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Andrea Puddinu, un giovane chef sardo a Shanghai.

Da Marco Shanghai, una fetta di Sardegna nella metropoli cinese con Andrea Puddinu

Andrea Puddinu, un giovane chef sardo a Shanghai.

Caro Lucifero ti scrivo..

Oggi ti racconto ancora qualcosa di Shanghai, anche se ora mi sono spostata più a sud. Come molti viaggiatori si saranno accorti, spostandosi fuori dall’Italia per varie ragioni, i ristoranti italiani all’estero non sono sempre promotori della vera tradizione italiana. Questo a volte può essere dovuto a difficoltà del gestore nel reperire ingredienti di buona qualità, ma ci sono altre concause, tra cui la scelta del menù. In questo caso la responsabilità pende molto più dalla parte dello chef, che con gli strumenti e gli ingredienti messi a sua disposizione, deve realizzare piatti che siano identificabili come italiani. E qui arriviamo al punto: quanto ancora si fa affidamento alla tradizione per definire un piatto italiano? Quanto invece uno chef, specialmente se giovane e con esperienze a livello internazionale, vuole dare più spazio a piatti innovativi o tendenti al fusion? Se uno chef vuole esprimersi al meglio con i piatti che ama di più, il gestore dovrà necessariamente tenere conto dei gusti della clientela. Bilanciare questi due importanti aspetti renderà il locale interessante e stuzzicherà l’appetito dei clienti, italiani e non. Detto così sembra semplice, ma non lo è affatto. Trattandosi di cucina italiana, poi, anche il cliente che in patria non sarebbe così esigente, all’estero pretende un determinato tipo di offerta e millanta esperienze culinarie che non sempre si avvicinano al livello di preparazione dello chef o del gestore, che si ritrovano a dover gestire critiche campate in aria o consigli inopportuni non richiesti.

Andrea Puddinu, un giovane chef sardo a Shanghai.

Maloreddus

Poco prima di lasciare Shanghai per venire a Wenzhou, mi è capitato di andare a mangiare, a distanza di sei anni, ovvero quando misi piede per la prima volta in Cina, in un locale italiano “Da Marco”, che è riferimento per molte associazioni di italiani all’estero aventi sede a Shanghai, in quanto rappresenta una sorta di “istituzione”, quasi una roccaforte del bel paese in terra cinese. La volta precedente in realtà non vi mangiai, ma presi solo un caffè (o meglio, un vero espresso italiano), avendo ricevuto appuntamento lì, e per quanto avrei voluto tornarci per assaggiare qualcosa del menù, presa da vari impegni non feci a tempo prima di ripartire per l’Italia. Due mesi fa, finalmente, decisi di invitare degli amici cinesi per salutarli prima di partire e avendo saputo che in quel locale il nuovo chef era un giovane ragazzo sardo, lo contattai e decisi prima il menù con lui, in modo da poter far assaggiare ai miei amici qualcosa che li portasse a desiderare di visitare una regione italiana che ancora non conoscevano. Andrea Puddinu, giovane chef con esperienza internazionale, appena sbarcato a Shanghai dopo essere ripartito subito da Nanjin, in quanto troppo distante dalla sua esperienza londinese, si è mostrato subito molto disponibile e mi ha permesso di offrire ai miei ospiti una piacevole esperienza culinaria. In particolare ho apprezzato moltissimo i maloreddus preparati a mano e conditi con un sugo che nei suoi intenti doveva farci sentire “come a casa di nonna” e ci è riuscito. La seada fragrante ricoperta di miele ha letteralmente conquistato il marito della mia amica. I cinesi non amano molto i dolci, per cui lui era scettico, vedendo il miele, ma dopo il primo boccone la sua espressione è cambiata e la seada è entrata nel suo personale elenco di golosità italiane.

Andrea Puddinu, un giovane chef sardo a Shanghai.
Andrea Puddinu, un giovane chef sardo a Shanghai.

La seada

Sono tornata più volte a mangiare lì, prima di partire, con diversi commensali, tra cui anche alcuni membri di un’associazione di sardi all’estero. Sebbene non abbia fatto in tempo a provare il nuovo menù, che uscirà al termine della ristrutturazione parziale della cucina decisa di comune accordo dallo chef e dal proprietario del locale, ho potuto notare che Andrea è attratto dall’idea di innovazione di piatti tradizionali, rivisitati per “svecchiarli”. Personalmente mi auguro invece che lui voglia mantenere intatti gioielli come quei maloreddus preparati freschi e proponga piatti totalmente avulsi dalla tradizione culinaria sarda, senza tentare fusioni o mix tra le due cose, che porterebbero a perdere di senso e fragranza piatti che non necessitano modifiche strutturali. In questo modo potrà esprimere al meglio entrambi i lati della sua esperienza, con un equilibro che sono sicura potrà piacere anche ad una clientela non italiana e che conquisterà totalmente la clientela italiana, specialmente quegli expat che scelgono locali come “Da Marco” per tornare con il cuore un po’ in Italia, affamati di comfort food, che non inizia nel piatto, ma nell’aprire la porta del locale e respirare “aria di casa”. Non a caso la cena dell’Accademia della cucina italiana, con menù felliniano, si é svolta recentemente proprio lì, affidando ad Andrea il compito di immergere i commensali in un’atmosfera felliniana attraverso i suoi piatti. Sono molto fiduciosa riguardo l’evolversi della cucina di questo locale e non appena avrò occasione di tornare a Shanghai andrò ad assaggiare il nuovo menù di Andrea.