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MILANO WINE WEEK, MODENA CHAMPAGNE o VINITALY. Quale fiera dovrebbe andare in ferie?

Chi ha detto che gli esami non finiscono mai? Nel vino, dal post-pandemia ad oggi, sono le fiere!

MILANO WINE WEEK, MODENA CHAMPAGNE o VINITALY. Quale fiera dovrebbe andare in ferie?

Si stava meglio quando si stava peggio, o quantomeno, quando i sogni erano soltanto sogni. Perché ricordo ancora quelle bandiere appese ai balconi, gli edifici illuminati a tricolore e quei proclami che al grido di “Made in Italy” promettevano di farci riprendere, più orgogliosi di Don Pietro Savastano, “tutto quello che è nostro”.

Poi la pandemia è passata, o meglio, è diventata nostra convivente e noi, sul filo tra un “si fa ma non si dice” e qualche tentennamento abbiamo anche ripreso la nostra attività fieristica, in cui il segmento vino non si è certo posto timidamente al suo pubblico. Ben tre le esibizioni di carattere internazionale spalmate in poco meno di due settimane: Milano Wine Week, Modena Champagne Experience e Vinitaly.

Cosa è andato? Cosa si può migliorare e cosa non ha assolutamente senso?

Critica sì, polemica no. Era dai tempi della sfida Franco Ziliani – Laura Donadoni che non si notava un tale accanimento tra chi osanna e chi condanna l’una o l’altra fazione e a quanto pare, titoli sensazionalistici quali uno degli ultimi articoli di civiltadelbere non han fatto altro che alimentare la fiamma. Ecco quindi che bisognerebbe tornare a fare un passo indietro, tirare le somme ed analizzare imparziali le tante sfaccettature che compongono un evento.

Racconterò dunque quel che i miei occhi hanno visto durante le tre manifestazioni, le novità ma soprattutto quello che mi farà tornare o meno a varcare l’ingresso di quella manifestazione.

Preparate le cinture ed un outfit griffato, si parte dalla MILANO WINE WEEK:

MILANO WINE WEEK, MODENA CHAMPAGNE o VINITALY. Quale fiera dovrebbe andare in ferie?

I DISTRETTI: “The place to be” secondo gli slogan, è sicuramente quella risultata più carica di hype e di impronta mediatica. Non a caso parliamo di Milano, l’unica città italiana ad aver acquisito negli anni canoni sempre più internazionali. La città divisa per distretti mi è sembrata un’idea molto carina che, per quanto alcuni vogliano oscurarne l’utilità, muove intorno a sé un indotto mica da ridere: una fiera che non si limita all’edificio ma all’intera città, in cui vi assicuro che dall’aeroporto alla metro, si veniva talmente tanto martellati dalle bandierine fluo con su scritto MWW, che penso qualche astemio abbia cominciato a bere!

LE CANTINE: Certo, la tiratura di queste manifestazioni non sono propriamente adatte alle piccole Cantine artigianali che vorrebbero affacciarsi ad una nuova fascia di consumatori e viceversa, ma forse non è neanche la Milano Fashion Week adatta a chi aspetta i saldi per comprare da Zara. Il Consorzio del Prosecco DOC, Pasqua Wines e Berlucchi non sono quelle realtà per avventori alla ricerca del vino da scoprire, ma tranquilli, per quella c’è FIVI il 27 novembre. Non sono mancate comunque la soprese, testimoniandovi che ho avuto il piacere di conoscere e partecipare alla Masterclass della micro DOCG Moscato di Scanzo. Vi dice qualcosa? Un piccolo indizio: si trova a 15 minuti dall’aeroporto di Bergamo “Orio al Serio”, così per cominciare ad individuarla sulla mappa. La masterclass si è svolta alla cieca e devo pubblicamente congratularmi con un Consorzio unito, capitanato da Francesca Pagnoncelli Folcieri, il Sommelier Federico Bovarini e l’organizzazione di Winetales e Clara Maria Iachini per averci donato sensazioni alla cieca (in tutti i sensi dato che eravani bendati) utili a comprendere meglio un territorio, un vino ed un’esperienza.

