Kobe e Wagyu: come riconoscerli, cosa sapere e dove acquistarlo. Vincenzo Natale ci aiuta a fare chiarezza
Natale Carni ci aiuta a capire la differenza tra kobe e wagyu
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Sempre più spesso troviamo nelle proposte di carne la dicitura kobe o wagyu come se non esistesse una differenza tra le due. E invece c'è eccome!
In occasione della notizia che Natale Carni, di Vincenzo Natale, si sia posizionata tra i soli 15 autorizzati alla vendita sul tutto il territorio Italiano, ma anche come unica macelleria a Napoli centro autorizzata nella vendita di KOBE (terzo in Campania, 15esimo in tutta Italia, sesto distributore ufficiale e secondo negozio online italiano autorizzato alla vendita del famoso manzo di kobe), ho approfittato per sentire Vincenzo e conoscere qualche dettaglio in più sull'argomento che mi ha dato non solo segreti e trucchi per riconoscere e gestire il famosissimo manzo ma anche sulla famiglia Natale e la storica passione che li contraddistingue.
Chi è Vincenzo Natale? Come è arrivato a questa passione che è sfociata in lavoro? Raccontaci di te.
Sono Vincenzo Natale, classe 91, napoletano ed alla quinta generazione di macellai. In realtà le origini sono ben più lontane di 5 generazioni: la mia bisnonna era figlia e nipote di macellai antichi, mio nonno intraprese il mondo delle macellazioni, commercio bestiame e lavorazione frattaglie con varie macellerie e frattaglierie ubicate nel centro storico di Napoli. Mio padre continuò la lavorazione delle frattaglie con la gestione di reparti frattaglieria nei più grandi mattatoi del Sud Italia e laboratori di trasformazione a Napoli, ed è qui che mi appassionai al mondo delle carni. Da piccolo, quando non ero a scuola, andavo con mio padre sui mattatoi in Puglia e già a 9 anni mi piaceva lavorare le mammelle di vacca.
Crescendo affiancai la scuola con il mondo delle carni ed a 14 anni decisi di voler imparare l’arte del macellaio facendo esperienze in macellerie di quartiere. A 16 anni lasciai per sempre la scuola, facendo le mie esperienze in salumifici, laboratori di trasformazione, mattatoi fino al 2012 quando ho deciso di aprire la mia macelleria a Napoli.
All'inizio era una semplice macelleria di quartiere, poi decisi di voler fare esperienza nel mondo della ristorazione e per un periodo ho lasciato l’attività ai miei fratelli. Nel 2016 sono entrato in bracerie, ristoranti importanti e un grande centro enogastronomico. A fine 2018 sono tornato a Napoli nella mia macelleria e da lì è iniziato un nuovo percorso con vedute molto più ampie.
Quanto conta tenersi in linea con i tempi e con i palati anche per un artigiano?
Sembra abbastanza chiaro che serva un approccio al passo con i tempi accostato alla professionalità di altri tempi.
La tua giovane età è sicuramente sinonimo di aria nuova nel settore, inoltre l’intero anno di pandemia ha spinto maggiormente sugli ingranaggi dandoci una visione ancor più di insieme del settore ospitalità. Cosa è accaduto?
Nonostante i miei 30 anni, avendo approcciato il mondo macelleria fin da piccolo, ho avuto il privilegio di vivere gli ultimi momenti della classica macelleria vecchio stampo.
La macelleria, anticamente, era semplicemente quel luogo dove si vendeva tanta carne, lavorata da persone esperte coi coltelli. I macellai vecchio stampo non avevano altre conoscenze, se non quelle inerenti alla lavorazione esclusivamente della carne. Con l’avvento del libero mercato, la grossa distribuzione, la tecnologia e nuove strategie di marketing, il macellaio di vecchia scuola si è trovato impreparato lasciando spazio a chi con innovazione ha trasformato la propria attività: si è rischiato il fallimento e la chiusura totale della propria macelleria.
Con l’avvento del periodo pandemico, le aziende hanno subito forti traumi e molte di esse, anche grandi, si son ritrovate a fare scelte commerciali molto azzardate. Con la chiusura della ristorazione, il mondo carni si è ritrovato a far leva solo ed esclusivamente sulla vendita al dettaglio, inventandosi di tutto e reinventandosi in qualsiasi cosa pur di portare all’utente finale il proprio prodotto. Così abbiamo iniziato a vedere aziende che vendevano solo alla ristorazione, creare shop online e vendere anche alle macellerie, fare box e confezioni di ogni genere pur di vendere.
