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La Tequila, quella vera: un distillato di storia e territorio, tutto da scoprire

Tequila, un distillato davvero interessante: prodotto in Messico (Stato di Jalisco) e bevuto in tutto il mondo

La Tequila, quella vera: un distillato di storia e territorio, tutto da scoprire

Il Messico è un Paese sterminato, che si estende dall’Atlantico al Pacifico e che vanta tradizioni antichissime. Qui, in migliaia di anni, si sono succedute civiltà straordinarie, come la Maya, la Tolteka e l’Azteca, culture che la lunga dominazione spagnola, conclusasi appena 2 secoli fa, non è riuscita a cancellare del tutto.

Il Messico è composto da 31 Stati Federati, oltre alla Capitale, Mexico City. Solo in uno di questi, lo Stato di Jalisco, e in alcune aree limitrofe, si produce la Tequila, un distillato a Denominazione di Origine Protetta nato ai tempi degli Aztechi ed esportato oggi in 120 Paesi, così da rappresentare ormai un vero e proprio simbolo del Messico nel mondo.

In Italia questo prodotto è meno consumato che altrove, perché lo si conosce poco e lo si beve male, ritenendolo banalmente una alternativa un po’ esotica ai distillati più conosciuti: il whisky, il cognac, il brandy, il rum, la vodka o le acqueviti. In realtà la Tequila è, come vedremo, un prodotto del tutto diverso da quelli con cui viene associato e solo se si comprendono davvero l’origine, le modalità di produzione e le tecniche di degustazione si riesce a coglierne le peculiarità e a goderne appieno tutto il valore intrinseco.

È per questi motivi che l’Ambasciata Messicana in Italia, in collaborazione con il Consejo Regulador del Tequila (l’equivalente dei nostri Consorzi di Tutela dei prodotti DOP e IGP) ha deciso di avviare una serie di attività di informazione in Italia, iniziate con una Masterclass organizzata il 13 giugno sulla terrazza del Grand Hotel Parker’s di Napoli.

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La sede del CRT a Zapopan, Stato di Jalisco

Come nasce

La materia prima della Tequila è la “pigna” dell’agave: ha la forma di un ananas e si ottiene tagliando di netto, alla base, le durissime foglie spinose che le crescono tutt’intorno, utilizzando con grande perizia un arnese taglientissimo e molto pesante, con il quale un comune mortale rischierebbe di farsi molto, molto male.

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L’operazione di taglio dell’Agave Azzurra

Non stiamo parlando però di una agave qualsiasi, come quelle giallo-verdi che crescono sulle coste del Mediterraneo o come le altre che sono utilizzate per produrre distillati similari, come per esempio il Mescal.

Si tratta di una specie molto pregiata, allevata da millenni nello Stato di Jalisco, dove dà origine a bellissime, sterminate piantagioni di colore azzurrino. Una pianta talmente diversa da aver fatto ottenere nel 2006 a quel territorio il riconoscimento UNESCO di Patrimonio Mondiale dell’Umanità: si chiama Agave Tequilana Weber varietà azzurra e viene trasformata solo quando ha raggiunto la sua massima complessità aromatica.

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Una piantagione di Agave Azzurra

Tanto per dare un’idea delle dimensioni di questo business, i produttori agricoli sono 167 e occupano circa 90.000 persone, mentre i marchi commercializzati sono 1.900, con 2 milioni di persone complessivamente coinvolte nella filiera produttiva.

In distilleria la pigna viene tagliata a pezzi, messa in forno a 110°C per un paio di giorni o in autoclave per 3 ore circa e quindi lasciata fermentare per il tempo necessario a consentire agli enzimi di trasformare in alcol l’elevato contenuto zuccherino originale, costituito soprattutto da inulina (25-30%).

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La pigna fresca da avviare in distilleria

Ha quindi luogo la distillazione frazionata, da cui, una volta eliminate testa e coda, deriva un prodotto con un grado alcolometrico che arriva anche al 55%. Per ottenere 1 lt. di tequila pura sono necessari mediamente 7 kg. di pigna.

Le varie tipologie

Il prodotto ottenuto direttamente dalla distillazione, opportunamente filtrato e diluito fino al grado alcolico desiderato (che per disciplinare non può essere inferiore al 35% o superiore al 55%) è la Tequila Bianca (o Plata, o ancora Silver, nella denominazione internazionale).

È questa la tipologia preferita dai Messicani, che la utilizzano spessissimo sia come aperitivo che come bevanda a tutto pasto, perché è l’espressione più pura del territorio e la più rappresentativa degli aromi erbacei, agrumati e minerali che sono caratteristici dell’agave da cui proviene. Ed è sempre questa la base di cocktail molto famosi, come il Margarita o il Paloma. L’abbinamento proposto durante la Masterclass è stato con le olive verdi.

