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non date il vino agli INFLUENCER

Buoni propositi per l’anno nuovo? Non date il vino agli influencer

non date il vino agli INFLUENCER

Buoni propositi per l’anno nuovo? Non date il vino agli influencer, a meno che non crediate ancora a Babbo Natale!

Già, perché nell’abisso della rete imperversano sempre più figure che, tastevin al collo o ancora da conseguire, promuovono retoricamente una professione non riconosciuta oltrepassando quel muro burocratico italiano e catalogandosi in una parola così di moda, seppur così priva di significato: influencer.

Ma è un influencer quell’account Instagram da 100k followers o mio nonno che al bar di quartiere convince la tavolata a bere il suo vino? È influencer colui che ha collezionato studi, Master e lauree in marketing o l’agente di commercio che l’unico pezzo di carta tra le mani è la fattura consegnata tra serrande e marciapiedi?

Questo articolo non vuole dare una risposta, né tantomeno risalire all’etimologia di questa dannata parola, bensì lasciarla comprendere, affinché tutti siano consapevoli di essere e poter essere influenzati nella propria vita e in quella degli altri. Va da sé che chi ritiene sia un lavoro o un dono personale da inserire in BIO dimentica che è un sintomo antropologico dell’essere umano, così come lo è innamorarsi, tradire, ecc..

Una parola, quindi, che riflette tante incertezze e sfrutta l’incomprensione per occultare tecniche e strategie poco trasparenti, indebolendo ancor di più il dialogo di filiera che vede tra il produttore e il consumatore una situazione asmatica e carente di figure professionali.

non date il vino agli INFLUENCER

Ma se le agenzie continuano a lustrare fantomatici “top profili” da seguire, basandosi semplicemente sulla base di followers e il dibattito wine2wine di Verona null’altro ha portato di nuovo se non che serve maggiore comunicazione e altre sensazionali scoperte che sicuramente cambieranno le nostre vite per i prossimi 5 secondi, cosa c’è davvero dietro questo sipario e come riconoscere il vero dalla finzione?

- QUANTI FOLLOWER HA?

L’origine del male. La prima domanda in assoluto quando ci si riferisce ad un profilo social. Banale quanto irriverente, racconta davvero poco di quel numero, da chi è composto e da che significato ha nel suo insieme. Ancor più grave è ricevere commenti circa questa cifra e lasciarsi abbindolare sulla base di un contrassegno che, ormai sappiamo tutti, viene inverosimilmente foraggiato da escamotage vari. In un mondo al contrario, sarebbe come chiedere “quante bottiglie fai?” ad una Cantina e sulla base di quel numero trarre le proprie conclusioni di carattere qualitativo. Quindi meglio riformulare con domande specifiche circa il percorso formativo e lavorativo, analizzando se si possiedono proprietà tecniche oltre che di linguaggio e se si è capaci di trasmettere ad una community specifica ed in che modo. “Meglio pochi ma buoni”, come nel caso di Mattia Metta (mattia.metta su IG), con appena 2000 seguaci e tanto carattere, intraprendenza e voglia di mettersi in gioco senza barare, o Felix Jermann (alojzfelixjermann su IG) che lungo il suo percorso cosmopolita ha sviluppato sia competenze in comunicazione sia in cantina, brillando con una propria identità in appena (si fa per dire) 6k di followers.

- TI REGALO UNA BOTTIGLIA IN CAMBIO DI CONTENUTI

L’odierno baratto del mercato Instagram che accontenta la crescente fetta di chi di vino non vive. Già, perché fa piacere a tutti bere gratis e sappiamo bene che chiedere alle Cantine collaborazioni di carattere economico sia secondo per difficoltà solo a farsi prestare soldi da un genovese. Ma a cosa porta questa manovra? Molto spesso nulla, una pubblicazione in cui ci si ricorda del soggetto anziché della bottiglia, un taglia e cuci sulla descrizione e l’appassionata sfilza di commenti incuriositi di persone preposte a farlo. Come? Ancora non vi siete accorti che certi account sono commentati sempre dagli stessi profili che, adunati sotto varie forme di gruppo, si scambiano questo tipo di favore? Certo, perché superata la crisi di mezza notorietà ora tocca truccare anche l’E.R., ovvero quella percentuale che calcola il tasso di conversione così brutalmente esposto da piattaforme come Not Just Analytics. Soluzione? Oltre a questioni numeriche e di conversione, pensiamo piuttosto al taglio stilistico che più ci appassiona o a cui vorremmo affidare lo sviluppo di un brand. Diffidate da chi parla bene di voi in cambio di una bottiglia, anche perché per un’altra semplice bottiglia potrebbe svendersi a un altro. Come riconoscerli? Navigate e analizzate… e dopo aver individuato quel comunicatore che vi piace, chiedetegli se ha Partita IVA, vi aiuterà almeno a scremare la categoria dei lavoratori dagli inetti. Servono maggiori info? Oltre al registro delle imprese, potete rivolgervi con maggiore tranquillità ad Alessandro Ingrosso (tannintime su IG) e Simona Geri (simonagsommelier su IG), loro avranno tutte le risposte del caso su come si vive da professionisti del vino.

