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Oggi sono i pizzaioli (e la pizza) a condurci all'alta cucina

Pizzaioli e pizzerie sempre più vicini alla ristorazione di alto standard

Oggi sono i pizzaioli (e la pizza) a condurci all'alta cucina

Sempre più presente tra i buoni propositi dei ristoranti di alto standard c’è l’avvicinare le nuove generazioni alla propria cucina.

Non parliamo ancora di cercare personale, stavolta parliamo di clienti.

È innegabile che mezzi di divulgazione come i social, e soprattutto Instagram, siano rivolti e frequentati principalmente da giovani che investono sempre meno tempo nella comunicazione scritta prediligendo un linguaggio fotografico, d’impatto, dal like istintivo. E così chef e ristoranti sono sempre più presenti con questo genere di comunicazione già da un po’, ma sicuramente rafforzati e incoraggiati dalla pandemia che ha sia veicolato da se il trasferimento (quasi) totale sui social del rapporto con il cliente, sia ha avvicinato esponenzialmente l’intero popolo alla cucina: e nell’effetto nostalgia per alcuni cibi “irriproducibili” a casa e nel dilettarsi all’homemade, principalmente della panificazione e dei lievitati.

Le pizze sono state centrali del lockdown: ricette come se piovessero, foto in ogni dove ma anche delivery alle stelle, statistiche impazzite. Insomma, in una visione “serena” di questi ultimi due anni si può parlare di pizza come protagonista indiscussa.

Tra i molteplici sondaggi e le tante analisi fatte ce n’è una recente che Eataly ha commissionato a Doxa che ha come tema il consumo di pizza degli italiani in base a diversi parametri: la frequenza, le tipologie preferite, i comportamenti di scelta, l’importanza di fattori come ingredienti, filiera e leggerezza. 

Ciò che è emerso, oltre a confermare la pizza come comfort food legato a momenti di convivialità e indulgenza del gusto, quello che sorprende è che la pizza viene consumata una volta la settimana dall'86% degli italiani, dal 40% anche due volte, il pubblico più giovane (di età compresa tra i 18 e i 24 anni), il 16% , si spinge a consumarla anche tre volte la settimana. Ah, e preferibilmente che sia la tonda.

La vera e propria “evoluzione” sta nella attenzione che sia realizzata con materie prime di qualità. Il cliente e soprattutto i giovani clienti puntano alla ricerca di prodotti di filiera e ingredienti made in Italy, alla leggerezza degli impasti, facendo di queste caratteristiche anche motivo per cui si è disposti a pagare di più.

Ebbene secondo l'analisi, gli italiani sono disposti a pagare di più se una pizza è preparata con ingredienti di qualità (84%) e italiani (76%), in particolare i più giovani, e se è lievitata a lungo (66%). Questi numeri diventano interessanti perché si svelano l'evoluzione delle abitudini e del gusto accompagnati da scelte sempre più consapevoli.

E se fossero proprio le “pizze di alto standard” a fare da mediazione tra i giovani e la cucina ricercata?

Oggi più di un terzo degli italiani dichiara di essere propenso a sperimentare gusti diversi e proposte nuove quando è fuori a cena (soprattutto nella fascia di età che oscilla tra i 18 e i 40 anni). Le proposte creative dei menu incuriosiscono sempre di più forse anche perché sempre maggiore è l’estro manifestato da un topping, ma anche perché la voglia di avvicinarsi ad un mondo di consistenze ed equilibri è inversamente proporzionale al prezzo che queste esperienze hanno, spesso il vero ostacolo proprio per i più giovani.

E così torna in ballo la funzione di ponte che le pizze possono avere: offrire prodotti e accostamenti gourmet e che sempre più spesso si ispirano a piatti stellati ad un prezzo decisamente non proibitivo. Altro discorso è quello di marciare sulla pubblicità dell'utilizzo di prodotti di qualità associandola anche alla parola "gourmet" per puro scopo di marketing. Accade in questo modo che i pochi (al solito) rovinino anche il lavoro di chi davvero prova a fare la differenza.

Pizzaioli del calibro di Martucci, Pepe, Padoan o Bosco pur essendo fieramente esponenti della loro categoria, vengono sempre più “visti” dai foodlovers come punto di diamante della cucina italiana. Altro dettaglio della ricerca Doxa è che la fama del pizzaiolo - in linea generale - interessa un segmento più di nicchia, un numero che però sale al 35% tra i giovani nella fascia d'età 14-34 anni. Dunque il fenomeno è ben presente ma forse si parla meno delle potenzialità e delle responsabilità di esso.

L’offerta sempre più strutturata, il sevizio di sala e sommelier che tocca punte molto alte (Vitagliano docet), l’esperienza sempre più esclusiva (vedi Autentica e Sperimentale) fanno intendere che questi protagonisti mirano a portare ancora più in alto i loro prodotti ma anche che i loro famelici fan abbiamo desiderio di mettersi alla prova con loro.

Ed i classici ristoranti di media fascia?

I "ristorantini" diventano sempre più irrilevanti in questo quadro perché fanno poco o niente per aggiornare la loro offerta al cliente e quindi per essere attrattivi e soprattutto vengono "battuti" dai nuovi nati fast casual: ibridi che uniscono ad un modello di business consolidato in termini di costo delle materie prima e costo del personale (le due principali variabili di un conto economico della ristorazione) un ambiente rilassante ed informale con servizio al tavolo e maggiore attenzione alle esigenze dei clienti e, per estensione, degli investitori. Dunque, mentre ognuno trova il suo posto (e la sua staticità, intesa più come immobilità che come equilibrio ma molto spesso anche costante) la "pizzeria" si trova in bilico, in una categoria indefinita, reclamando il suo posto nella ristorazione, forse anche per il troppo tempo relegata in una classe a parte.

La pizza può davvero diventare la quadratura del cerchio di un settore ferito, i pizzaioli intanto potrebbero essere i conciliatori di una crisi economica e di interesse se solo lasceranno ancora che i clienti siano le guest star.

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