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Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Salvatore Antonio Grasso di Pizzeria Gorizia 1916 è il nuovo presidente de "Le Centenarie"

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Salvatore Antonio Grasso, patron della storica Pizzeria Gorizia 1916, è il nuovo presidente dell’Unione delle Pizzerie Storiche Centenarie di Napoli. Queste pizzerie, che rappresentano Napoli gastronomicamente, socio-culturalmente e storicamente, si sono unite per dare la giusta importanza al ruolo della pizza allo scopo di difenderne la vera identità e di tutelarne le modalità di preparazione.

Salvatore Antonio Grasso neo presidente de "Le Centenarie" ci racconta la storia di Gorizia 1916. Un'avventura lunga un secolo che vi darà fiducia e coraggio nonostante il periodo difficile che stiamo vivendo. Ecco cosa vuol dire essere una Centenaria.

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Salvatore Antonio Grasso

Pizzeria Gorizia 1916 è un simbolo nella storia della pizza napoletana e Salvatore Antonio Grasso ne è l'esempio, basta pensare che rappresenta la quinta generazione ed il quinto Salvatore a portare in alto il nome dei Grasso.

La notizia del rinnovo alla presidenza dell'Unione delle Centenarie arriva in un momento storico in cui le parole d'ordine sono "cambiamento" e "perseveranza", parole che non hanno mai smesso di essere base fondante della filosofia e della mentalità per la Pizzeria Gorizia; neanche la pandemia può ammaccare chi ha steso panetti per le pizze "pure senza mani" e proprio con la motivazione e la spinta di sempre, di coloro che sono risorti finanche dalla loro stesse ceneri, come una fenice moderna sono ad oggi simbolo di ciò che la ristorazione tutta sta affrontando in questo periodo.

Salvatore Antonio Grasso ci racconta l'evoluzione ed un secolo di storia di Napoli e d'Italia attraverso le tappe della Pizzeria Gorizia 1916 e della famiglia Grasso: "La storia del vecchio Vomero passa per la pizzeria Gorizia e la storia della pizzeria Gorizia non può prescindere da quella della famiglia Grasso!"

Questa storia ve la racconteremo in modo un po' diverso: partiamo da una fine che è stato in realtà, per la Pizzeria Gorizia, un nuovo inizio.

"Era l’Agosto 2003 quando ci riunimmo per definire il passaggio delle quote societarie della “Gorizia srl”. Zia Titina, l’austera memoria, fra le lacrime firmò il passaggio, mi strinse le mani e mi disse una frase che ha continuato a ripetermi quasi a spronarmi per tenerne alto il ricordo: ”Rammenta il nome che porti!”, mi disse."

A parlare è Salvatore Antonio Grasso, commosso dal ricordo di quel settembre 2003 quando la Pizzeria Gorizia a quasi 90 anni dalla sua apertura, fu costretta a chiudere i battenti.

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Il fondatore della Pizzeria Gorizia 1916 Salvatore Grasso

<<Mio nonno è mancato nel marzo 1972, da quel giorno è stato un continuo tirarvi una pietra alla volta dalla nostra amata Pizzeria Gorizia; una discesa che tra cadute ripide e lenti dirupi, ci ha costretti nel 2003 a prendere un provvedimento che sembrava definitivo. Eppure anche quella volta fu mio nonno a risollevarci in qualche modo.

Quelle serrande abbassate erano un pezzo di vita strappata. I ricordi, la Storia! Perché cancellare la testimonianza di uno spaccato di vita del vecchio Vomero? Salvare la Gorizia affondata dai debiti era una follia. Si rischiava di venirne coinvolti: non avevo disponibilità, avevo idee chiare ed entusiasmo ma niente soldi.

Stranamente la “vita”, quando meno te lo aspetti ti mette di fronte a delle scelte e, quando ti vede incerto, ti prende per mano e ti porta a compiere ciò che è già stato deciso. Sembra incredibile ma il consiglio, la determinazione e poi la forza e l’incoscienza mi furono date da un’intervista fatta a Valentino Rossi per il suo libro “Pensate se non ci avessi provato!”

"Quanto è vero!", pensai, se non ci avesse provato ora ci sarebbe un vuoto riempito da un vuoto proprio in quello spazio dove oggi c'è l'icona del motociclismo mondiale. Avevo l’obbligo di provare. E se il destino mi avesse dato una mano? Non era facile, dovevo trovare un pazzo (più pazzo di me) che credesse nell’impresa anticipando i capitali.

"Siamo dei predestinati, quando sei preso hai voglia a dibatterti non c’è niente da fare. Tanto vale assecondarlo" - diceva mio nonno.

Il pazzo più pazzo di me non lo trovai, bensì fu lui stesso a presentarsi da me: mio cugino, Gianni Fenderico, imprenditore di successo, nostalgico e affarista. Riuscimmo a coinvolgere anche mio fratello Antonio, perennemente riluttante e timoroso.

Fu così che il 23 novembre 2003, dopo una ristrutturazione che non cambiò nulla della vecchia Gorizia ma la rese solo più funzionale, riaprì la Pizzeria Gorizia 1916!

