FoodClub | Logo Esdra

Tutti questi premi inutili nella ristorazione sono colpa nostra, così come la falsa riga intrapresa dal settore

I premi per laRistorazione sono troppi e gli sponsor sempre gli stessi

Tutti questi premi inutili nella ristorazione sono colpa nostra, così come la falsa riga intrapresa dal settore

Sembra pazzesco che all’aumentare del cucinare in TV corrisponda un calo del cucinare in casa. E invece... Tanto assurdo non è perché parte della spinta è quella di stimolare la curiosità con ingredienti sconosciuti e accostamenti inaspettati che ci istigano a uscire e assaggiare il mondo.

Una cosa magnifica se non fosse che al terzo nuovo posto visitato e alla quarta stagione di MasterChef ci si sente esperti e navigati tanto, addirittura, da tentare l’apertura di un nuovo locale.

Prendo in esame quello che è (a mio parere ma anche per ascolti) il programma simbolo di questo comparto: MasterChef. Nasce nel 2011 ed ha generato una attenzione incredibile grazie sì al carisma degli chef stellati - che abbiamo imparato a conoscere oltre le mura della cucina e che sono diventati testimonial pubblicitari, sex symbol, ospiti di eventi che non avevano a che vedere con la cucina - ma anche grazie all'idea che ha instillato in noi: essere tutti in grado di approcciarci a questo mondo non solo come clienti e poter completamente cambiar vita buttandoci nella ristorazione.

Spoiler: qualche volta le passioni tali devono restare!

Secondo un’analisi Unioncamere-InfoCamere sui dati del Registro delle imprese italiane riguardante il periodo tra il 31 marzo 2011 e il 31 marzo 2019 e le imprese con attività nel settore della “ristorazione con somministrazione”: il numero delle aziende di ristorazione iscritte alle Camere di commercio è cresciuto di quasi il 30%.

*(ulteriori dati sono alla fine dell'articolo)

Probabilmente già nel 2016 il settore era arrivato ad un eccesso di offerta dato il picco (in quell’anno) dei numeri in termini di nuove aperture. Ciò a cui pochi guardavano è che tra il 2015 e il 2019 ben 3 locali su 4 dopo un anno erano già arrivati alla frutta ed uno su due chiudeva entro i tre anni di vita.

Il vero boom è stata la ristorazione portata in TV: dalla cucina con Masterchef alla sala con 4 Ristoranti, dalla pasticceria alla panificazione con Bake Off o simili. Nel momento in cui la tv ci ha catapultati in questo mondo abbiamo perso di vista due cose fondamentali:

1- non ci si improvvisa cuochi o pizzaioli o pasticcieri;

2- essere parte di una cucina o di un laboratorio non fa di voi delle star.

E se da una parte questa pentolone di trasmissioni ha la capacità (e il potere!) di dare impulso al settore, di dare ai consumatori curiosità, conoscenza e consapevolezza, di valorizzare professioni per tanto tempo "sottovalutate", beh... dall’altra parte questa spettacolarizzazione della cucina fa in modo che il messaggio arrivi in maniera alterata perché la realtà è ben diversa da quella che va in onda, è molto più complessa rispetto a quello che passa della ristorazione in questi show. Le parole chiave sono diventate "storytelling" e "marketing": si pensa. ormai, che per avere successo in questo mondo può bastare il creare una storia che il pubblico voglia ascoltare ed elencare prodotti e metodi che ad oggi via social sono più noti di San Gennaro a Napoli generando aspettative immani che poi, proprio come il sangue del martire campano, riescono a liquefarsi in un sol colpo al momento dell'assaggio.

Ad ogni modo, tra improvvisati, prestati e prestiti si macinano "new opening". Le aperture per quanto brevi generano movimento economico nel settore nonché picchi di attenzione, l'hype sui fornelli. La possibilità di capitalizzare è vista dagli sponsor come il rosso dai tori e quindi ci si fionda a finanziare una kermesse, un evento, una qualsiasi cosa che dia, certo, visibilità al settore (come pioggia sul bagnato) ma anche e soprattutto a loro stessi. E non dimentichiamoci la condizione necessaria e sufficiente a fare audience e presenza: deve esser prevista una premiazione.

Tutti questi premi inutili nella ristorazione sono colpa nostra, così come la falsa riga intrapresa dal settore

Morgan Freeman disse: “La nomina è più interessante del premio perché ti fa entrare nella cerchia degli attori straordinari.” Ed è esattamente cosa accade in questo mondo di chef, pizzaioli e pasticcieri che sono la nuova Hollywood anni 60: dettano mode e fanno tendenza.

