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"Acqua nel vino? E perché non una Gassosa? Ah, lei vorrebbe una Coca...". Tutto regolare, ce lo chiede l'Europa.

Proposta UE per autorizzare l'aggiunta di acqua nel vino. Rivolta dei produttori.

"Acqua nel vino? E perché non una Gassosa? Ah, lei vorrebbe una Coca...". Tutto regolare, ce lo chiede l'Europa.

“Ma che ce frega, che ce ne importa, se l’oste al vino c’ha messo l’acqua”.

Acqua nel vino? La Commissione Europea deve aver preso molto seriamente le illazioni citate nella “società dei magnaccioni” di Lando Fiorini, tanto da avanzare una proposta destinata a scatenare l’ira di un intero comparto, incentivando un negoziato al fine di ottenere nel prossimo PAC (Politica Agricola Comune) una regolamentazione sui vini dealcolati.

La proposta UE è volta ad autorizzare l’aggiunta di acqua nel vino per contenere il grado alcolico, anche sui nostri amati vini DOC e DOCG, vertice della piramide qualitativa e nella gerarchia dei disciplinari di produzione, fino a questo momento, piuttosto serrati ed irremovibili.

Sorge spontanea una domanda, perché? Le ipotesi sono le più svariate e come la storia ci insegna, se la manovra è spalleggiata dai colossi dell’industria e volta ad assorbire un nuovo mercato, come ci insegnano Benigni e Troisi, non ci resta che piangere.

Da un lato, si tenta di contrastare gli effetti dovuti dall’alcool, un male che affligge un numero consistente di persone per lo più legate ai Paesi sviluppati, dall’altro si tenta una crociata enoica verso quelle comunità di religione musulmana, alludendo ad un nuovo mercato pronto ad abbandonare il ben più popolare Thè del deserto.

Secondo Linkiesta non c’è da preoccuparsi, la notizia ha incendiato i social ma è stata dolosamente sopravvalutata, ma gli addetti ai lavori, capeggiati da una delle massime Autorità in materia, Riccardo Cotarella, il Presidente di Assoenologi per intenderci, sono seriamente irritati da questa vicenda, ritenendola “pura follia”.

Chi vincerà? Di certo non l’Italia… e non c’è da meravigliarsi.

Siamo tuttora il primo Paese al mondo per produzione di vino e detentori della più ampia serie di Denominazioni d’origine, quindi cosa abbiamo da guadagnarci? Assolutamente nulla. Se passa il sì, l’antico stratagemma del nonno che allungava il vino diventa legge senza riconoscergli alcun merito, in caso contrario, tocca recitare l’ennesimo mea culpa per non essere stati in grado di promuovere adeguatamente la nostra cultura enoica, facendo passare il vino per una bevanda dannosa e quindi da sofisticare.

Ad ogni modo, ci aspettano tempi difficili e quest’ondata riformista potrebbe condannare l’intera categoria dei bevitori di vino così come nel giro di pochi decenni è avvenuto con i fumatori. Un passaggio da chic a choc che potremmo riassumere nell’eclatante espediente della Formula 1. Ricordate vero le vittorie del cavallino scandite da tute rosse ed alettoni che recitavano a caratteri cubitali MARLBORO? Un concetto completamente demonizzato e bannato dalla stessa Federazione che, finalmente dopo tanti anni, ha consentito all’italianissima Ferrari (Trentodoc questa volta) di salire sul podio durante i famosi festeggiamenti di fine corsa. Chissà se di questo passo, per disincentivare l’abuso di alcool, i piloti non saranno presto costretti a stappare succhi di frutta o acqua leggermente frizzante (giusto per concedersi l’ebrezza della bolla).

Eppure, in un ragionamento trasversale ma identico, sarebbe meno assurdo preservare un bene prezioso come l’acqua, aggiungendogli magari del vino. Follia? Un paio di millenni fa si narrava del primo miracolo in cui si trasformò l’acqua in vino, ma oggigiorno, è proprio il caso di dire: non c’è più religione!

Ad ogni modo state certi che chi ha dipendenza alcolica non si farà frenare da un vino annacquato, per raggiungere lo stato d'ebbrezza ne berrà un bicchiere in più per buona pace di chi vorrebbe berne un semplice calice con tutto il buono che sa donare. Cara Europa, non è questo il modo di combattere le dipendenze.

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