Ci eravamo imposti la riapertura a dicembre perché con agosto è il mese più forte dell’anno. Dicembre sarebbe stato il termometro, se fosse andato male sarebbe stata la fine.

Andò bene! Se esiste un aldilà sicuramente mio nonno mi ha dato una mano. Con sacrificio e lavoro abbiamo risolto quasi tutti i debiti, recuperata credibilità e stima. Ora guardiamo al futuro per condurre la Gorizia 1916 fino ai suoi 100 anni …e poi sia fatta la volontà di Dio!>>

19 marzo 1972, festa del Papà

<<Nonostante ben 5 pizzaioli alle sue dipendenze, nonno Salvatore ancora era sul banco a fare pizze. Cravatta nera, ”giubba” bianca e grembiule candido.

Nonostante l’artrosi alla mano destra, non rinunciava al suo piacere-dovere: pochi possono capire cosa significhi stender una pizza con una pasta morbida, setosa, che senti sotto i polpastrelli prendere forma, il dosare gli ingredienti ed i sapori.

La pizza più difficile è la marinara, proprio perché il sapore è dato solo da origano, olio, aglio, sale, passata di pomodoro, dalla pasta e dall’arte del pizzaiolo!

Mio nonno, mentre faceva le pizze per la sala, usava fare una bella marinara che veniva tagliata a spicchi e lasciata raffreddare. I camerieri, ogni tanto, passando ne prendevano uno spicchio.

Con mio nonno avevo un rapporto splendido. Non ho mai saputo il motivo e non penso fosse solo perché portavo il suo nome, di certo è che oggi sono qui a continuare la sua opera!

Quel giorno passai a fargli gli auguri, lui era sul banco a fare le pizze. Io mi incantavo sempre a vederlo lavorare, a causa dell’artrosi non riusciva ad aprire la mano e per questo stendeva la pizza facendo passare la pasta sul dorso e con un movimento innaturale ma a lui congeniale, allargava il panetto in modo uniforme e sottile... un artista, un grande!!!

"Nonno, auguri!"

"Mangiati un pezzo di pizza sta già sul marmo vicino al forno"

Io per timidezza rifiutai.

"Non fare il fesso! Mangia la pizza che come questa non la mangerai mai più!"

Per non contraddirlo mangiai quello spicchio di marinara. Era eccezionale!

Sceso dal banco si sedette alla cassa, bevve il solito bicchiere di Sangemini e mi guardò. Mio nonno era di poche parole, bisognava capire fra le righe ciò che voleva significare il suo (non) dire:

"Com’era la pizza, ti è piaciuta?"

"era buonissima!"

"Hai visto? non rinunciare alle piccole cose che la vita ti offre: la felicità è uno stato d’animo. Apprezza e ricorda…perché alla fine ti resterà solo quello!"

Allora ero giovane, tutto mi passava davanti, vivevo come tutti i giovani freneticamente, senza mai afferrare l’attimo già pensando a quello successivo. Solo oggi ho capito che ero felice ma, stupidamente, non lo sapevo!

Era il 19 marzo 1972. Quella fu l’ultima volta che vidi mio nonno, quattro giorni dopo, il 23 marzo, morì.>>

Mio Nonno, Salvatore Grasso

<<Il rapporto con mio nonno era molto particolare. Mio nonno incuteva rispetto, aveva un carattere un po' burbero e non incline alla confidenza per cui avere un dialogo non era facile.

Ogni mia visita era dettata dal piacere di dialogare con lui e sentivo che il piacere era reciproco. Andavo a trovarlo intorno alle 15, quando si sedeva a mangiare, gli facevo compagnia e avevamo un po' di tempo solo per noi. Per me era una continua evoluzione di vita, un insegnamento che mi impartiva con ogni sua parola, gesto, segno.

Un giorno ricordo che uno dei pizzaioli gli chiese se poteva andare. Mio nonno gli diede il permesso poi si alzò e andò nel reparto della lavorazione della pasta a controllare. Il pizzaiolo intanto nello spogliatoio, si cambiò, quindi salutò e si avviò verso l’uscita.

"Gaeta’ " - disse mio nonno- "hai pulito bene il tuo reparto? Vedi che 'a martola (il sito dell’impasto) sta sporca!"

Il pizzaiolo, senza dire niente, annuì e tornò indietro, si rivestì dei suoi abiti da lavoro ed andò a completare il lavoro.

"Ho capito che stai pensando- mi disse guardandomi negli occhi - ”ti starai chiedendo perché non gliel’ho chiesto prima che si spogliasse. Beh... L’ho fatto per dargli una lezione senza parole e vedrai che la prossima volta prima di chiedermi di “smontare” completerà per bene il suo lavoro."

Mi ricordo che mi regalava 10.000 lire ogni volta che andavo. E dopo anni ho scoperto che ero l’unico nipote a cui elargiva questo regalo. Non andavo spesso a trovarlo e sicuramente non per i soldi…e penso proprio che lui lo sapesse!>>

Dal Vomero alla Gorizia

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

<<Il Vomero, oggi ameno quartiere residenziale che sovrasta il golfo di Napoli, all’epoca era solo terra coltivata a broccoli.