E tutto ciò come ha impattato sulle macellerie?
Queste scelte hanno causato ancor di più delle difficoltà alle macellerie, principalmente ne ho viste 2:
1) molte macellerie sono diventate rivenditrici dello stesso prodotto facendosi concorrenza tra loro e perdendo il proprio focus, quindi non avendo un’identità ben distinta;
2) la vendita al dettaglio si è spostata molto su chi prima vendeva solo all’ingrosso, facendo perdere una fetta di mercato alle macellerie.
Ad oggi, la gente può comprare lo stesso prodotto ovunque, da macellaio, nel supermercato, dal grossista, online. Dappertutto.
Tutto questo, non ti nego, mi ha portato a delle scelte ben precise per distinguermi sul mercato e avere una identità vera.
Raccontaci di queste scelte. Quali sono le innovazioni? Quali sono i tuoi progetti? In cosa credi ci si debba spingere con le conoscenze?
Già da anni collaboro con molti allevatori del territorio ma quest’anno ho investito per avere prodotti esclusivi, affidandomi a chi mi poteva allevare animali solo ed esclusivamente con esigenze personali; infatti stiamo allevando delle scottone con sistemi innovativi di alimentazione e finissaggio così da poter creare la mia linea di scottone chiamata Giovenca Sannita, poiché sono bovini femmine nate e allevate nella regione Sannita.
Sto investendo per creare la mia linea di Angus allevata nel Sannio e vacche tra cui la Frisona e Podolica. Con la Podolica sto in fase di sperimentazione con alcuni allevatori cilentani per il miglioramento della linea inerente la vacca, in modo da portare sul mercato un prodotto unico.
Per ultima cosa, ma molto importante, ho investito sul Kobe, posizionando tra i soli 15 autorizzati alla vendita sul tutto il territorio Italiano. Infatti sono l’unica macelleria a Napoli centro autorizzata vendere Kobe, terzo in Campania, 15esimo in tutta Italia, sesto distributore ufficiale e secondo negozio online italiano autorizzato alla vendita del famoso manzo di Kobe.
Ultimamente si legge spesso e si parla altrettanto facilmente di Kobe e Wagyu. Ci spieghi cosa sono? Come possiamo scegliere il meglio? Dove si possono trovare? Come mai avete scelto di addentrarvi in questo progetto?
Si deve capire un concetto fondamentale: Tutto il Kobe è Wagyu, ma non tutto il Wagyu è Kobe.
Detto questo, parto col dire che per vendere il Kobe bisogna essere un membro dell’Associazione Kobe quindi chi non è associato non può vendere l’originale Kobe. Al massimo, non essendo associato, deve dichiarare che vende il Kobe citando il nome del distributore che gliel’ha venduto; quindi va scritto sul menù o in macelleria "Kobe di... “ con il nome di uno dei 7 distributori ufficiali.
VEDIAMO LA DIFFERENZA TRA WAGYU E KOBE
WA-GYU indica letteralmente WA- Giappone e GYU-Bue, quindi il Wagyu non è assolutamente una razza bovino, bensì un insieme di razze che sono prevalentemente 4:
1) La razza nera giapponese (Kurogewashu ) - costituisce il 90% delle razze wagyu nazionali, con diversi allevamenti a Tottori, Tajima, Shimane e Okayama;
2) La razza bruna giapponese (AkageWashu o Akaushi) - detta anche razza rossa, è la seconda per quantità e ha allevamenti a Kōchi e Kumamoto;
3) La razza senza corna giapponese (MukakuWashu);
4) La razza Shorthorn giapponese (NihonTankakuWashu) comprende l'1% delle razze wagyu del Paese ed ha origini europee.
Quindi per Wagyu si intende un insieme di razze giapponesi che possono essere allevate ovunque, infatti ci sono Wagyu di tantissime prefetture e provenienze, anche mondiali.
IL KOBE
Il Kobe invece, viene prodotto solo ed esclusivamente con una sola razza che è la Nera Giapponese (Kurogewashu), detta anche Tajima-gyu, nome che prende dall’ omonima regione della prefettura di Hyogo dove c'è la città di Kobe.
