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Giuseppe Molaro, la sua Indivia e lo Houraisen Junmai Ginjo Wa

Chef Giuseppe Molaro del Contaminazioni Restaurant si confronta con l'abbinamento al Sake

Giuseppe Molaro, la sua Indivia e lo Houraisen Junmai Ginjo Wa

Entrare al Contaminazioni Restaurant è innanzitutto un’esperienza culturale, un viaggio ideale di andata e ritorno da Napoli a Tokyo e vicerversa. Un viaggio ideale sì ma tangibile per imprinting culturale, forma e contenuto: la cultura dell’ospitalità e della gentilezza fuse alla cultura dell’essenziale e della resilienza sono rappresentate nitidamente dalla libellula che svetta alta sull’insegna e che ben descrive l’indole di dello chef Giuseppe Molaro, professionista dalla personalità gentile e risoluta allo stesso tempo.

Giuseppe nasce nell’86 a Somma Vesuviana, terra generosa e dai sapori vulcanici, nella quale ha fatto ritorno giusto da qualche tempo appena dopo, si fa per dire, un decennio di vita da globetrotter nelle cucine di mezzo mondo. Infatti, dopo essersi diplomato all’Istituto Alberghiero “Lorenzo De’ Medici” di Ottaviano e dopo aver fatto le prime esperienze ai fornelli presso l’attività ristorativa dei genitori, entrambi cuochi ed insegnanti di cucina, ha cominciato a lavorare in diverse aree d’Italia per poi costruire un vero e proprio percorso formativo: dapprima in strutture di altissimo livello in Portogallo, poi negli Emirati Arabi ed, in maniera particolarmente intensa, in Sol Levante, affiancando per la maggior parte del tempo il maestro Heinz Beck in tutti gli outlet ristorativi del pluristellato chef a partire proprio dal ristorante La Pergola a Roma nel settembre del 2010 e via via in tutte le altre location di prestigio, fino a conseguire, dopo numerosi riconoscimenti, l’ambitissima stella michelin all’Heinz Beck Restaurant di Ōtemachi, nel distretto di Chiyoda a Tokyo, maturata nel ruolo di executive chef.

Percorso decisamente intenso, sacrificante ed altamente competitivo quello di Giuseppe che oggi come agli esordi continua a studiare, ad incuriosirsi ed appassionarsi all’arte culinaria, sempre in continua evoluzione.

Giuseppe Molaro, la sua Indivia e lo Houraisen Junmai Ginjo Wa

Appena 20 i coperti con una cucina a vista che, allestita all’ingresso, rappresenta l’anima del locale da cui traspare ogni singolo gesto e passaggio atto a creare proprio quella forma e quel contenuto cui si accennava in precedenza: estetica e sostanza si materializzano in un piatto compiuto dinanzi agli ospiti che ammirano la maestria di Giuseppe in esecuzione dalla postazione speciale dello chef’s table, mentre la moglie di Giuseppe, Yuki Mitsuishi, si occupa di dare l’accoglienza, aggiungendo un ulteriore tocco di raffinatezza e stile al locale.

A dimostrazione del fatto che Giuseppe ha una naturale inclinazione per le fermentazioni decide di sorprenderci doppiamente: una nuova ricetta a tema in abbinamento al fermentato di riso e koji, meglio noto come sake.

Giuseppe Molaro, la sua Indivia e lo Houraisen Junmai Ginjo Wa

Con l’Houraisen Junmai Ginjo Wa delle cantine Sekiya, ubicate nella prefettura di Aichi, lo chef ci introduce nel vivo del ragionamento che lo ha portato a fare questo match molto ricercato: le note fruttate della pesca e della banana, il floreale del gelsomino e la nota cerealicola di riso stagionato che affiorano dal bouquet, rivelano al sorso una freschezza ed una rotondità calibrata che, con un pizzico di umami ed una persistenza calibrata, serviranno ad accompagnare il piatto, frutto della sua creatività.

Tagliata l’indivia in quattro parti, vien cotta sottovuoto con sale, olio e maggiorana per 40’ a 90° ed essere quindi raffreddata. Separatamente in sottovuoto dei mirtilli sono stati fatti fermentare col sale al 2% del peso totale della preparazione per due settimane, allo scadere delle quali il composto viene frullato. A fuoco lento la risultanza della centrifuga di carota viene fatta ridurre per aggiungere alla fine l’essenza del timo e del rosmarino, unitamente all’olio alla cipolla ed all’aceto di ciliegie prodotti dallo stesso chef Molaro. Per la parte croccante da impiegare per la pietanza vengono fatti soffriggere i seguenti ingredienti cipolla, timo, acciughe sott’olio, pane raffermo tagliato a cubetti, poi lasciati tostare leggermente per poi aggiungervi del brodo di pesce… il composto appena ammorbidito saluta la fiamma e vien lasciato nell’essiccatore per 48 ore ed essere poi sminuzzato con appena un filo di olio evo. Si riavvolge il nastro, gli ingredienti sono tutti schierati come dei soldatini sulla postazione e lo chef ravviva l’indivia, la spadella ed assembla il tutto come per magia, aggiungendo alla fine delle foglie di broccolo mizuna.

Giuseppe Molaro, la sua Indivia e lo Houraisen Junmai Ginjo Wa

La trasformazione degli elementi in lattofermentazione dà vita a note organolettiche desuete ove la tendenza dolce volge in acidità e le note acide di altri ingredienti si traducono invece in morbidezza. Due note croccanti, quelle vegetali dell’indivia e quelle della terra di pane raffermo ed aromatico, la tendenza amarognola dello stesso vegetale qui mitigata dalla preparazione, sono l’elemento centrale di una tavolozza su cui si innestano profumi e colori che lentamente salgono, senza insistenza ma come in una nota corale. In bocca questa miriade di profumi diventa miriade di sapori, i quali si schiudono in un gioco di contrappesi che fonde gli elementi sagacemente amplificati ed esaltati, in una fusione senza stridii e che il Junmai Ginjo, well chilled, riesce a valorizzare ancor più se possibile.

Le fermentazioni di Giuseppe Molaro al Contaminazioni Restaurant: una carezza al palato che sorprende sempre!

photo credits: Francesco Oliva / Studio 189

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