Verdi distese resistettero all’urbanizzazione fino alla fine dell’800, mal collegato, il territorio era isolato dal centro anche se comunque veniva considerato -dalle ricche famiglie borghesi- luogo di villeggiatura per chi d’estate voleva ritrovare un po’ di refrigerio in collina lontano dal mare.

Preservato da quei pochi sentieri, per lo più pietrosi e pendenti, deve il suo nome “vomero” proprio all’aratro. La zona urbanistica iniziò a svilupparsi intorno ai due punti di riferimento: la Floridiana, che nel 1817 Ferdinando I fece ristrutturare per donarlo alla moglie duchessa di Florida (da cui il nome), e Castel Sant’Elmo ed il ritiro monastico della Certosa di San Martino (entrambi di fondazione Angioina).

Le principali arterie (via Luca Giordano, via Scarlatti, piazza Vanvitelli, via Morghen ed il tratto superiore di via Bernini) trovarono realizzazione alla fine dell’800. La Santarella fu costruita per Eduardo Scarpetta nel 1909 in via Luigia Sanfelice.

Le basse costruzioni stile Liberty iniziarono a prolificare. Le nuove vie d’accesso delle funicolari di Chiaia 1889, Montesanto nel 1891 e nel 1928 quella Centrale.

Era alla vigilia del primo conflitto mondiale.

I fiumi di parole, da D’Annunzio a tutti gli intellettuali, condizionarono il Governo che con il “Patto segreto di Londra” stretto con Francia, Gran Bretagna e Russia definirono le strategie che avrebbero portato l’Italia a dichiarare Guerra all’Austria. Salvatore Grasso, classe 1892, all’epoca appena ventenne, era il pizzaiolo della pizzeria Mattozzi quando ebbe la cartolina di richiamo alle armi.

Sposato con Anna, in attesa del suo primo figlio, quel richiamo fu una notizia tremenda.

Giù al Cavone a Salvator Rosa, vi fu mobilitazione generale per la partenza di Salvatore il figlio di don Salvatore “o’ pizzaiolo”. Anna la moglie, con il pancione prominente, lo baciò fra le lacrime e disse:“Salvato’ ti aspetto, ti aspetterò per tutta la vita, perciò torna, torna presto”. Questa fu l’ultima raccomandazione di Anna, ai piedi della tradotta militare coperta dallo stridio e dal frastuono.

Per Salvatore si apriva una nuova vita.

Lui, persona pacifica, a soli 10 anni già lavorava. Prima nella pizzeria di suo padre e poi a maturare esperienza in locali più rinomati fino ad affermarsi, a sol vent’anni, divenendo i primo pizzaiolo di Mattozzi. Lui, che nella sua vita non aveva mai ceduto alla violenza, ora si trovava in guerra: avrebbe dovuto combattere, magari uccidere, e si chiedeva se ne fosse stato capace. Appena arrivato al fronte, al primo addestramento, gli fu data la sua arma: il suo moschetto 91-38 con baionetta incorporata, da innescare negli assalti alle trincee nemiche. In quel preciso istante Salvatore capì che non ne sarebbe mai stato capace, probabilmente fu il primo obiettore di coscienza, ed è così che lo destinarono alle cucine e al vettovagliamento.

Le truppe ammassate al confine erano pronte, agli ordini del generale Cadorna, il morale era alto, si prospettava una passeggiata fino a Vienna, vista l’esiguità e l’inconsistenza delle truppe Austriache. Salvatore non riusciva a condividere, il suo pensiero era la sua famiglia che senza il suo apporto si sarebbe trovata in gravi difficoltà: suo padre anziano non aveva più la forza di provvedere ai fabbisogni della madre, delle sue sorelle, di Anna e del loro primogenito che in realtà era una figlia, Immacolata e per per tutti zia Titina, che nacque il 23 maggio del 1915.

All’alba del 24 maggio 1915 fu dato l’ordine di invadere l’Austria, inaspettatamente la difesa nemica oppose grande resistenza colpendo obiettivi strategici con un bombardamento mirato. La prima granata portò sconquasso nelle cucine da campo e tutti cercarono scampo cercando riparo acquattandosi sotto i camion. Salvatore non ne ebbe il tempo, la prima granata della prima guerra lo aveva già fatto fuori. Si risvegliò in un letto di ospedale da campo, gli fu detto che era stato operato al polmone destro, che comunque era fuori pericolo ma che ci sarebbe voluto del tempo per riprendersi.

Fu congedato e fece ritorno a Napoli, a casa.

Anna si dedicò a lui giorno e notte, incurante delle male lingue e delle critiche. Il padre di Anna, facoltoso commerciante di frutta detto ”Don Antonio o' miezz milion", per mettere a tacere i pettegolezzi decise che i due si sarebbero dovuti sposare e cambiare aria, magari spostandosi al Vomero. Un contadino, che gli consegnava la sua produzione di broccoli, gli parlò di un locale nei pressi di piazza Vanvitelli di proprietà di un nobile, il Duca Pironti -persona molto buona e comprensiva. che sicuramente avrebbe aiutato i giovani a realizzare il loro sogno. E cosi fu!

Il locale in via Bernini 29 era già adibito a pizzeria, come si legge nel libro del prof. Antonio Mattozzi, e si chiamava “Pizzeria Vomero”, una pizzeria solo d’asporto con la sua bancarella.