GLI INTERLOCUTORI: Fuori da ogni retorica, cui non batto cassa se ne parlo bene, sono a dare un altro punto a favore a questa manifestazione. Giusto per avvalorare la mia tesi sono a menzionarvi due nomi, scelti non a caso ma sono sicuro egualmente opportuni come gli altri interpellati nel coordinare il palcoscenico a loro destinato: Filippo Bartolotta e Cristina Mercuri. Il primo ha incantato l’allora Presidente USA Barack Obama mentre il nostro capo di Governo lo definiva “giovane e abbronzato” mentre la seconda trascina una didattica di matrice internazionale, il WSET, in Italia. Vi sembra poco? Per noi che abbiamo avuto, è il caso di dirlo, l’onore di assistere ad una loro performance, no. Poi chiaro, c’è chi preferisce il relatore che apre il libro e legge ad alta voce ma credetemi, questi due erano puro godimento.

BUSINESS: Forse l’aspetto da curare con maggiore distinzione, in quanto sono sicuro i numeri abbiamo premiato partecipazioni e varietà, ma credo sia stata maggiormente percepita come palcoscenico piuttosto che fiera business. Sono anche d’accordo nel riconoscere che oggigiorno è impossibile poter raccogliere un numero cospicuo di buyers, visti gli impedimenti e le restrizioni, ma si potrebbe giocare sull’ottima coordinazione delle masterclass in diretta con altre città del mondo per poterlo convertire anche nel matching B2B. D’altronde è proprio un fenomeno degli ultimi tempi che sta avanzando a dismisura, perché non sfruttare la macchina per poterne fornire uno di livello?

Milano sei sulla buona strada, noi intanto percorriamo quella che prosegue in pianura e percorre la via Emilia fino a Modena, in cui, strano ma vero, la città ha per la prima volta visto più bolle bianche che rosse. Eccoci alla MODENA CHAMPAGNE EXPERIENCE:

MILANO WINE WEEK, MODENA CHAMPAGNE o VINITALY. Quale fiera dovrebbe andare in ferie?

LOCATION: Certo deve esser stata una gran fatica portare il Gentleman dei vini mondiali in questa distaccata provincia Ducale, Chapeau! Ambizioso sì, ma riuscito solo in parte, dato che il grigio spazio Fiere a Modena non è esattamente concepito per accogliere una mole simile di persone e ne abbiamo riscontrato le ruggini dall’ingresso a singhiozzo, i parcheggi e non ultimo, il servizio all’interno. Poi certo, nebbiolina che ricorda Londra e cemento da architettura sovietica non giocano a favore dell’estetica del complesso fieristico, ma c’è da confessare che il layout interno è stato organizzato in maniera meticolosa, precisa e funzionale. Peccato davvero per quelle postazioni lasciate alla mercé dei passanti, in cui ad un certo punto le lavabicchieri venivano copiosamente sostituite da rifiuti di vario genere.

PRESENZE: buone da un punto di vista di utenza, molto buone per la nutrita schiera di produttori. Ogni postazione aveva le sue figure in presenza e non era raro imbattersi nel produttore stesso, un bel privilegio viste le poche persone che hanno visitato la regione dello Champagne tra i partecipanti. Ottimi anche i profili dei partecipanti, in cui ho riconosciuto agenti di commercio, enotecari, sommelier e qualche inguaribile influencer per dare colore a questa kermesse.