I premi, così, diventano diffusi e richiesti, diventano motivazione non solo per gareggiare ma anche per poter soltanto prendere parte ad un mondo a cui si brama, di cui si vedono solo le luci della ribalta: cresce la partecipazione anche soltanto per avere la possibilità di avere a che fare con “i migliori”. Crescono le richieste e crescono gli sponsor e crescono i concorsi, i campionati, le classifiche a cui aderire, a cui aspirare per essere al top.

E se crescono le gare crescono pure i vincitori, così ci ritroviamo ogni anno ad avere decine di panettoni migliori al mondo, centinaia di pizzaioli vincitori di concorsi sedicenti mondiali, innumerevoli modi per essere il miglior ristorante introducendo sempre più categorie e ultimo ma non ultimo la categorizzazione per genere, età e (fatiscente) sostenibilità che danno luogo alla ulteriore presenza: altri premi speciali per essere ancora una volta i migliori tra i migliori senza essere i migliori.

Sì, perché esiste un premio che si occupa di scegliere unicamente tra le donne, come se le donne non gareggiassero nella competizione centrale, come se per una donna fosse già strano essere presa in considerazione in questo mondo, come se le donne fossero sempre quelle senza giacca da lavoro nei programmi tv.

E sì, perché esiste un premio per i giovani, gli under, gli emergenti come se l’anagrafica facesse la differenza sul piatto del talento.

Da non dimenticare il nuovo ritrovato per farci sentire piuttosto che essere più green: la presa in giro del premio per non aver gettato via una buccia di patata anche se poi sono arrivate in cucina dopo un viaggio in aereo e tre scali.

Forse il vero gesto che manca è utilizzare i fondi degli sponsor per corsi di formazione che prevedano aggiornamento, manodopera specializzata, marketing e comunicazione ma anche sicurezza, igiene e sanità sul lavoro e magari sostegno psicofisico. Perché è vero che bisogna capire che si tratta di un lavoro come tutti gli altri e quindi inutile eleggerlo ad accesso rapido per lo sbarco del lunario in quanto si corre solo il rischio di ritrovarsi senza un personale che abbia chiaro quali siano la fatica e il tempo da investire, ma è anche vero che resta pur sempre un lavoro e quindi con la necessità di attenzionarsi sulla stabilità, sulla sulla tutela delle persone e del personale, su associazioni uniche di categoria e sulla sostenibilità umana.

Reinventarsi, rimodernarsi, adattarsi, sostenibilità-mania, comprensione del potere del web (e magari sarebbe carino da lì avere accesso a menù, carta dei vini e prezzi): la pandemia ha portato tutto ciò eppure non è arrivato un semplice esame di coscienza. Non dovevamo uscirne migliori ma magari comprendere che serviva migliorare per uscirne.

* Secondo un’analisi Unioncamere-InfoCamere sui dati del Registro delle imprese italiane riguardante il periodo tra il 31 marzo 2011 e il 31 marzo 2019 e le imprese con attività nel settore della “ristorazione con somministrazione”: il numero delle aziende di ristorazione iscritte alle Camere di commercio è cresciuto di quasi il 30%, corrispondente ad una media annua del 3,4% con punte del 6,3% in Sicilia e del 5% in Campania.
Un’impresa su quattro è guidata da donne, da ‘under 35’ e da stranieri (rispettivamente 11,9 e l’11,5% del totale).
Nel periodo analizzato, la crescita si è concentrata per due terzi nelle regioni del Centro-Sud. Delle oltre 30mila realtà in più rilevate a marzo 2019, il 37% è localizzato nel Mezzogiorno e un altro 28% in quelle del Centro, per un incremento esattamente pari al 66% di quello complessivo.
La vivacità maggiore si registra in Sicilia, dove tra 2011 e 2019 si è registrata una crescita del 50% (2.847 imprese in più), Campania (+39,8% corrispondenti a 3.661 realtà in più) e Lazio (+37,3% equivalente a 4.743 operatori in più).
La Lombardia, pur assente dai primi posti della classifica della crescita, è la regione italiana con il maggior numero di ristoranti (20.000) e il saldo più elevato in valore assoluto (+4.777 imprese) negli otto anni considerati.

Seguici su facebook foodclub.it

Entra nel vivo della discussione sul nostro gruppo, un luogo libero dove professionisti della ristorazione, clienti e #foodlovers si confrontano sui temi del giorno: Join the #foodclubbers Be #foodclubber