Era il 10 maggio 1916 quando Salvatore varcò l’uscio di quella che sarebbe diventata la Sua Pizzeria. La rinominò “Nuovo Vomero”.

All’inizio le cose continuarono sulla falsa riga del vecchio proprietario, si stentava a decollare, poi la svolta. L'8 agosto 1916, i fanti del 28 fanteria Piave, i suoi commilitoni, entrarono a Gorizia e Salvatore, nostalgico, lo prese come un segno del destino: la ex sua brigata "Piave" era entrata in Gorizia e pensò bene di omaggiare quel momento dando nuovo nome alla sua pizzeria. Così, il 20 agosto del 1916, nacque la “Pizzeria Gorizia”. >>

Aumentano i Grasso e cresce la Pizzeria Gorizia

<<Salvatore ed Anna, oltre al nome decisero di cambiare anche impostazione. Il quartiere era in pieno sviluppo, tutt’intorno era un prolificare di nuove attività quindi organizzarono una piccola cucina dietro al forno per preparare qualche fritturina e dei contorni da abbinare alle pizze di Salvatore.

Le cose iniziarono a cambiare, più proposte, più clienti, più soldi per riuscire, finalmente, a pagare i debiti.

Un giorno Anna, mentre era in cucina, si sentì male: nausea, vomito... insomma capì che era incinta e avrebbe dato un figlio al suo Salvatore, un aiuto futuro di certo, ma fino ad allora come avrebbe fatto? Lei dava un grosso contributo, chi mai avrebbe potuto sostituirla?

Salvatore era felice. Stanco ma felice. Voleva tanti figli che lo avrebbero aiutato; avrebbe dovuto penare qualche anno ,ma poi…

Intanto il Vomero andava a popolarsi, il lavoro aumentava ed in più il Duca Pironti, apprezzando molto le pizze e la cucina nonché la personalità e l’intelligenza di questo ragazzo, decise di aiutarlo

“Salvatore, vedo che piano piano le cose stanno migliorando. Ora Anna aspetta pure un figlio e tu hai bisogno del suo aiuto. Allora facciamo cosi: ho un appartamento proprio sulla pizzeria, lo do a voi. Per il pagamento non ti preoccupare, so che sono momenti difficili ed i soldi mo’ ti servono e... ne riparliamo quando sarà il momento, intanto qua stanno le chiavi, prendile e non fare il fesso!”

Salvatore prese le chiavi e tentò di baciare la mano al vecchio patriarca che la ritirò e disse: "ti ho detto di non fare il fesso! Va e che la fortuna vi assista."

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Il 23 maggio 1915 nacque Titina, la prima ed unica ancora in vita- degli altri 8 figli che vennero in seguito: Salvatore (tradizione di famiglia mettere il nome del nonno al primogenito), Maria, Gennaro, Antonio, Pasqualina, Enza, Gaetanina.

Intanto, intorno al 1925, era unico locale al Vomero: la storia di Napoli è passata in quei locali. Fu sede dell’organizzazione della “festa dell’uva”, una sorta di festa di Piedigrotta che coinvolgeva tutta la popolazione ed i commercianti per allestire le vetrine più belle ed i carri allegorici con tema la vendemmia. Le costruzioni di nuovi fabbricati portarono un incremento urbanistico e la Gorizia si trovò a doversi adeguare alle sempre nuove richieste.

I numerosi muratori, che all’ora di pranzo affollavano la pizzeria con i minuti contati, costrinsero Salvatore ad inventarsi il primo fast food della storia le "colezioni alla forchetta” che consistevano in una proposta di contorni da mettere in mezzo al pane fatto con la pasta delle pizze.

Salvatore, anche se dotato di una intelligenza fuori dal comune, purtroppo e per necessità non aveva mai frequentato una scuola, era analfabeta per cui neanche si rese conto dell’errore ortografico per la proposta scritta sul vetro.

Nel 1932 il locale adiacente adibito a barberia si liberò e, date le esigenze, il Duca Pironti lo offrì a Salvatore che senza indugio lo annesse alla pizzeria realizzando quella che è tutt'oggi la pizzeria Gorizia.

Il tempo passava, i figli di Salvatore incominciarono a collaborare. Il primogenito Salvatore, mio padre, era dei tre figli maschi quello più portato alle pizze, mentre Antonio e Gennaro alla sala.

Mio nonno, grande pizzaiolo ed imprenditore, aprì una seconda pizzeria in via Scarlatti dove ora c’è il negozio Buonanno. In questa pizzeria mio padre, allora tredicenne, ha iniziato a far pizze. A 20 anni era il pizzaiolo della Gorizia. Orario: dalle 12 alle 2 di notte. Giorno di riposo: mai!>>

La seconda guerra mondiale, il secondo Grasso alle armi

<<Siamo alla vigilia della seconda guerra mondiale ed un altro Salvatore Grasso viene chiamato alle armi.

Dal 1938 al 1945, fu in guerra e fu poi uno dei pochi sopravvissuti della divisione Aqui allo sterminio perpetrato dai tedeschi a Cefalonia.

