"Tre Stelle Michelin": Storia di una straordinaria avventura personale cominciata nel '53
Maurizio Campiverdi e Manfredi Nicolò Maretti ci raccontano "Tre Stelle Michelin"
“Questo libro può interessare solo gli amanti della grande ristorazione.
Chi non lo è, lo troverà inutile. Chi lo è, lo troverà fondamentale.”
È questa l’apertura di “TRE STELLE MICHELIN - Enciclopedia dell’alta ristorazione mondiale con la storia dei 286 ristoranti tristellati dal 1933 al 2020”, libro che proprio oggi - 5 Settembre 2020 - è in uscita.
Photo Credit Lido Vannucchi
L’autore è Maurice Von Greenfields, pseudonimo di Maurizio Campiverdi: commerciante di riso nell'azienda di famiglia, globetrotter, gourmet e appassionato collezionista di menù, viaggiatore instancabile ma soprattutto un collezionista di esperienze gastronomiche a tre stelle. Il sottotitolo del libro non è un caso, la definizione di enciclopedia calza davvero a pennello per questa raccolta e non è di certo spavalderia piuttosto è fierezza e consapevolezza per i suoi quasi 80 anni di vita di cui oltre 60 dedicati alla ristorazione di alto standard (e non intendo solo stellati), a viaggi sotto la guida della storica e proverbiale amica Rossa, la Michelin, e al traguardo che pochi possono vantare: aver provato direttamente 194 tristellati su 286 esistenti fino al 2020. Maurizio Campiverdi è al suo quinto lavoro e tutti in qualche modo diretto o indiretto parlano di ristoranti che vantano il riconoscimento delle stelle Michelin. È giusto quindi avvalerci del suo punto di vista e della sua esperienza, soprattutto della sua conoscenza in un percorso segnato dalla rossa degli ultimi 120 anni di eccellenze culinarie e anche della sua amichevole critica, che risulta essere sempre quasi più come un consiglio ad un vecchio amico piuttosto che una polemica.
Photo Credit Lido Vannucchi
Come in ogni grande ristorante, il grande chef ha bisogno di una grande brigata (e viceversa) e la cucina d’eccellenza ha bisogno della sala di un certo livello (e viceversa); per cui mi pare ovvio che un autore come Maurizio Campiverdi si sia potuto e voluto avvalere della Maretti Editore (e viceversa) nella figura di Manfredi Nicolò Maretti.
Manfredi Nicolò Maretti, dopo una Laurea Triennale in Economia Arte e Cultura e il M.Sc in Arts, Culture, Media and Entertainment (conseguite alla Bocconi di Milano), inizia sin da subito a lavorare nel mondo dell’editoria presso l’azienda di famiglia come editor per poi decidere di fondare l’omonima casa editrice (Manfredi Edizioni) di cui oggi è Direttore editoriale del gruppo.
La Manfredi Edizioni si distingue da diversi anni sul mercato per le idee giovani e competitive della sua dirigenza, che nulla lasciano al caso in termini di qualità, stile e innovazione e si specializza in editoria d’arte. Consolida collaborazioni con Fondazioni italiane ed estere, gallerie e musei (Museo Maxxi, Museo Macro, Museo Riso, Fondazione VAF-Stiftung, Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, Centro Wilfredo Lam a L’Avana) e si conquista una forte presenza nei canali classici e on line di distribuzione nazionale e internazionale. La casa editrice vanta di pubblicazioni e collane editoriali per una cultura sempre più intraprendente e senza confini.
Manfredi stesso è un appassionato di arte ma anche di vino e cucina ed è proprio grazie a questa fusione tra gastronomia ed arte che probabilmente la Maretti Editore nel 2010 dà il via, grazie anche a Maria Paola Poponi, alla collana “efFusioni di Gusto”.
