Fabio Ditto del Birrificio "Birra KBirr": conservo le energie per un mercato più pronto e potenzio lo shop online.
Fabio Ditto del Birrificio Birra KBirr, potenzio lo shop online per fornire un servizio migliore
All’incirca tra due settimane è previsto l’inizio della fase 2.
Non è ancora chiaro come sarà gestito il graduale allentamento delle misure di restrizioni per i cittadini e poi per le svariate attività.
Si muove tutto così lentamente eppure è tutto così rapido nell’evoluzione, forse perché la linea che divide le esigenze economiche di imprese e famiglie da la sicurezza e la salute della popolazione non è poi cosi definita, gli equilibri sono labili e davvero una parola in più o in meno può tramutarsi nella peggiore notizia messa in giro. Tutto il circuito delle attività ristorative risente particolarmente di tutta questa incertezza in quanto non è più solo questione di date e di riaperture dettate da ordinanze e decreti, piuttosto è tempo di razionalizzare quelle che sono le scelte da compiere di ogni singola attività: bisogna fare i conti in cassa, bisogna mettere in preventivo che la richiesta sarà in calo, bisogna agire con cautela perché quanto è accaduto modificherà -e non sappiamo per quanto- l’atteggiamento del cliente.
Allo stesso tempo non si può interrompere il cerchio dell’interdipendenza, banalmente se i ristoranti sono chiusi anche i fornitori restano bloccati.
Sarà stato questo pensiero a fare da innesco -o forse sarà stata questa condizione di costante fermento- che mi ha portata a chiedere ad una persona che si occupa di produzione e distribuzione, oltre ad avere una attività ristorativa: Fabio Ditto della azienda Loco for drink, del birrificio “Birra KBirr” e del ristorante “Casa KBirr”uniti sotto unica ragione sociale “Drink Up srl”.
Partito nel 1995 con l’importazione di birra, Fabio Ditto oggi è amministratore della società e general manager.
Fabio come stai? Come stai passando le giornate?
Tutto bene, ciao! Mi faccio il pane e la pizza da solo ed a casa anche io ma fortunatamente non sono del tutto fermo perché con il Birrificio siamo aperti; non stiamo producendo, piuttosto procediamo con l’imbottigliamento e stiamo apportando modifiche agli impianti e alla stessa catena di imbottigliamento. Insomma stiamo ottimizzando, studiando nuove ricette ed è manna dal cielo perchè possiamo tenerci attivi.
Ho visto anche che avete avviato uno shop online.
Sì, che sta andando molto bene con richieste da tutta Italia: Torino, Verona, Aosta, Milano, Roma. Stiamo avendo ottimi risultati per uno shop online aperto da poco. Aiuta a mantenere alto il morale. Diciamo che è una cartina di tornasole perché le richieste arrivano dai posti in cui abbiamo punti vendita, vuol dire che il brand c’è e il prodotto è centrato. Abbiamo seminato bene!
Come sei messo con le altre attività oltre il birrificio?
Il Ristorante è chiuso.
La distribuzione è completamente bloccata perchè riforniamo locali e ristoranti ma essendo chiusi tutti, ci stoppano di riflesso. Ed è anche difficile riciclarci rapidamente, riproporci in altre forme.
A quanto pare tra un paio di settimane potrebbe esserci la possibilità di riaprire. Ti stai organizzando?
Per quanto riguarda Casa KBirr, per la tipologia di cucina, pur essendo possibile la delivery (e con le disposizioni date sarebbe difficilissimo lavorare!) noi non riapriremo per due motivi: il primo è che essendo un ristorante c’è bisogno di un alto numero di personale in cucina e il secondo è che nel periodo che ci troviamo a vivere non credo ci sarebbe richiesta o affluenza. Le persone devono ritrovare stabilità prima.
Per il discorso distribuzione c’è l’idea di partire anche lì con uno shop online ma mi preoccupa la riapertura perché soprattutto nella distribuzione ci sarà da fare nuovi discorsi anche a livello finanziario e questo inciderà sui rapporti professionali ma anche personali con i clienti. Ci sarà da parte mia un venirci incontro e sono ben disposto a valutare piani di rientro, ma c’è da capire che l’economia gira perché è circolare e anche io avrò a mia volta fornitori e spese.