La storia della pizzeria Gorizia non può prescindere da quella della famiglia Grasso.

Il secondo conflitto si fece sentire anche a Napoli con bombardamenti, invasioni, saccheggi, miseria, fame. La pizza si comprava con la tessera perché tutto era razionato. Fuori alla pizzeria Gorizia c’era la ressa: persone che, oramai prive del tagliando, non ne avevano più diritto. Mio nonno, sempre disponibile e sensibile alle altrui esigenze, comprava la farina al mercato nero e la rivendeva senza lucrare.

Penso che proprio a quei tempi sia nato l’amore dei Vomeresi per la pizzeria Gorizia e per don Salvatore. La pizzeria Gorizia, nonostante la guerra, divenne il salotto del Vomero, l’appalto con la mensa ufficiali portò la frequentazione di gerarchi ed alti ufficiali che iniziarono a frequentarla.

Il dopoguerra è stato un crescendo: con l’economia in crescita, il Vomero ando’ ad incrementarsi portando nuova linfa al commercio e rendendo il quartiere più autonomo. Nacquero più iniziative personali.

Mio padre Salvatore, al ritorno dalla sua prigionia in Germania alla fine del 45, subito rientrò in pizzeria dove rimase fino al 1962, anno in cui apri la sua pizzeria in via A. Albini al Vomero.

Gli anni 40 furono sicuramente quelli più difficili, la guerra portò fame e miseria, la farina e le materie prime erano contingentate. La pizza, come il pane, veniva acquistata con una tessera.

La pizzeria Gorizia cercò altri sbocchi e, proponendo le sue referenze, riuscì ad ottenere la gestione della mensa degli Ufficiali del vicino Castel S. Elmo. Le divise degli alti ufficiali come quelle dei Gerarchi caratterizzarono questo periodo della storia della pizzeria.

Poi il dopoguerra, la ricrescita, la voglia di tornare a vivere.>>

La mano del Duca Pironti

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

La zuppa inglese di Gorizia 1916

<<La storia della pizzeria Gorizia passa anche attraverso il Duca Pironti, proprietario dell’immobile, suo mentore e primo “cliente". Oltre ai dettagli raccontati prima che lasciano già intendere l'immenso aiuto e affetto del Pironti, c'è da dire che il Duca usava frequentare il locale accompagnato dall’allora nobiltà. Le esigenze della casta imposero comportamenti adeguati che dettarono gli acquisti e le assunzioni.

A fianco della pizza sempre eccezionale, bisognava abbinare una cucina altrettanto eccezionale e gli portò Giuliano detto ‘Ngiulillo, grande cuoco a servizio di una decaduta famiglia nobile che non poteva più mantenere il proprio tenore.

La zuppa inglese di Ngiulillo e la pizza di Salvatore fecero miracoli! Dal centro storico si saliva al Vomero per gustare le prelibatezze.

Un giorno si presentò in pizzeria un gruppo di persone della vecchia nobiltà fra cui faceva spicco un uomo molto elegante accompagnato da una bellissima donna. Salvatore accolse gli ospiti personalmente:

“Prego eccellenze, accomodatevi… quale onore avervi miei ospiti. Cosa gradite?”

"E me lo chiedi? Si dice che fai una bella pizza, siamo saliti al Vomero apposta per provarla... sì, vulimm na’ bella pizza ‘e la zuppa inglese" –rispose l’uomo.

Mio nonno, abituato da sempre ad accontentare i clienti, era incredulo quando scoprì che la bella nobiltà era nel suo locale e lui doveva dire a quelle persone, venute apposta, che la famosa zuppa inglese era finita.

Si fece animo e coraggio: “Eccellenza, non vorrei deludervi, per la pizza non c’è problema e ve la faccio con le mie mani ma…per la zuppa inglese c'è il problema... è finita! Non ce n'è più neanche una fettina…mi dispiace, non immaginate quanto mi dispiace..."

"E qual e’ il problema? - disse l'uomo- fatela fare, noi aspettiamo!"

"...Non vorrei deluderla, ma la zuppa inglese va cotta nel forno poi va servita fredda…"

"Allora muoviti altrimenti me la fai mangiare calda! IO QUA SONO VENUTO PER LA PZZA E LA ZUPPA INGLESE e allora me ne vado quando le avrò avute. 'E capito?"

Salvatore andò in cucina e disse al suo cuoco: "Ngiuli’ ca’ e a fa nu miracolo"

"E che so san Gennaro?" - rispose Giuliano.

"Ngiuli’ a tavola sta nu Principe e vo’ a zuppa inglese, ha ditt ca nun se ne va finché nun l’ha avuta!" - precisò Salvatore.

" ...E facimm a nuttat!" - esclamò Giuliano.

"Ngiuli’ facimm a’ nuttat e a' jurnat ma tu ea fa stu miracolo!"

"Vabbuo’ tu vacce a fa a pizza... va cuong (procedi lentamente, ndr)… damme ‘o tiempo…"

Dopo un assaggio di frittura arrivò una bella margherita fumante, quindi un pezzo di mozzarella in carrozza.