Un po’ come i consorzi di tutela italiani, l’associazione Kobe tutela i bovini mediante un rigidissimo disciplinare che prevede una serie di regole per poter identificare un bovino col marchio ad Indicazione geografica Giapponese KOBE original (GI):
1) ogni bovino debba appartenere di nascita ad un bovino iscritto all’ albero genealogico puro Tajima-gyu;
2) deve essere allevato esclusivamente nella prefettura di Hyogo da allevatori appartenenti all’associazione di tutela;
3) deve essere alimentato con prodotti scelti dall’associazione di tutela;
4) deve essere macellato solo ed esclusivamente in età compresa tra i 28 e i 32 mesi;
5) devono essere esclusivamente bovini maschi castrati o femmine mai state gravide;
6) deve avere un peso morto non superiore ai 470Kg;
7) deve assolutamente avere un grado di marezzatura non inferiore a 6 secondo il sistema di classificazione BMS e una classificazione del’ indice di resa pari ad A o B;
8) deve essere macellato solo ed esclusivamente in un mattatoio designato dall’associazione di tutela.
Il Kobe è la carne più pregiata al mondo proprio perché segue un disciplinare rigidissimo di produzione, che tutti gli altri wagyu non seguono. Oltre a dover rispettare questi parametri, la carcassa viene marchiata con un Crisantemo Viola su tutti i tagli anatomici visibili e viene lavorato solo ed esclusivamente in un laboratorio iscritto all’associazione.
Quanto costa e come riconoscere il vero Kobe?
Per riconoscere il vero Kobe, innanzitutto bisogna che l’esercente sia iscritto all’associazione, cosa verificabile facilmente online, dopodiché va chiesto all’esercente di mostrarci il marchio del crisantemo impresso sul taglio anatomico e tutti i certificati annessi. Nel caso in cui l’esercente non fosse iscritto, bisogna farsi nominare il distributore e nel caso avere un confronto col distributore stesso.
A livello sensoriale non è facilissimo riconoscerlo a meno che non si è esperti assaggiatori di carne giapponese.
A livello estetico neanche lo si riconosce facilmente, quindi per avere la certezza bisogna seguire i passaggi soprindicati.
La trasgressione del marchio può far incorrere l’esercente in una multa fino a 10milioni di YEN (76000€ circa).
Il costo al dettaglio è dettato dalle lavorazioni che vengono effettuate al singolo pezzo. In Italia, il prezzo all’ingrosso si aggira intorno ai 280€ più iva, in più va calcolata tutta la perdita che c'è nella fase di lavorazione: questo è il motivo per cui in un ristorante può arrivare a costare 1000 €, perchè vi avranno servito il taglio più costoso facendo maggiore perdita in fase di lavorazione.
Perché hai deciso di trattare proprio Kobe? Perché non ritieni gli altri allevamenti di wagyu all'altezza dei Tajima di Hyogo?
Sai, ogni azienda mira ad avere un primato in qualcosa, un po’ per vanità, un po’ per prestigio, un po’ per soddisfazioni personali o per dare autorità alla propria azienda. Cosi pure la Natale Carni ha fatto questa scelta aziendale; un po’ per il mio ego, per soddisfazione personale e un po’ perché voglio definire la mia identità dimostrando la cultura del lavoro e della serietà che ci contraddistingue, ed il kobe è un prodotto desiderato da tanti ma toccato da pochi così ho deciso di fare il passo per diventar membro dell’associazione che tutela il wagyu di Kobe.
Guardandoci intorno, abbiamo notato che, la maggior parte dei Wagyu venduti sul territorio venivano spacciati per Kobe senza avere un’idea chiara di cosa fosse realmente il Wagyu o il Kobe. Ancora oggi si vede un semplice Wagyu Kagoshima venduto per Wagyu di Kobe, magari anche a fare un gioco di prezzo per convincere ad acquistarlo.
Il Kobe ovviamente non è l’unico Wagyu di altissimo prestigio, ce ne sono tanti altri come il Kagoshima, il Numamoto, l’Hida Wagyu.
Oltre la vanità di avere una carne mitizzata e che dà prestigio alla macelleria, vale realmente il costo da corrispondere?
Hai presente il Caviale? Il caviale è un’esperienza culinaria di altissimo prestigio. Chi, almeno una volta nella vita non desidererebbe fare un’esperienza del genere!? Io credo un po’ tutti, ma anche per avere lo sfizio di poter dire di averlo provato, giusto per pavoneggiarsi con gli amici e conoscenti.
Ovviamente il caviale non è un prodotto da mercato massivo ma è desiderato dalla massa e quindi vedere un’attività che ha sul proprio banco delle confezioni di caviale fa sì che venga vista come un’attività di prestigio e di alto valore.