Soprattutto tra Maurizio e Manfredi nasce una solida amicizia in seguito proprio alla collaborazione durante la preparazione del libro “TRE STELLE MICHELIN” all’uscita, così abbiamo voluto sentirli entrambi.
Photo Credit Lido Vannucchi
Ciao Manfredi, come stai?
Benissimo, grazie. Soprattutto sono felicissimo dell’uscita di Tre Stelle Michelin.
Raccontaci, dai, come nasce l'idea di questo libro?
In realtà questa pubblicazione l’ho scovata nella nostra legatoria di fiducia in quanto Maurizio l'aveva già realizzata nel 2018 per conto suo, senza casa editrice. La vidi nelle varie copie in archivio e mi colpì subito la copertina per la sua impronte grafica. Presi il testo e lo sfogliai e ne colsi subito il potenziale enorme dei contenuti ma notai anche che proprio quei contenuti non venivano valorizzati: le notizie venivano ripetute, non erano logisticamente messe nel punto più adatto e bisognava rendere più immediata la consultazione del lettore. Così iniziai un lavoro di restyling e aggiornamento delle novità susseguitesi dal 2018 al 2020, quindi con le ascese ed i declini gastronomici come ad esempio la perdita della terza stella di Bocuse, il ritorno con Bartolini di un 3 stelle a Milano nel 2020 (che mancava dai tempi di Marchesi), il primo ristorante con cuoco giapponese, Kei Kobayashi, tre stelle a Parigi.
Inoltre abbiamo fatto sì che le notizie fossero aggiornate al 31 luglio 2020, abbiamo ampliato con una parte di letteratura gastronomica con dettagli su Antonin Careme con L’art de la cuisine française, Paul Bocuse con La cuisine du marché, Pellegrino Artusi con La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene e François Pierre de La Varenne con Le Cuisinier François.
Come nasce la collaborazione con Campiverdi? Raccontaci del tuo rapporto con l'autore Maurizio Campiverdi alias Maurice von Greenfields.
La collaborazione con Maurizio inizia nell' autunno 2019 presso la legatoria di cui ti dicevo. Non ci conoscevamo ed ho cercato il suo contatto tramite amicizie comuni gastronomiche; una volta rintracciato siamo andati insieme a mangiare al San Domenico di Imola ed è iniziato il progetto che è durato nove mesi e vedrà luce, finalmente, il 5 settembre. Il nostro è un rapporto che è andato solo crescendo perché sia la mia passione per vino e cucina quella dell'autore si incrociavano perfettamente, per di più è impossibile non restare ammaliati da Maurizio per il suo modo di raccontare e per la quantità di aneddoti che ha in cassaforte per non parlare del fatto che ha una esperienza gastronomica che oserei definire imparagonabile: è il più grande collezionista di menù al mondo ed è uno dei pochi ad aver vissuto in prima persona 194 tristellati.
Photo Credit Lido Vannucchi
Quindi insieme, professionalmente e in amicizia, avete dato vita a questo nuovo progetto. Cosa è oggi “Tre Stelle Michelin”?
L'apparato finale, che riguarda il riassunto dei 286 ristoranti 3 stelle Michelin che si sono susseguiti dal 1933, è un’elencazione suddivisa territorialmente e si muove, si sposta e ci sposta in tre continenti seguendo l’idea che da sempre contraddistingue le scelte della Michelin "un ristorante tre Stelle vale il viaggio".
Il libro si divide, principalmente, in due blocchi: le prime 350 pagine sono basate sulla storia della Michelin, su cronologie statistiche dei tristellati, sull’importanza dei menù parlando di quelli che hanno segnato la storia (ci sono i menù completi di alcune cene presidenziali) ma anche della nascita dei menù e quindi quando nasce e come viene pensato, la differenza tra menù alla francese e alla russa. Vi è anche tutta una parte inerente a ricette (ve ne sono 20/25 tra le più importanti nella storia) ed è presente è anche una parte con curiosità ed eventi della guida Rossa dal 1900. Uno dei motivi per cui questa guida nasce è che Edouard Michelin voleva creare una guida che facesse il più possibile consumare i pneumatici ai propri clienti e noi, con questo testo, ripercorriamo tutta la strada fatta dalla Michelin: si parte dal 1900 e si arriva al 2020 analizzando tutto l'universo editoriale della Michelin; si comincia in Francia per poi andare in Belgio, in Germania, in Italia per poi sbarcare in America ed Asia, così da trattare tutta l'evoluzione editoriale.