"Salvatò, 'a pizza era buona pero’ io penso che sì o posto d'a muzzarella ci metti i carciofi cu nu poco ‘e pummarol, origano e aglio, cu chesta pasta..." - disse il nobil uomo e proseguì: "fà na cos: fanne un paio che c'e spartimm... mi raccomando nun t’allarga’, si no a zuppa inglese nun ce trase! Anzi, vist c'amma passà nu poco e tempo assieme chiamami o’ cuoco!"

Ngiulill arrivò dicendo: "per servirvi eccellenza"

"Va buono tu chiamami come vuoi…"- disse il principe - "la sai la storia della zuppa inglese? o meglio come nasce questo dolce?"

"no!" - disse diretto Giuliano.

"‘O sapevo… uno fa’ ‘e cose e nun sape manco quello che sta facendo…va buo’ mo te lo racconto. Dovete sapere che anticamente i rapporti tra i Francesi e gli Inglesi erano sempre molto tesi... alla fine di un’ultima battaglia si riunirono a Condai per trattare l’armistizio. Alla fine di una sontuosa cena si concluse la trattativa. Ad una tavolata c’erano i francesi da una parte e dall’altra gli inglesi. Naturalmente cuochi erano francesi. Dopo le abbondanti libagioni, al momento della torta da servire agli inglesi un maldestro cameriere la fece scivolare e spiaccicare per terra. I cuochi francesi non si persero d’animo, prepararono la meringa, ricoprirono quel guazzabuglio di pan di spagna e crema, la buttarono nel forno e fecero indurire ed indorare la crosta, quindi lo chef rivolto ai camerieri disse: “Portate ‘sta zuppa agli inglesi”. Capito?"

"...scusate eccellè ma secondo voi io che ho fatto?... Col vostro permesso ve la vado a prendere" - rispose Giuliano.

Il principe mangiò la pizza coi carciofi, poi il dolce ancora tiepido, prese un bicchierino di “Strega” poi chiamò Salvatore e Giuliano: "ragazzi m’avito fatto arrecria’! da oggi in poi quando entrerò qua dentro per voi non sarò nè principe nè eccellenza ma semplicemente TOTO’!"

In seguito a quell'episodio mio nonno Salvatore mise a menù quella pizza con pomodoro, aglio origano e carciofi: nacque la Pizza Totò, ma la storia non finisce qui. Un giorno Totò ritornò a mangiare la pizza, la sua pizza carciofi e filetto. Il locale era pieno e la pizza Totò aveva riscosso un discreto successo, era un costante: "Don Salvato’ al tavolo 3 sono 3 margherite e 2 Totò", "Don Salvato’ mi fate 2 margherite, 1 marinara, 2 ripieni e 3 Totò". Così Totò chiamò mio nonno: "Ne’ Salvato’ ma che e fatt’? m'e fatto addiventà una pizza?"

Prima ci fu una grande risata generale e poi Totò aggiunse: "facciamo na’ cosa: io rinuncio ai diritti d’autore ma tu chiamala GORIZIA…sì, mi piace, diventerà la tua specialità la pizza Gorizia con carciofi e filetto". E così fu. >>

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Pizza Gorizia fù Totò

1946: la fine dell'incubo

<<Era il 1945. Il suono del campanello fece svegliare di soprassalto tutta la famiglia. Erano le 5 del mattino, mio nonno da poco aveva chiuso il locale, essere svegliato nel cuore della notte e con tale insistenza scaraventò don Salvatore giù dal letto, di corsa raggiunse la porta d’ingresso incrociando lo sguardo incuriosito e spaventato di Titina, la figlia maggiore.

"Chi è?"

"Don Salvato’ sono Finelli"

"Finelli? e che volete a quest’ora?"

"Don Salvato’ aprite che vi devo dare una bella notizia."

Il cuore gli schizzò in petto, la guerra era finita ed erano anni che non aveva notizie di suo figlio Salvatore. Finelli aveva detto una bella notizia…alle 5 del mattino….vuoi vedere che….?

Aprì la porta e vide la faccia e gli occhi, gli occhi lucidi di Finelli, il proprietario della panetteria che ogni giorno forniva il pane alla pizzeria Gorizia.

"Don Salvato’ presto, vestitevi, venite a casa mia: vostro figlio Salvatore e’ tornato!"

Io non ricordo di aver mai visto piangere mio nonno, mio padre ogni volta che mi narra di quell’incontro sottolinea che per lui fu l’unica volta che vide suo padre piangere!

5 mesi dopo, il 21 gennaio 1946, mio padre Salvatore sposò colei che lo aveva atteso per tutti quegli anni, Nunzia Fenderico, dando continuazione alla stirpe dei Salvatore.>>

Pizzeria Gorizia 1962

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

"Mio nonno, mio zio, mio padre col grembiule ed il sottoscritto anno 1956"

<<Gli anni 50 furono segnati dalla ripresa economica, si ricostruivano le case e le nuove realtà. La pizzeria Gorizia era sempre più un punto di riferimento al Vomero, tanto che tutte le sere o quasi un gruppo di posteggiatori era solito fare un passaggio fra i tavoli proponendo quei motivi che fanno grande il cuore di Napoli. Quindi, sul tardi, tornavano a consumare una pizza raccontando le curiosità e gli incontri della giornata.