Anche la Tequila (che in lingua locale è sostantivo maschile) può essere invecchiata, assumendo, a seconda dei tempi di maturazione, in acciaio o più spesso in barrique di rovere francese o da bourbon, denominazioni particolari:

- Joven o Oro (Gold), versione più morbida della precedente, ottenuta aggiungendo del prodotto invecchiato.

- Reposado (Aged)) è il prodotto che matura fino a 2 mesi: ha un colore giallo dorato con riflessi verdognoli e un aroma più rotondo, ma senza perdere del tutto le note vegetali originali. Un abbinamento ideale potrebbe essere con un prodotto saporito, come delle carni o dei salumi.

- Anejo (Extra Aged) è il prodotto invecchiato fino ad 1 anno in barrique di rovere francese o rovere bianco di capacità massima di 600 lt.: sviluppa un colore ancora più carico del precedente ed è la tipologia più venduta in Francia e negli USA. Si abbina bene, per esempio, con del cioccolato fondente.

- Extra anejo (Ultra Aged) è infine il prodotto che subisce un invecchiamento di almeno 3 anni, così da assumere un colore fra l’oro intenso e il marrone rossastro, che ricorda quello dei grandi whisky o rum e una complessità aromatica simile a quella di questi distillati, ma con conseguente perdita dei caratteri identitari caratteristici della Tequila.

Un aspetto fondamentale per “capire” veramente la Tequila e per comprendere fino in fondo la differenza con i distillati di cereali, di canna da zucchero o di frutta è che in questo prodotto l’invecchiamento che conta e dà pregio non consiste tanto nel tempo che il prodotto finito trascorre nelle botti in cantina, quanto piuttosto nei lunghi anni (da 7 a 10) durante i quali l’Agave Blu cresce e raggiunge la sua massima espressione in termini di aromi.

La Tequila, quella vera: un distillato di storia e territorio, tutto da scoprire
Una distilleria di Tequila

La conseguenza è che quanto più la Tequila invecchia, tanto più essa tenderà ad assomigliare ad un whisky o ad un rum, perdendo però progressivamente le sue caratteristiche identitarie, ovvero la luminosità e gli aromi particolari dell’agave da cui proviene. Proprio per cercare un compromesso fra questi due modi diversi di essere Tequila, da qualche anno sono state messe in commercio e stanno ricevendo riscontri positivi dal mercato bottiglie di Tequila denominate Cristallino, che sono in realtà degli Anejo filtrati su carboni attivi, in modo da ottenere un prodotto morbido ma con aromi di agave ancora ben riconoscibili.

Come si sceglie e come si degusta

La cosa principale da sapere è che solo una parte della Tequila presente in commercio contiene esclusivamente distillato di Agave Blu.

Questo requisito è assicurato solo dalle bottiglie che riportano in etichetta la dicitura “100% agave azul” o, in alternativa, “agave tequilero” o “agave tequilana Weber”. Anche quando si legge “100% agave” questa garanzia non c’è, perché il prodotto è in realtà un blend di agavi diverse, fra cui quella azzurra, di gran lunga più pregiata e costosa delle altre. È proprio per la scarsa conoscenza del prodotto sul mercato italiano che la stragrande maggioranza delle bottiglie di Tequila commercializzate da noi rientrano in questa seconda categoria e in altre ancora meno pregiate (i cosiddetti “mixtos”), in cui, per poter spuntare prezzi competitivi, la quantità reale di distillato di Agave Blu è spesso minima.

Altro elemento fondamentale per apprezzare la vera Tequila è imparare a degustarla, perché berla “one shot”, da un bicchiere qualsiasi, come spesso accade da noi, è esattamente l’opposto di ciò che si dovrebbe fare.

Il calice ideale è un Riedel con gambo, di bocca sufficientemente larga, che consente di valutare bene il colore e il corpo del distillato, per osservare poi il modo in cui, a seguito di una breve rotazione del distillato, la “lacrima” si deposita sulle pareti: la maggiore o minor persistenza di questa lacrima sarà un indice del “corpo” della Tequila.

La Tequila, quella vera: un distillato di storia e territorio, tutto da scoprire
Bicchiere Riedel da Tequila

Si procede quindi all’analisi olfattiva, che gli esperti del Consejo Regulador del Tequila consigliano di effettuare mantenendo il naso a una distanza maggiore di quanto si faccia normalmente per un vino. Si dovrebbe procedere in 3 step, inclinando progressivamente il calice in modo da sentire le diverse note aromatiche che provengono prima dalla parte superiore del distillato, poi da quella centrale e infine da quella inferiore del distillato.

(Ph: Courtesy of Mr. Carlos Tomas - Consejo Regulador del Tequila)

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