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L'inclemente: i gastrofighetti e le capitali della pizza

I gastrofighetti, la capitale della pizza negli USA, gli articoli migliori e l'assaggio.

L'inclemente: i gastrofighetti e le capitali della pizza

Scrivo di gastronomia da quasi sei anni, ma c’è sempre una vena di ansia da prestazione quando mi appresto ad iniziare qualcosa di nuovo. Forse meglio rompere il ghiaccio e chiarire cosa sarà questa rubrica, cioè L’inclemente.

Sarà gastronomicamente scorretta: l’ho detto, vi ho avvertiti. Certo, non lo sarà sempre: recitare un ruolo ben preciso non mi appartiene, se non c’è nulla su cui scocciare, non vi romperò. Ma badate bene, perché tra queste righe non troverete idoli e dei, verità incommensurabili (tranne ciò che dice la scienza), ma un continuo stimolo alla riflessione, a guardare oltre il nostro giardinetto curato.

Che poi, è l’obiettivo che abbiamo in Foodclub, giusto?

Abbiamo altre parole per presentare L’inclemente? Forse dire che è un contenitore, dove vi verranno proposti temi e letture interessanti intorno alle quali sviluppare un dibattito costruttivo (se poi finisce tipo Tomatina, beh, si salvi chi può), più qualche consiglio gastronomico. L’unica cosa che posso dirvi con una certa sicurezza è che dovrete per forza svestirvi dei soliti toni ed abbracciare l’inclemenza della sottoscritta. I toni andranno dal leggero al simpatico, dall’irriverente al sarcastico, dal semiserio fino a finire agli argomenti così seri che... rideremo.

Qual è l’obiettivo di questo contenitore, quindi? Un pensiero, articolato in 3 punti: Stimolare la discussione, con la sezione How Boring! Polemiche un tanto al chilo (ed il gruppo Foodclubbers è ottimo per questo proposito); invogliare alla lettura, con Top Five! – Cinque articoli imperdibili letti e commentati per voi, dal taglio internazionale e nazionale; consigliarvi qualcosa da mangiare o da bere con L’assaggio (insomma, ragioniamo di cibo e dovremo pur mangiare, no?)

Fateci sapere nei commenti se questo format vi piace.

Siete pronti? Sicuri? Bene.

How Boring! Polemiche un tanto al chilo

L'inclemente: i gastrofighetti e le capitali della pizza

I gastrofighetti hanno scocciato

Sono alcune settimane che questo mondo inizia a starmi stretto, soprattutto perché potendo uscire relativamente poco, i lati peggiori di noi stessi si riversano sui social. Ecco, noi gastrofighetti (laddove per gastrofighetto intendo il personaggio medio che lancia fraseologie a caso come “la pizza è ben idratata” oppure “questa cucina è vera evoluzione nella tradizione!”) abbiamo riversato sul serio IL PEGGIO, dimostrandosi la cricca più antipatica che ci sia in circolazione.

Passiamo dal E questo è poco innovativo, quest’altro è troppo innovativo, per finire al contemporaneo “io la mozzarella? Mai congelata, nemmeno nel frigo di mammà!” ed altre sciocchezzuole del genere. Si passa dalla vituperazione della Nutella alla damnatio memoriae della pizza con le patatine.

Lasciate che vi spieghi per punti perché il comfort food DEVE esistere e dovremmo scocciare un po’ di meno al riguardo:

- Il comfort food genera dopamina: esattamente quella che è dietro le nostre sensazioni di piacere, soddisfazione, benessere.

- Il comfort food ci dà opportunità per essere meno soli: molti tra noi hanno dovuto sopportare lunghi periodi di solitudine in questi mesi. Cucinare “da lontano” con qualcuno, ci ha fatto bene: ma cosa si presta di più ad esser cucinata, una torta al cioccolato o un’insalata?

- Il comfort food è ciò che associamo ai ricordi: la vecchia storia sempre valida della madeleine di Proust. I cibi associati a ricordi piacevoli ci provocano un moto di piacere in più, da non sottovalutare assolutamente. Ricordate sempre: è la dose che fa il veleno. Non a caso, in greco classico farmakon (da cui deriva il nostro “farmaco”, quello che ci apporta benefici insomma) significava anche “veleno”. Una vox media: questo la dice lunga.

Le città capitali della pizza

Questa è proprio HOW BORING LEVEL PRO: tra queste pagine, non più di una manciata di giorni fa abbiamo notiziato l’irriverente uscita del governatore del New Jersey che ha dichiarato il suo Stato capitale della pizza. L’abbiamo rilanciata bene o male tutti questa notizia, tra il sarcastico e l’incazzato. Poi ci si è messa anche Chicago. E insomma.

Senza dilungarmi troppo, vorrei parlarvi del perché accadono fenomeni come questi. Toh, guarda caso, si chiama PIZZA EFFECT: si tratta di qualcosa molto studiato nelle scienze sociali, dannatamente interessante.

Si chiama pizza effect quando un costume o una usanza o un cibo di un dato Paese viene abbracciato altrove, così tanto che ne rientra pienamente a far parte della quotidianità della nuova nazione. Il territorio d’accoglienza, quindi, lo interiorizza al tal punto che pensa sia proprio nato lì. Qualche volta, poi, il Paese cerca anche di esportarne la propria versione.

Esattamente quello che è accaduto con la pizza, tanto che gli americani l’hanno fantasiosamente rielaborata con diversi stili e farciture e l'hanno a loro volta proposta nel mondo. Qualche altro esempio illustre? Il pollo tikka masala, inventato in Gran Bretagna ma associato alla cucina indiana; i biscotti della fortuna, invenzione tipicamente occidentale, che vengono attribuiti ai cinesi.