Era il mese di novembre del 1962 quando, in via Albino Albino, Salvatore (mio padre) il figlio di Don Salvatore, terzo della dinastia dei primogeniti predestinati, aprì la sua pizzeria.

Un giorno Don Salvatore, allora settantenne, andò a fargli visita. Il locale era piccolino: 5 tavoli, il banco, il forno, appena un angolo cottura, i servizi. Certo non era all’altezza della “corazzata“ di via Bernini ma traspariva tanto amore e passione. Don Salvatore aveva il dono della sagacia: gli bastava un niente per trarre giudizi e fare valutazioni e capì che quel localino gestito da mio padre, altro grande pizzaiolo, aveva un futuro.

"Papà, che grandissimo piacere… che bella visita inaspettata!"

"Sono venuto a vedere…la zona si incrementerà e poi tu sei sempre un “Gorizia” anzi, volevo dirti, siccome devo cambiare l’insegna del mio locale e se vuoi la puoi far montare qua giù da te"

"Papà ,come non mi fa piacere! Praticamente mi state dando il nome Gorizia, è così o sbaglio?"

"E’ così, se ti va..."

Così nacque la "Pizzeria Gorizia 1962".

Questa è l’epoca di mio padre e delle “incredibili” 70 tavole di pasta al giorno (1050 pizze!).

Oggi conta una sala convegni-degustazioni "il Simposio”, la sala ristorante pizzeria più uno spazio esterno per un totale di 55 tavoli e circa 200 posti.>>

100 anni di Gorizia

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Salvatore Antonio Grasso con la targa conferitagli per i 100 anni di Gorizia 1916

<<Oltre ad essere fulcro del Vomero, punto di raccolta, salotto della nobiltà e spunto di rinascita anche i periodi di difficoltà, anno dopo anno e di decennio in decennio, siamo stati uno spaccato di storia vissuta della nostra società.

Il Calcio Napoli, quando si giocava al Collana, era di casa alla Gorizia così come gli attori del vicino teatro Diana, politici e VIP più o meno famosi.

Quanti personaggi famosi, e non, hanno calcato il palcoscenico della pizzeria Gorizia: da Totò ai De Filippo, fino agli attuali Salemme, Montesano, il vomerese Silvio Orlando, Michele Placido, Toni Servillo, personaggi politici, sportivi... tutti hanno dato il contributo a rendere viva la vita nella Gorizia….ma non solo….

Aneddoti e storielle nate nella pizzeria sono tante.

  • Un giorno venne a pranzo Luciano De Crescenzo, il simpatico attore, regista, filosofo, accompagnato da un gruppo di parenti. Dopo la frittura, nell’attesa della pizza si alzò e fece un giro per il locale. Pensando avesse bisogno di qualcosa gli chiesi se potevo essergli d’aiuto: "No, grazie! Sto solo rinfrescandomi la memoria. Dovete sapere che tanti anni fa, allora studente universitario, per non gravare troppo sulla mia famiglia incominciai a cercarmi un lavoro e sapete il primo lavoro che trovai quale fu?". Allora io chiesi: "il cameriere?" e lui: "Sì, appunto il camerier. Il cameriere proprio qui, nella pizzeria Gorizia! Durò solo tre mesi…troppo faticoso!"
  • Enrico Montesano, quando recita al Diana, è solito venire a cena dopo lo spettacolo. Una sera stavamo per chiudere quando venne, era solo, notò che stavamo per andare: “scusate, non vi preoccupate, ero passato solo per salutare”. “Peccato!“ -risposi io - "ci avrebbe fatto piacere se si fosse trattenuto a cenare con noi”, e lui: va be’ se proprio vi fa piacere mangio un boccone con voi”. Cenammo una seconda volta, ma è stata la cena più divertente della mia vita! Enrico è un vulcano, per lui una volta seduti al tavolo il mangiare è relativo: è un fiume di aneddoti, battute, storielle. Ci raccontò che fu “scoperto” dalla mamma di Dino De Laurentiis che lo segnalò al figlio. In modo esilarante ci narrò dell’incontro col produttore da cui sapeva sarebbe dipesa tutta la sua vita. Le sue emozioni, esperienze di vita vissuta, sempre tutto visto e narrato con l’occhio ironico e dissacrante che lo caratterizza.
  • 11 luglio 2008 ci fu un’aggressione alla pizzeria e i quotidiani ne diedero ampio risalto. A parte la gara di solidarietà dei Vomeresi, un episodio mi colpì in modo particolare. Un vecchietto dalla figura molto distinta, appoggiato al suo bastone, in un tardo pomeriggio di qualche giorno dopo i fatti dell'aggressione, entrò in pizzeria,. Senza neanche salutare, non c’era più nessuno ed il personale era già andato via, si diresse in sala: mi presentai e gli chiesi se potessi essergli utile in qualche modo; non rispose e continuò il suo giro di ispezione, quindi tornò sui suoi passi. Si fermo giusto un attimo per dire :”meno male, pensavo avessero fatto molto peggio alla nostra pizzeria”. Mi commossi, eppure non sono incline a simili emozioni ma quelle parole dette dal vecchietto, aggrappato al suo bastone, mi fecero capire che io ero solo addetto alla gestione, che la Pizzeria Gorizia era ed è dei Vomeresi!