Quindi il ristorante resta chiuso pur potendo riaprire?
Da imprenditore sano dico che i locali bisogna tenerli chiusi, almeno chi può. Aprire in questo scenario come è possibile? Per quanto si voglia essere precisi e attenti alla tutela del cliente e del personale, per quanto il gestore sarà scrupoloso (io farei fare anche dei corsi, per mia coscienza) e fornirà i dispositivi adeguati, resta sempre a farla da padrona l’atmosfera.
Con un servizio che si presenta in tuta, guanti e mascherina si perde il senso dell’uscita, dello svago. In più il cliente stesso avrà cambiato mentalità e avrà timore a frequentare luoghi in cui c’è flusso di persone seppur controllato; non dimentichiamo soprattutto che il cliente si farà tante domande “Cosa avviene in cucina? Saranno scrupolosi?”, ci sono ovviamente dei punti ciechi in un locale e nella sua cucina e quelli diverranno gli angoli al buio in cui il cliente fomenterà le sue paure.
C’è una guerra i campo al suono di “dateci la delivery” e tu l’hai esclusa subito?
Il dibattito è enorme per le consegne a domicilio, quello a cui non si pensa è che con tutti gli esercizi aperti non so quanto la domanda soddisferebbe l’offerta.
Dal mio personale punto di vista sarebbe uno spreco. Siamo chiusi in casa ed anche per non restare fermi il pane e la pizza ce li facciamo da noi. Ha più senso che restino aperte quelle piccole pizzerie a conduzione familiare, magari nel weekend, sia perché non avendo dipendenti ed essendo molto spesso conviventi tra loro o comunque in costante contatto non andrebbero di certo a rischiare ed anche con 20 pizze probabilmente si sosterrebbero anche e soprattutto emotivamente; ma c’è anche il secondo punto, sempre lo stesso ovvero la crisi economica: chi, in questo momento, spenderebbe certe cifre per farsi fare una consegna a casa di pizza? Ci sono gli operai che seppur in cassa integrazione stanno comunque percependo il 20% in meno. In realtà ancora in attesa che l’INPS si sblocchi per come la vedo almeno io, c’è un senso morale che mi fa evitare sprechi al fine, casomai, di dare proprio a loro un extra, un bonus per poter alleviare la loro situazione. Sono pochi quelli che non penseranno due volte prima di fare spese superflue.”
Ti sento convinto, con una posizione ben definita o sbaglio?
I numeri li fa la gente comune, sono loro che muovono l’economia. Un passo alla volta e pensato bene e andiamo avanti tutti. Pensiamo solo alle catene a cui si affidano le attività per poterla fare questa delivery: prendono il 30%. Per me e una spesa assurda alla situazione attuale. Mi fermo ora per poter conservare una condizione economica favorevole alla ripartenza quando il mercato tornerà ad essere aperto. Ho risparmiato energie. Cosa c’è di sbagliato in questo?
Prendiamo un ristoratore come Sorbillo con la sua visione del mercato, che ha un certo numero di pizzerie e che -come un padre con i suoi figli- vuole il meglio per loro. Conosce quindi quali sono le attività che al momento non possono reggere, sa che ci sarà da stringere i denti per l’intero 2020, che si prospetta una ripresa sicuramente ma lenta e nel 2021. Onestamente è ovvio che si faccia due conti. Un bravo imprenditore questo fa: capisce quando è il momento di insistere e soprattutto su quali punti è importante battere. È una questione di rientrare nelle proprie spese che ieri si basava su previsioni di entrata/uscita che ad oggi non sono assolutamente più possibili! È realismo, razionalità nella gestione della propria impresa.
Sei proiettato al 2021?
E’ innegabile che il 2020 non vedremo alcuna freccia che indicherà l'attivo. Il 2020 sarà un anno di scelte dure e drastiche per quanto riguarda l’azienda e il modo di gestire, o almeno per la mia. Se solo apro il ristorante, tra utenze e spese, spenderei di più. A me conviene risparmiare energie adesso e ripartire più in là. Ma posso farlo io perché non c’è solo il ristorante, ovviamente se avessi solo quello agirei diversamente.
