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La vera sostenibilità? Nei campi, al Sud.

Agricoltura e sostenibilità al Sud: in Puglia l’ Uva prodotta Agritalia Barletta e Università di Foggia

La vera sostenibilità? Nei campi, al Sud.

Sostenibilità è una bella parola, che non è mai stata così di moda come oggi.

Il problema è che di progetti realmente sostenibili in giro se ne vedono davvero pochi, sia perché innovare costa, sia perché non è facile convincere le persone a modificare le proprie abitudini di consumo, rinunciando a comodità che fanno parte da troppo tempo della loro vita quotidiana.

La conseguenza è che in questo campo le uniche iniziative degne di nota non nascono quasi mai su base volontaria, ma sono conseguenza di leggi ad hoc che le rendono obbligatorie, come sta accadendo per esempio con il lento ma progressivo abbandono degli imballaggi di plastica e delle stoviglie monouso.

Quando capita di imbattersi in una buona notizia è quindi opportuno diffonderla, soprattutto se viene da dove meno te lo aspetti: da una Regione del Sud.

In Puglia, partendo da un modesto finanziamento ottenuto dalla Regione e forte del supporto scientifico della Università di Foggia, l’Agritalia di Barletta, una organizzazione professionale di agricoltori che produce ogni anno 4.000 tonnellate di uva da tavola, ha prima sperimentato e ora sta già commercializzando grappoli d’uva che, anziché essere recisi dalla vite e poi messi in frigorifero in attesa della commercializzazione, come si è sempre fatto, crescono sulla pianta all’interno di un sacchetto di materiale compostabile, per poi essere raccolti solo nel momento in cui devono essere distribuiti al mercato.

La vera sostenibilità? Nei campi, al Sud.

Cosa cambia? Un sacco di cose: l’uva rimane protetta dall’eccessiva umidità, dai parassiti e dai funghi durante tutto il proprio ciclo vitale, si abbattono quasi del tutto i trattamenti fitosanitari necessari per ottenere un prodotto sano, non servono frigoriferi per la conservazione del prodotto finito e il grappolo continua ad essere nutrito dalla pianta fino al momento del prelievo, così da arrivare sulle tavole con un livello di freschezza mai visto prima e con risultati migliori, sia dal punto di vista delle quantità prodotte, perché il singolo acino continua a svilupparsi fino alla fine, sia da quello dell’aspetto esterno (colore e consistenza), sia ancora dei suoi contenuti organolettici e nutrizionali: zuccheri, acidi, carotenoidi, vitamine, ecc.

Non si tratta in realtà di una tecnica rivoluzionaria, perché in Oriente - e soprattutto in Giappone, dove è maniacale l’attenzione ad evitare ogni più piccolo difetto nel prodotto finale - è abbastanza comune vedere nei campi alberi in cui ogni singolo frutto viene fatto crescere all’interno di un sacchetto o di un contenitore di vetro, e anche in Europa esistono diversi esempi di bottiglie di acqueviti contenenti grossi frutti, fatti crescere all’interno della bottiglia. Il metodo di coltivazione è però molto diverso da quello tradizionale, perché richiede una cura particolare sia nella fase iniziale dell’insacchettamento che in quella finale della raccolta.

Per far fronte a questo problema e dotarsi di una manodopera specificamente addestrata, Agritalia ha avviato già negli anni scorsi una collaborazione con la Caritas, per formare giovani extracomunitari con permesso di soggiorno umanitario, e ora ha fatto partire un analogo progetto con una cooperativa che sviluppa percorsi di apprendimento professionale per persone affette da disturbi autistici.

Una bella dimostrazione di come si può costruire sul serio un progetto volontario di sostenibilità, tenendo presenti e curando tutte e 3 le facce del problema: quella economica, quella ambientale e quella sociale.

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