Siamo arrivati al 2016, la Pizzeria Gorizia compie i 100 anni!>>

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Il futuro di Pizzeria Gorizia

<<Passano i giorni, gli anni e non hai il coraggio di abbandonare, rifarti una vita altrove, trovare nuove alternative...

Poi entra “Il Cliente” e fa: "Enzo na’ bella margherita, mi raccomando ben cotta!" oppure: "Salvato’ complimenti! Avete messo questo bel lampadario, ci voleva proprio."

….ma quali alternative? Dove trovo questo calore? A Napoli non ti senti mai solo, basta alzare lo sguardo….e poi…e poi c’è il sole!

La pizzeria è un palcoscenico di vita dove si esibisce continuamente chiunque si trovi a vivere il suo spaccato di vita.

Oggi, dalle rovine, sorretti solo da un grande entusiasmo e dalla volontà di recuperare valori altrimenti perduti, ci siamo dati un impegno per cercare di riportare la Gorizia là dove era e merita di essere!

Oggi so solo che ho creato una grande famiglia. Tutto il mio personale, due in più di “Quella sporca dozzina“ come diceva il mio grande nonno, è orgoglioso di far parte di questa azienda additata e recensita, osannata e screditata, mai sazia di niente, azienda che ti dà lustro, stima, fama e in cambio ti chiede solo dedizione, sacrificio, forza, sudore e fatica.

"niente si ha per niente!“, mi disse un giorno mio nonno.

Oggi ciò che non capivo diventa chiaro, mi sto avvicinando alla sua età, alla saggezza che ti dà una vita passata fra gente che ti ama, ti invidia, i parenti serpenti e gli amici “interessati”, i clienti che ti stimano ed apprezzano ed altri che cercano il pelo nell’uovo perchè dalla Gorizia, dalla loro Gorizia, vogliono la perfezione, vogliono che sia il fiore all’occhiello, il sopravvissuto ricordo del Vomero vecchio.

Come è cambiato il mondo in 100 anni...

La pizza, per fortuna, solo in minima parte ha subito il cambiamento, ma fedele a se stessa rimane splendida competenza di manualità e passione!

Questa è la nostra vita, questo è il nostro lavoro, una vita fatta di sacrifici e rinunce, fatica, problemi e responsabilità. In una città dove tutto è difficile e complicato, dove una semplice occupazione di suolo diventa un affare di stato; in una città dove si vive fra l’incudine ed il martello.

La pizza bene o male, salve qualche dettaglio, è sempre la stessa come quella di 100 anni fa, forse questo è il segreto del suo successo. Prima l’impasto era fatto a mano nella martola, i san marzano si schiacciavano con le mani e poi si passavano per separare le bucce dalla polpa. Oggi siamo tutti maestri della lievitazione, parliamo di idratazione e maturazione, l’alveografo di Chopin e la W, le proteine, la rete glutinica ed il lievito madre. All’epoca c’era “ o’ criscito, tutta la scienza si risolveva in un’empirica soluzione data dall’esperienza, si “annusava” il tempo e si stabilivano le dosi: un pugno, un po’ meno, un poco in più a secondo dell’umidità e della temperatura.

Alla rinfusa riaffiorano i ricordi, escono da qualche fessura del vecchio baule da riporre nel ripostiglio dei tempi, storia nella storia, e non ne vogliono sapere di entrare nel dimenticatoio. Siamo arrivati ai 100 anni e, se Dio vuole, di Salvatore in Salvatore la Storia continua.>>

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo

Salvatore & Marco Grasso

Alla luce di questo avvincente racconto vi domando: una pizzeria centenaria vi sembra ancora un "museo" vivente e roba da nostalgici o un esempio di grinta, forza, perseveranza, oltre a un'indiscussa capacità imprenditoriale capace di adattarsi a tempi così diversi tra loro e nascere e rinascere nonostante le difficoltà?

Vedete cari lettori, la storia non è materia morta per appassionati di relitti ma è attraverso quel che siamo stati, lasciando che questi maestri ci insegnino e ci guidino, che possiamo sperare di essere e di continuare a essere ancora.

Salvatore Grasso neo presidente de "Le Centenarie" racconta la storia di Gorizia 1916: Un'epopea che vi darà fiducia e speranza nel futuro nonostante il momento difficile che stiamo vivendo
“Le Centenarie” sono le pizzerie storiche napoletane che hanno superato o raggiunto il secolo di vita e soprattutto sono tutte passate di generazione in generazione, si tratta di: L' Antica Pizzeria da Michele, Pizzeria Starita a Materdei, Antica Pizzeria Port’Alba, Antica Pizzeria Lombardi a via Foria, Antica Pizzeria Capasso a Porta San Gennaro, Da Ristorante Pizzeria Umberto 1916, Mattozzi a Piazza Carità, Antica Pizzeria Ciro 1923, Ciro a Santa Brigida, Pizzeria Cafasso a Fuorigrotta, Pizzeria Gennaro a Secondigliano, Trianon 1923 e ovviamente Pizzeria Gorizia 1916.

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