Più tardi partiremo più le soluzioni saranno definitive, se partiamo tra 15 giorni il mercato non sarà pronto a recepire questi cambi radicali. Da parte mia c’è sicuramente la volontà di cambiare il modello di business per la distribuzione.
In che modo?
La nostra idea è quella di brand experience. Per il birrificio sarà sicuramente molto potenziata la modalità di vendita online, faremo un discorso di vendita diretta un po' perché riusciamo anche a costruire il brand aziendale e un po' perché riusciamo ad avere il pugno diretto della situazione.
La nostra capacità produttiva è di 5mila ettolitri, non possiamo pensare di andare a colmarla tutta con il canale di e-commerce ma resta una forte spinta psicologica e cresce di settimana in settimana. Il principale canale principale resta horeca. E’ una scelta non essere andati in grande distribuzione in quanto stiamo parlando di birra artigianale. Nel mondo vengono definite crusty le birre industriali vestite da artigianali, così da riuscire ad avere a scaffale un prezzo che si aggira intorno a 1,20 Euro; il nostro prodotto è artigianale sul serio e arriverebbe sullo scaffale a 3 Euro circa, per cui correrebbe il rischio di non essere capito ma soprattutto incorrerebbe in deterioramento perché l’artigianale deve avere una filiera molto corta. Viene prodotto, conservato al buio con la giusta temperatura e poi spedito per essere consumato nel breve tempo non essendo né pastorizzato né filtrato. Dunque è molto più gustoso ma ha uno shelf life e una conservabilità ridotta.
Spiegami meglio questo progetto di brand experience.
L’idea è quella di proporre una esperienza completa. Vogliamo arrivare direttamente al cliente.
Ti spiego bene. La birra non è molto presente in ristorazione, a Napoli viene consumata più dai turisti. Noi abbiamo provato ad educare la ristorazione alla birra e alla fine abbiamo deciso di aprire “Casa KBirr” per dimostrare che è possibile abbinare la birra a ogni tipo di piatto della tradizione napoletana.
I clienti sono contenti, anche se non si sarebbero mai aspettati di abbinare una birra ad piatto di pasta e patate con provola o dopo la nostra rossa “jattura” abbinata alla genovese.
Ad oggi su una media di tremila coperti al mese, solo il 20% consuma vino.
Gli ordini online che ci arrivano dalla Campania sono clienti di Casa KBirr. E lo scopo dell’esperienza è proprio provare che di birra ce n’è da meditazione, da accompagnamento, accostiamo birre anche a dolci e fritti, e poi dare l’opportunità al cliente di potersi ordinare da casa le nostre birre.
In effetti Casa KBirr era sulla cresta dell’onda all’arrivo del lockdown.
Il Ristorante è il punto in cui costruiamo il nostro brand. Ci siamo frenati in un momento altissimo per noi perché avevamo potenziato il lavoro della cucina e ci stavamo prendendo grandissime soddisfazioni con una crescita del 20% al locale e del 40% con il birrificio. Siamo primi su Trip Advisor su 186 ristoranti a Torre del Greco.
E non è il solo modo in cui i clienti ci hanno dimostrato e ci dimostrano il loro affetto. Ricevo messaggi tutti i giorni che parlano delle nostre birre e dei nostri piatti, quindi è ancora più un dovere essere pronti davvero nel momento in cui si opta per la riapertura. Il mercato riaprirà e sarà molto più selettivo, parliamoci chiaro: i soldi saranno pochi e l’offerta molto ampia quindi le spese saranno misurate. Bisogna alzare ancora di più l’asticella. Sono un imprenditore, ristoratore, produttore e fornitore, devo pensare al bene dell’azienda tutta.
Vuoi dare un consiglio ai tuoi colleghi?
Certo! Di non lasciarsi prendere dalle emozioni di questo momento, di essere lucidi e positivi di animo. Bisogna sedersi e, per dirla alla napoletana, fare “i conti della serva”. Bisogna fare un vero business plan, razionalizzare e gestire i tempi a misura di se stessi. Bisogna trovare il modo per andare avanti tutti, facendosi prima di tutto i conti in tasca.
Speriamo di tornare presto a fare tutti insieme "cheers"!
Oppure per dirlo alla KBirr "adda passà sta jattura p' turnà natavota!"