- TRADIZIONE E INNOVAZIONE

Con l’Italia sprofondata al 58° posto nella classifica annuale che valuta lo stato del giornalismo e il suo grado di libertà, di certo non ci si poteva aspettare un miracolo dal comparto vino. Sembra di assistere a continui rilanci territoriali ancora da scoprire, vini con longevità da Matusalemme e tradizioni vitivinicole che scardinano il passato industriale e il boom economico del dopoguerra italiano, tante sono le Aziende che da brochure già producevano vino alcune generazioni fa. È vero, si legge sempre meno, ma quando ci si avventa, premiamo il coraggio di chi lo fa offrendo contenuti originali e soprattutto reali. Sia esso un post, un tiktok, un libro o un editoriale, vorremmo arricchirci e sapere che dall’altra parte c’è il pensiero di una persona che ha studiato e non semplicemente letto, come ci suggerisce WineMeridian. In tal senso, come non citare Luca Grippo (lugrippo su IG), Augusta Boes (sommelier_on_a_mission su IG), Lucia Migliaccio (luciaimmacolatamigliaccio su IG), Luca Matarazzo (luca_matarazzo_sommelier su IG) e Francesca Granelli (francescakikigra su IG).

- SMUOVERE I MERCATI

Altra questione rilevante posta nel peggiore dei modi. Perché nel comparto vino esistono i produttori, i consumatori ed una serie variegata di professionisti atta a promuoverlo, comunicarlo, venderlo e rappresentarlo. Non tutti questi attori sono preposti alla commercializzazione e sbaglia clamorosamente chi si aspetta da un post in bacheca un bancale di vino da spedire. I comunicatori sono quindi tutti da buttare? No, ma creiamo le basi per un ponte che dal territorio di provenienza scalfisca l’interesse generale attraverso le giuste competenze che andiamo a ricercare. Gli eventi, le degustazioni e le fiere sono ottime vetrine in cui servirsi di validi comunicatori può essere un ottimo supporto. Creare legami è l’obiettivo finale ed esistono account molto abili nel connettere questi due poli. Diamo spazio a chi sta approfondendo la conoscenza del settore integrando le proprie virtù, siano esse racconto, video o fotografia. Mai sentito parlare del World tour di Andrea Zigrossi (trotterwine su IG) o i racconti di Thomas Taddeo (hipster_wine su IG)?

- CHE LAVORO FA

“Chi sa fare, sa capire” recita una famosa battuta in “chiedimi se sono felice” e difficilmente il pignolo Giovanni aveva torto. Ma una persona per poter comunicare il vino di quali titoli ha bisogno? Principalmente nessuno, questo è l’inganno dell’uguaglianza sui social in cui siamo tutti schierati agli stessi nastri di partenza ma alla ricerca spasmodica di likes e interazioni che ci deviano il percorso. Da apprezzare sono però quegli individui che, attraverso il proprio percorso lavorativo, hanno deciso di continuare a comunicare trasversalmente la propria e le altre realtà, con focus ben distinti tra loro. Da Filippo Canel (the_winocratic su IG) voce della propria Cantina (e non solo) a Maria Elena Boggio (lasecondadolescenza su IG) dal Vinoir di Milano, fino a Giuseppe Balzano (zombiwine su IG) che è resuscitato in terra campana per dar vita al suo locale totalmente incentrato su vini artigianali.

Parlavamo in apertura di buoni propositi? Approfittando del clima da “a Natale siamo tutti più buoni” pensa se tutti i comunicatori del vino autodenunciassero le proprie marchette in una sorta di outing, regalandoci una rinuncia a tutti quei trucchetti e abusi finora perpetrati per restituire un pezzettino di credibilità sottratta al comparto.

Impossibile. È come credere a Babbo Natale? Dipende dalla volontà della filiera, compresi Produttori, Associazioni e Consorzi. Noi continueremo a parlar di vino, ma voi per carità smettetela di parlare di INFLUENCER.

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