Nella seconda parte del libro invece si trattano totalmente i ristoranti tristellati e per ognuno viene stilata una scheda che è frutto dell'esperienza diretta dell'autore, di Maurizio che ha infatti ha visitato 194 ristoranti su 286 totali. Quelli non visitati sono contraddistinti dalla dicitura NV e sottolineo che in Europa gliene mancano solo tre. In questa seconda parte del libro troveremo i ristoranti 3 stelle in carica nel 2020, i ristoranti Tre Stelle sempre grandi ma non più tristellati (ovvero quei ristoranti che hanno conquistato in passato le tre stelle e pur non detenendole più sono ancora aperti), i ristoranti 3 stelle scomparsi come ad esempio l'Albereta di Gualtiero Marchesi.
Il lavoro di suddivisione parte da Parigi (che è il centro dell'alta cucina) per poi ampliarsi alla Francia e in seguito si va in Italia, Germania, Inghilterra, Spagna, resto d'Europa, America e poi Asia. Così facendo si ottiene una suddivisione più schematica e precisa che non crea confusione.
Cosa rappresenta una raccolta del genere in un panorama in cui sempre più chef si staccano dalla Rossa?
Ovviamente nello scrivere questo libro ci siamo documentati in ogni ambito possibile e, se si va sui siti di questi ristoranti Tre Stelle, si nota subito che la prima cosa citata -nel 95% dei casi- è proprio tale riconoscimento: questa cosa mi porta a pensare che ancora oggi è decisivo nel panorama dell'alta ristorazione il nome della Michelin. È importante soprattutto per chi organizza viaggi ad hoc.
Ricordiamoci anche di non sottovalutare il potere di fatturato delle tre stelle. Infatti all'interno del libro si citano casi specifici di interviste a chef che parlano di differenze abissali nelle prenotazione e nei coperti giornalieri, chef che hanno visto triplicare il flusso nel solo passaggio da 2 a 3 stelle Michelin.
Credo che il distaccamento dalla guida sia principalmente legato a chi vuole elaborare una certa cucina di qualità ma più legata alla tradizione, un distaccamento dovuto al rifiuto dei diktat n po' imposti per poter entrare a far parte del firmamento. Chi, invece, ambisce ad essere riconosciuto tra i grandi resta fortemente legato alle tre stelle, in termini di immagini ed in termini economici.
La casa editrice Maretti editore collabora con le più importanti fondazioni e istituzioni culturali italiane e non solo, in più da qualche anno è nata "efFusioni di gusto” dove arte e cucina si incontrano. Quant'è in crescita la richiesta di lettura nell'ambito della cucina?
Come casa editrice abbiamo iniziato questo percorso di pubblicazioni gastronomiche con la collana curata da Maria Paola Poponi che nel 2010 è stata lanciata con una prima uscita il protagonista era il San Domenico di Imola abbinato ai quadri dell'artista contemporaneo Concetto Pozzati. Le uscite sono proseguite con il Desco di Verona abbinato a Gino Marotta; la prima donna Stellata siciliana, Patrizia Di Benedetto, del Bye Bye Blues a Mondello abbinata a Primo Vanadia per poi spostarci in Lombardia con Felix Lo Basso abbinato a Donato Piccolo. L'ultimo volume uscito è stato nell'ottobre 2019 con Cristina Bowerman abbinata ad Eugenio Tibaldi, mentre nella primavera 2021 avremo Mauro Uliassi con Giovanni Goggia. È stata una collana di successo soprattutto per gli chef, perché molti hanno deciso di fare la loro prima pubblicazione abbinandosi all’arte. I libri sono ovviamente in italiano ed in inglese ed ogni ricetta è legata ad un'opera d’arte e per la maggior parte delle volte basandosi sul colore ma altre volte può capitare sia un abbinamento concettuale. Devo ammettere che è stato visto molto positivamente questo rapporto tra arte e cucina.
