scienze, la chimica e le tecnologia odierne ci hanno permesso di arrivare sulla Luna e non mi spiego come si possa ancora parlare di pesticidi che stanno decimando le api o di fertilizzanti che via fiume arrivano a distruggere spiagge tra le più belle del mondo, non mi spiego come sia possibile vedere esseri umani che vanno in terapia antibiotica e sono autoimmuni agli antibiotici. Tutto questo non è più tollerabile, spero che il coronavirus ci faccia fare una grande riflessione. La produzione che c’è stata fino ad oggi non va più bene. Io voglio una chimica e una tecnologia al servizio del pianeta per sfamare l’uomo e non al servizio dell’uomo per massimizzare la produzione e la profittabilità. Dobbiamo avere un codice etico che ci faccia capire che chi produce cibo è come un medico. Noi siamo ciò che mangiamo, ci crediamo da quando abbiamo aperto il don Alfonso e questo ancor di più vale oggi.
Vuole dare un suggerimento ai suoi colleghi?
Ai miei colleghi chiedo di stare calmi e far passare questi mesi difficili che ancora ci aspettano, di essere più rispettosi di tutto ciò che ci circonda. La comunicazione serve sempre ma in questo momento vedo quasi una isteria. C’è molta incertezza sul futuro e la troppa comunicazione rischia di diventare una lama a doppio taglio nei confronti delle persone che arrivano poi a sentirsi stanchi. Ci vuole equilibrio anche in un momento così complicato, mi rendo conto che a volte la reazione all’angoscia porti ad una esasperazione nella comunicazione che a me però non piace.
Spaghetti with mackerel.
Ernesto Iaccarino è stato chiaro, diretto e sempre sorridente: è stato come avere il Don Alfonso per un attimo con me. Quasi, per chiudere, manca solo il liquore di limoni: non limoncello, ma l’antica ricetta del nonno del liquore di limoni. Non è tutto rosa e fiori, ma niente ci impedisce di portare un po' di rosa nel domani.