[IT/EN] Ducasse - Adrià, la fusione fallita. Il risultato è pietoso.
Recensione ADMO del duo Ducasse - Adrià, una banale operazione commerciale
Foto Copertina Credit: Jean-Gabriel Barthélemy/Paris Match
ADMO
lesombres-restaurant.com Prenotazioni
27 Quai Jacques Chirac, 75007 Paris, Francia
+33 1 83 77 77 10
Menù degustazione da 380 euro vini esclusi
[EN] Ducasse - Adrià, the mix failed. The result is pitiful.
Long live the great avant-garde cuisine! We have always radically loved and supported the most advanced, Promethean, cutting edge gastronomic research, being aware of the political, aesthetic and moral need to encourage efforts that aim to extend the culinary language. The temporary restaurant ADMO – a nominally ambitious Parisian project by Albert Adrià, the best chef in the world from the standpoint of technique, and Alain Ducasse, the most starred chef ever – doesn’t do that. ADMO is a failure. It's a mundane commercial operation, on a par with the typical restaurants of great international chefs that can be found in Las Vegas or Dubai.
Let’s put the service - which among various other problems has in our opinion that of not transmitting enthusiasm and interest in the dishes - aside and focus on the kitchen. Let me be clear: the recipes are excellent in conception. However, a sloppy execution, which can easily be noticed simply by looking at the photos, deprives the experience of any gastronomic sense: what should be biting is completely devoid of strength, what should be brilliant is faded, dissonances are smoothed by a hand that tends to blur, to extinguish, to silence everything. If there is a rational plan behind this "style", it must probably have as its aim that of weakening supposedly exuberant dishes, to make them sad enough not to offend the palates of the paradigmatic old bourgeois aunts.
When trying to abstract away from the issues in execution that make the dishes senseless, we ask ourselves if a dialogue between two great chefs who see cuisine in a very different way could be worthwhile. The answer is: certainly yes, but only if there is play, a meeting, a confrontation, irony. Instead, here we have sections of the menu that are watertight compartments. One has the distinct feeling that the two chefs' concern was exclusively that of not stepping on each other's toes. And that's not good, it's not fun, it's not fruitful, it doesn't extend the culinary language. We expected much more from Adrià and Ducasse, other subtleties, other games, malice and irreverence. Of that, we found nothing: just the banality of a merely commercial operation.
We expected a war-embrace of styles that would make us hard as the tail of an Australian camel (this is a reference), instead we found a mere diachronic juxtaposition of dishes, which were very badly executed, by two different chefs. There wasn’t any cheerful somersault of intelligence. A sequence – this is the feeling we had looking around the room – appreciable only by frigid radical-chic girls disinterested in cooking, accompanied by old incontinent art critics with a devastated prostate (accompanying oneself with frigid radical-chic girls evidently produces such consequences). Anyone who truly loves great cuisine should spare themselves from this experience.
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I piatti
- Esperienze gastronomiche fuori confine
[IT] Ducasse - Adrià, la fusione non è riuscita. Il risultato è pietoso.
Viva la grande cucina d'avanguardia! Da sempre amiamo e sosteniamo con assoluta radicalità la ricerca gastronomica più avanzata, prometeica, di frontiera, con la consapevolezza della necessità politica, estetica e morale di incentivare gli sforzi che mirano a estendere il linguaggio culinario. Ma il temporary restaurant ADMO — progetto parigino sulla carta ambizioso di Albert Adrià, il cuoco tecnicamente più bravo al mondo, e Alain Ducasse, lo chef più stellato di sempre — di tutto questo non ha nulla. ADMO è un fallimento. È una banale operazione commerciale, al pari dei classici ristoranti acchiappagonzi di grandi chef internazionali che si possono trovare a Las Vegas o Dubai.
Tralasciamo il servizio — che tra i vari problemi ha a nostro avviso quello di non trasmettere entusiasmo e interesse per i piatti — e soffermiamoci sulla cucina. Sia chiaro: le ricette sono di ottima concezione. Ma la sciatteria nell’esecuzione, che si può facilmente evincere anche semplicemente osservando le foto, priva di qualsiasi senso gastronomico l'esperienza: ciò che dovrebbe essere graffiante è del tutto privo di verve, ciò che dovrebbe essere brillante è sbiadito, le dissonanze sono smussate da una mano che tende a impastare, a spegnere, a zittire tutto. Se c'è un progetto razionale dietro tale "stile" esecutivo, deve probabilmente avere come scopo quello di fiaccare piatti in teoria esuberanti, in modo da renderli abbastanza mesti da non offendere i palati delle classiche, paradigmatiche vecchie zie borghesi.
Proviamo però a fare astrazione dai problemi esecutivi che rendono insensati i piatti e chiediamoci se un dialogo fra due grandi chef che vedono la cucina in maniera assai differente possa aver senso. La risposta è: certamente sì, ma solo se c'è gioco, incontro, scontro, ironia. Qui abbiamo invece sezioni del menù che sono meri compartimenti stagni. Si ha la netta sensazione che la preoccupazione dei due chef sia stata esclusivamente quella di non pestarsi i piedi a vicenda. E non va bene, non è divertente, non è fecondo, non estende il linguaggio culinario. Da Adrià e Ducasse ci aspettavamo ben altro, altre sottigliezze, altri giochi, malizia e irriverenza. E invece nulla: solo banalità da, appunto, operazione commerciale.
Ci aspettavamo una guerra-amplesso di stili che ce lo facesse venir duro come la coda di un cammello australiano (cit.) e abbiamo trovato invece un mero accostamento diacronico di piatti, eseguiti malissimo, di due chef diversi. Senza alcuna allegra capriola dell'intelligenza. Una sequenza apprezzabile — questa è la sensazione che abbiamo avuto guardandoci intorno in sala — solo da frigide radical-chic disinteressate alla cucina, accompagnate da vecchi critici d'arte incontinenti con la prostata devastata (frequentare frigide radical-chic produce evidentemente tali conseguenze). Chiunque ami davvero la grande cucina dovrebbe risparmiarsi questa esperienza.
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