Posso dire che escono tantissimi libri di cucina per e di cuochi, ma credo che Tre Stelle Michelin sia un titolo unico e chi prende questo libro si arricchirà di un tesoro unico, per sempre, perché riunisce tutti i grandi protagonisti sia in termini di conoscenza culturale sia dal punto di vista di conoscenza statistica.
Quanto conta parlare di Michelin in Italia per il vostro settore?
Quando si parla di Michelin, ma anche di altre riviste, ci si confronta di certo con nomi che attirano, colpiscono, incuriosiscono, Michelin evoca subito un concetto di qualità.
In “tre Stelle Michelin” l'autore stesso, Maurizio, conferisce delle critiche alla Rossa ma al tempo stesso sempre riconoscendo pro e contro, è una critica pulita e affettuosa quasi un consiglio. La cosa bella di Maurizio è che racconta in maniera soggettiva, senza vincoli, per cui esprime pareri puri, fa critica ed elogio ma sempre liberamente e senza pregiudizi nei doveri editoriali.
Photo Credit Lido Vannucchi
Signor Campiverdi come nasce il suo viaggio attraverso le stelle Michelin?
Nel 1953, avevo 12 anni e mezzo ed i miei genitori che erano dei Gourmet (mia madre soprattutto) decisero di fare un giro in Francia. Lì provai il mio primo ristorante stellato. A 19 anni andavo ormai in giro da solo e mi piaceva provare grandi ristoranti. La Michelin è stata per me una sempre fidata amica che mi suggeriva come muovermi per riuscire ad avere il meglio delle esperienze culinarie e di vita. Le lascio immaginare la grande emozione quando nel 1972 arrivò il primo ristorante tristellato fuori dalla Francia e nel 1986 il primo in Italia, quello di Gualtiero Marchesi.
Quali sono i suggerimenti che muove alla Michelin data la sua lunga esperienza?
Nell'anno 2000 si contavano 76 ristoranti con 3 stelle Michelin, di cui 28 in Francia e 48 nel resto d'Europa. Non le sembra un pochino eccessivo? A mio parere sarebbe più giusto ridimensionare il tutto, creare un vertice di qualità e molto più acuminato. Probabilmente è la stessa corsa alla qualità e alla novità che porta a incrementare ogni anno il numero di riconoscimenti, ed è per questo che a mio parere le guide dovrebbe uscire ogni due o tre anni perché non si può valutare un ristorante sulla base di una sola cena in quanto c'è molto di soggettivo nel definire un ristorante “un grande ristorante”. Il grande ristorante non solo deve avere una ottima cucina, che debba essere una esperienza unica a maggior ragione se considerato meritevole di 3 stelle Michelin, ma deve avere anche una unicità per quanto riguarda la posizione, la zona, la vista, l'atmosfera, perché in fondo i sensi sono cinque e gli occhi, probabilmente, restano ancora i più importanti organi nella recezione. Non c'è più cursus honorum, ci è un po' sfuggito un punto importante ovvero che è la continuità della qualità a dare il diritto ad un riconoscimento.
Per queste ragioni io penso che le due stelle siano già un traguardo molto importante e che bisognerebbe rivedere il vertice di cui prima parlavo, come penso anche che la guida si faccia sfuggire molti altri ristoranti che segnano culturalmente e storicamente le città in cui si trovano perché sono vere e proprie istituzioni. Il sottotitolo del mio libro non è un caso, in quanto parlo di almeno un migliaio di altri ristoranti che hanno qualcosa da dire.