Cosi come il caviale anche il Kobe, essendo una carne di alto prestigio, averlo sul banco ti fa diventare un’attività di un certo valore e in automatico si viene desiderato come attività.
Posso quindi dirti che il costo da corrispondere vale, sia per me che lo rivendo che per chi lo compra. Per me vale perché dà valore al mio lavoro e in automatico mi permette di presentare una figura di me stesso molto più professionale. Seppur non consumando quintali di Kobe, il solo fatto di averlo mi dà la possibilità di presentare altri miei prodotti, facendoli percepire con maggior valore.
Qual è secondo te il miglior modo per cuocere e per servire queste carni?
Solitamente l’azienda importatrice Europea invita, in maniera ufficiosa, i nuovi iscritti a partecipare ad un corso di cottura del Kobe; purtroppo, a causa covid, quest’anno non si è potuto fare questo evento.
Detto ciò io cercherei di avvicinarmi il più possibile ai metodi giapponesi, ovvero usando una piastra in acciaio (se si ha la possibilità) e una brace a griglia stretta con carboni roventi ma non a fuoco vivo; se lo si fa in casa si può fare usando una padella rovente, preferibilmente antiaderente.
Il metodo di cottura più usato in Giappone si chiama Yakiniku, cioè la classica bracetta a centro tavola con carbone rovente o su piastra (Teppanyaki), ma ritrovandoci a casa possiamo usufruire di una normalissima padella antiaderente con giusto un filino d’olio e aspettare che diventi rovente per adagiare la fettina sottilissima scottandola da entrambi i lati velocemente; oppure possiamo rosolare velocemente i cubettini di almeno 1cm e mezzo per lato e gustarlo quasi al sangue senza aggiunta di niente.
Come sarà e come dovrebbe essere per te la macelleria del futuro?
Come ogni professione anche il macellaio sta cambiando e si sta rivoluzionando: oggi si deve dar conto a tante esigenze dei clienti e si deve essere bravi a poterle soddisfare. C'è chi vuole il bello e il buono e chi vuole il figo. Quindi io la macelleria del futuro riesco a vederla in soli due modi.
Come già detto, il mercato si sta saturando troppo e ci ritroveremo un giorno a vender quasi tutti le stesse cose e solo chi riesce a capire che deve differenziarsi può avere vita lunga e affrontare ogni crisi che il mercato ti pone davanti. Purtroppo, come già sappiamo, solo pochi saranno capaci di separarsi da questa saturazione e perciò scompariranno le categorie di mezzo e resteranno solo le attività “differenziate” e la grossa distribuzione che sostituirà tutte quelle piccole attività che purtroppo hanno ritardato il processo evolutivo.
La prima categoria di macellerie a salvarsi sarà quella delle macellerie che si autoproducono dalla A alla Z, cioè quelle attività che avranno rapporti con aziende agricole, allevamenti, artigiani e che hanno il controllo totale di tutta la filiera della loro produzione, affiancando il lavoro di strategie di comunicazione.
La seconda categoria di macellerie a scamparla sarà quella con attività che hanno come business principale “bello e figo” , per intenderci un po' come il famoso personaggio Salt Bae o come la famosa macelleria Victor Churchill a Sidney, in Australia, mantenendo uno standard di qualità elevatissimo.
Abbiamo visto che nell’ultimo periodo c’è un incremento del consumo delle carni rispetto al forte calo avuto ad inizio periodo pandemico. Natale carni in cosa si augura di crescere? Quali rivelazioni hanno portato questi 13 mesi di approccio diverso?
In quest’anno abbiamo valutato, come un po’ tutte le aziende , quale sia la giusta strategia per sopravvivere a questo particolare periodo e come reagire alla fine di tutta questa situazione: ci siamo posti come obiettivo quello di imporci su un mercato sempre più saturo facendo operazioni aziendali importanti come quello del Kobe e delle collaborazioni sempre più strette con allevatori, appunto per diversificarci sul territorio ed aprirci a partnership sempre più solide con realtà di un certo valore sul mercato (che sia un ristorante di un certo livello o un’hamburgheria di alta qualità) garantendo il massimo della serietà e qualità, mantenendo sempre gli occhi aperti sull’innovazione.
Vincenzo è giovane ma deciso; forte di una storia alle spalle che fa da base alla sua voglia di crescere ed evolversi, sa bene che collaborare è la strada per andare lontano ma avere una identità propria in cui credere è l'unico modo per essere scelti.
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