Ad essere sincera, non ci vedo scandali: questi sono gli effetti della globalizzazione, sono le carte da mettere in gioco per competere su scala globale. Noi italiani, in particolare, siamo così terrorizzati dall'appropriazione culturale dei nostri simboli da parte degli altri che lasciamo completamente in secondo piano il fatto che i nostri simboli siano influenze culturali.

Mi spiego meglio: siamo così terrorizzati dall'idea di perdere la pizza come la conosciamo noi che non ci rendiamo conto che non solo difficilmente si perderà il nostro modo di farla ma - se ben comunicato - il nostro modo di fare la pizza metterà radici altrove, accanto ai modi autoctoni che sviluppano lontani dalla """madrepatria""".

Passiamo ora ad un capitolo dolente, quello della comunicazione del prodotto pizza: cospargiamoci il capo di cenere, perché avremmo potuto fare di più per rendere la pizza napoletana qualcosa di remunerativo, senza limitarci ad apparizioni spot ai limiti del pulcinellesco; invece, solo alcuni tra gli attori del mondo pizza ha capito la possibilità di branding legato al mondo pizza, diffondendola globalmente. Per quanto riguarda gli altri, hanno trascorso anni a far guerra senza pensare ad un corporativismo serio, non pulcinellesco, che diffonda la pizza napoletana nel mondo e la sua storia. Non bastano gli sforzi di “qualcuno”, servono sforzi condivisi: cosa che francamente mi sembra lontana, visto che stiamo ancora ad accapigliarci sulla pizza di Napoli e quella di Caserta. Dobbiamo accettare che la pizza napoletana e le sue dirette sorelle contemporanee sia soltanto una tipologia di pizza e che nel mondo ne esistono tantissime altre che hanno ben diritto di essere chiamate tali, in quanto “pizza” è un nome comune di cosa, con etimologia probabile da ripescare nelle lingue barbare dell’alto Medioevo: 'na robetta non proprio 100% italiana, eh?

E intanto in New Jersey se la ridono, incuranti delle nostre insurrezioni che sembrano quelle di un pollaio.

Top five – Cinque articoli imperdibili, letti e commentati per voi

L'inclemente: i gastrofighetti e le capitali della pizza

Il Post ci informa che i pastori tibetani stanno diventando vegetariani; e questo è qualcosa di cui dovremmo importarcene. Da sempre allevatori provetti di yak (dalle carni molto grasse, con le quali le popolazioni mongole si nutrivano abbondantemente e ne ricavavano pellicce), pare che si sia diffuso l’uso buddhista della privazione delle carni; anche per il governo cinese questa cosa sta diventando un problema, perché ostacola gli allevamenti intensivi, da qualche anno sotto la lente d’ingrandimento perché concausa probabile dei nuovi virus, come quello da Covid-19.

Di qualche settimana fa, ma penso meriti: siore e siori, vi presento il fonio, cioè un nuovissimo grano antico (sic!) che viene dall’Africa. Grazie alle innovative tecniche di coltivazione, anche un terreno inospitale come quello che si trova spesso in Africa è capace di generare un grano utile, ricco di proteine, adatto per… i trend dell’Occidente. Infatti, è già stato nominato superfood.

Per il tema sostenibilità ambientale, molto caro su queste pagine, propongo una combo di articoli: quello sull’impatto ecologico dei cibi che consumiamo, presente sul canale BBC Future Food; subito dopo, l’interessantissimo pezzo sulla frutta imperfetta - cioè poco carina da vedere - pubblicato da Il Fatto Alimentare. Il pezzo della BBC riporta proprio un simpatico strumento per calcolare quanto impatta il cibo che mangi sul pianeta, selezionando tra varie opzioni; bassi impatti si ottengono aggiungendo al proprio carrello più frutta e verdura di stagione rispetto a carne e uova. A ruota, l’articolo de Il fatto alimentare ci ricorda un tema non da poco: siamo ancora convinti del bello e buono, scartando automaticamente dalla nostra scelta ciò che ha qualche imperfezione.

La scoperta di come funziona il mercato del cacao di Caterina Vianello, su Dissapore, fa luce su una cosa di cui sappiamo davvero poco. Il cacao, al pari del tè e del caffè, è stato spesso uno strumento di guerra e colonialismo. Un pezzo che merita di essere letto e studiato, anche perché anche i più ferrati tra voi non sanno che il cacao al mondo è davvero pochissimo, raro ed estremamente costoso.

L’assaggio

L'inclemente: i gastrofighetti e le capitali della pizza

Gli shop online ormai fanno parte della nostra (mia) quotidianità; durante quest’anno ho scoperto una miriade di piccoli produttori che, alla bell’e meglio, si sono attrezzati con piattaforme di vendita sul web. Questa settimana, di buono, ho preso della birra da Balabiott, birrificio di Domodossola. Niente, mi è piaciuta: prezzo onesto, pack da comporre come vi pare. Secondo me, un ottimo entry level per chi si vuole avvicinare allo spinoso tema della birra artigianale senza doverci spendere un patrimonio.

Fonti

Tomatina, Wikipedia

Il New Jersey si autoproclama capitale della pizza, Foodclub

Calculate the environmental footprint of your food, BBC Future Food

Frutta imperfetta, Il fatto alimentareCome funziona il mercato del cacao, Dissapore

I pastori tibetani stanno diventando vegetariani, Il Post

Birrificio Balabiott

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