È interessante questa “sua libera aggiunta”, mi spieghi meglio.
Nel 1980 scrissi il mio primo libro sui ristoranti della guida Michelin “i 50 migliori ristoranti del mondo” e a quel tempo i tristellati erano solo 21-22 per cui ho dovuto aggiungere 28 ristoranti che io consideravo ristoranti da non dimenticare, tra cui ricordo benissimo il San Domenico di Imola. Questo è solo un esempio, voglio dire che ci sono ristoranti che hanno fatto la storia e la socialità di alcune città diventandone simbolo: non si può parlare di Roma senza parlare dell'Osteria dell'Orso o del Palazzi o del George come anche del Sabatini a Piazza Santa Maria in Trastevere, del Corsetti a Galeone o del Piperno; allo stesso modo non si può parlare di Napoli senza lo Zì Teresa, La bersagliera, Mimì alla Ferrovia o Ciro a Santa Brigida.
Altro dettaglio da non dimenticare è che ci sono tristellati che hanno fatto la storia di questo riconoscimento e della cucina in generale: parliamo di Bocuse, tre stelle Michelin detenute per 35 anni e che oggi non è affatto presente sulla guida. Non si può dimenticare chi ha contribuito alla grandezza e alla notorietà di tale prestigio; c’è bisogno di avere memoria per questo suggerisco che ci siano delle menzioni speciali.
Per cui Lei pensa ci siano pochi riconoscimenti veri e troppi dettati dall’entusiasmo del momento?
Io ho quasi 80 anni ed ho trascorso 60 anni della mia vita a fidarmi della rossa, a girare il mondo per inseguire i suoi suggerimenti. Trovo che questo riconoscimento dovrebbe essere dato rispettando canoni e standard molto più rigidi. Le faccio alcuni esempi: nel 2008 uscì la prima guida Michelin per Tokyo in cui vennero eletti 12 ristoranti 3 stelle Michelin, l’esplosione dei Sushi Bar; ora, lasciando correre la mia poca simpatia per questa tipologia di locale che mi porta a trovare più sensato che vengano stellate le pizzerie che questo tipo di format con locali spesso piccoli e che predispongono solo un bancone a cui accomodarsi, la cosa più importante è che nel 2010 uno dei suddetti stellati era stato chiuso ed uno era stato retrocesso a 2 stelle; ancora, in Spagna nel 2019 è stato dato un riconoscimento 3 stelle Michelin ad un ristorante, il cui chef, il 31 dicembre dello stesso anno, convocò una conferenza stampa in cui annunciava il proprio ritiro. Ecco, questi sono solo due esempi di un qualcosa che non dovrebbe accadere per me, perché un tale premio, un tale prestigio dovrebbe essere conferito a posti che danno una certezza, una continuità.
È importantissimo anche valutare la posizione ed il valore dell'immobile in cui si trova un ristorante in quanto, a mio parere, se il valore dell'immobile è diverso anche i prezzi dovrebbero avere una differenziazione ed è una cosa che io non vedo. A New York, ad esempio, i prezzi sono aumentati in modo vergognoso negli ultimi 10 anni.
Indubbiamente il riconoscimento Michelin è un moltiplicatore di incassi ma questo, come tutte le medaglie, ha due facce in quanto diventa un serio problema prenotare da un Bottura o un Colagreco per un qualunque avventore.
Quale è il cambiamento più forte che nota in 60 anni di tour culinari stellati?
Noto una forte differenza nella proposta culinaria negli ultimi anni, ma non mi riferisco a qualità o materia prima quanto a quella che io definisco performance culinaria perché sempre più ristoranti di alto standard propongono all'avventora un menù quasi totalmente scelto dallo chef dando pochissimo spazio alla facoltà d scelta del cliente. Sono sempre più presenti questi mini assaggi, dei quali non si può assolutamente chiedere un bis se non si vuol correre il rischio di essere guardati come degli insolenti irrispettosi. La maggior parte di questi chef sono figli lontani di Ferran Adrià dimenticando però che quest’ultimo è passato alla dittatura gastronomica solo negli ultimi 4 o 5 anni della sua carriera.
Per me questo tipo di performance culinaria non è da definirsi arte della ristorazione.
Credo questo cambiamento sia dovuto anche al fatto che negli ultimi anni la Rossa si sia dovuta misurare con la voglia dei ristoratori di rivolgersi ad una clientela giovane, probabilmente anche in seguito all'accordo stipulato con TripAdvisor. Il mio libro, come tutti i miei scritti, inizia con "Se non siete amanti della ristorazione, questo libro non fa per voi" perché per me la ristorazione è quella che ha fatto la storia del mondo culinario, che non si basa su amuse bouche o su bocconi di assaggio che non mi diano modo e tempo di degustazione.
Nonostante tutto, Michelin resta il maggior punto di arrivo. Esiste qualcuno o qualcosa da temere?
Esistono varie guide nel mondo e hanno un certo tono nel panorama della ristorazione: Le Soste, Les Grandes Tables du Monde, tutte importanti ma nessuna che sia riuscita a spodestare la Michelin. Fossi nella Rossa starei molto attenta al progetto che San Pellegrino e Nestlè stanno portando avanti con gli sponsor e con il “The World’s 50 Best Restaurant” perché è un progetto ben studiato e che negli ultimi anni è riuscito a conquistarsi una forte visibilità, soprattutto è una vera competizione che quindi porta ad un unico vincitore. La classifica in realtà è dei 100 migliori ristoranti al mondo ma i primi 50 sono quelli che vengono eletti alla serata della premiazione: una vera e propria classifica in cui solo UNO è il vincitore. Questa competizione assicura, per almeno un anno, una visibilità e un primato assoluto ad UNO chef ed a UN SOLO ristorante. Parliamo di Nestlè, il più importante marchio alimentare nel mondo con un fatturato annuo di 100 miliardi, contro Michelin, il più importante marchio di pneumatici nel mondo ma con 30 miliardi di fatturato; dunque direi che buttando giù una impaginazione carina e leggera, dedicando un bello spazio al vincitore ed uno spazio non da meno ai primi 10, elencando gli altri 90 con i maggiori dettagli si potrebbe avere un bel competitor. Da non dimenticare che il 50Best già dal 2019 ha deciso di dedicare uno spazio speciale a chi si guadagna più di una volta il titolo, inserendolo negli imperdibili e escludendolo quindi dalla competizione. Come sempre, ancora, la qualità sta nella continuità.
Photo Credit Lido Vannucchi
Voglio concludere con un suggerimento che Campiverdi preferisce mettere in chiaro a chiunque consulterà il libro ed a tutti gli avventori:
"Questa condivisione è riservata all'esigua minoranza di persone che hanno l'esperienza e le competenze necessarie per poterlo fare. Per tutti gli altri utenti e consumatori, il giudizio espresso dalla guida potrà essere condiviso o contestato, ogni volta che si saranno fatti ammaliare dalle prelibate lusinghe delle Tre Stelle. Solo quando usciranno dal ristorante prescelto, potranno di volta in volta, esprimere un giudizio personale, fermo restando che il loro stato d'animo e la loro sensibilità al fascino che questi straordinari locali emanano, sono elementi essenziali per godersi appieno l'esperienza gastronomica. Se si è di cattivo umore o non si è in buona compagnia, è troppo facile diventare iper critici e smarrire la serenità di giudizio. Senza mai dimenticare che la perfezione non è di questo mondo. "
L'esperienza ci rende competenti ma solo la conoscenza ci rende liberi.