PROGRAMMA: Due giorni è stato il compromesso ideale per rendere il tutto sintetico, esclusivo ma pieno. Ma dentro, una volta sballottolati tra le aree di riferimento, qual’era il programma? Ci si accordava personalmente con il produttore o si ascoltavano i vari rumors (con annesse fake news talvolta) in cui si annunciavano aperture speciali. Perché non prevedere più percorsi di degustazione o sfruttare meglio le aree tematiche? Potrebbe questa tra l’altro essere un diversivo per liberare le corsie ed enfatizzare la finalità didattica di questa fiera.

CORAGGIO: Alla Borghese, andrebbe detto “voto dieci”. Perché portare un vino con tale fama, con gli stessi francesi giunti qui in Italia per promuoverlo, è da temerari. Interessante anche notare il numero di italiani che rendono grande questo prodotto francese in cui, tra esperti degustatori e conoscitori, non è mancata una meravigliosa scoperta: quella di ENCRY, lo Champagne di impronta italiana grazie alla visione di Nadia ed Enrico. E quindi anche se si parla di Champagne, tocca sempre dire “forza Italia”.

Modena sai sfrecciare, oltre che a bordo della tua Ferrari, anche in sella ad un tappo fungo. Ma dalla Francia torniamo ai vini italiani e a quell’emblematica Fiera che ci viene in mente quando pensiamo a Verona: VINITALY SPECIAL EDITION.

MILANO WINE WEEK, MODENA CHAMPAGNE o VINITALY. Quale fiera dovrebbe andare in ferie?

LOCATION: Vinitaly è “stessa spiaggia stesso mare” da quando è nata, ma è stata compressa in poco più di due padiglioni, scelta più che saggia visti i numeri degli espositori. Food court all’esterno, spazi sobri all’interno, sembra sia stato tutto studiato per poter centrare un unico obiettivo: andare al Vinitaly per affari.

FORMULA: Sulla dicitura “special edition” ci sarebbe tanto da dire, ma ciò che contano realmente sono i fatti. È stata proposta alle Aziende come una raccolta di buyers ed un primo termometro con i mercati che, prima o poi, dovranno riattivarsi per accaparrarsi i nostri vini. Non ne abbiamo visti a vagonate come in passato ma, ça va sans dire, è quanto di meglio si possa fare in questo momento storico. Ci tengo a puntualizzare sulla selezione all’ingresso in quanto le registrazioni prevedevano l’obbligo di verifica Partita Iva e quindi un parametro che ha nettamente aumentato la conversione in opportunità delle persone accorse a Verona per altri motivi dalla statua di Giulietta.

COMUNICAZIONE: Forse scottata dai due precedenti annunci di spostamento, non mi pare di aver riscontrato un’edizione dalla forte carica pubblicitaria. Certo, si saranno mossi con maggiore cautela dopo gli azzardi del passato, ma quando gli stessi operatori veneti sono all’oscuro di ciò che sta succedendo in città, bè è allora che deve suonare un campanello d’allarme. Ad ogni modo, la fiera non è andata deserta, le passerelle registravano un pubblico selezionato e non abbiamo assistito al circo equestre del dopo pranzo in cui sembrava, più che Vinitaly, di assistere ad una tavolata da Cencio la parolaccia a Trastevere.

ESPERIENZE: Incontrato nuovi amici, rivisto vecchie conoscenze, scrutato qualche haters, direi che il blend di emozioni è stato completo al Vinitaly. Bene per l’organizzazione delle Masterclass, un po’ meno per l’attenzione che si riusciva a catturare visti gli spazi adiacenti alla fiera. Ad ogni modo, mi pare di aver riscontrato una fiera pulita, in cui non è assolutamente mancato l’ordine, la disciplina e la civiltà, tre fattori non del tutto scontati. Spazi di condivisione, area business e area talk, il Vinitaly è riuscito anche in formato “pocket” ad offrire il maggior ventaglio di opzioni sia al pubblico sia ai suoi espositori.

E quindi, anche in risposta al veleno sputato negli ultimi giorni in cui alcuni addetti al settore si chiedono se queste manifestazioni sono davvero utili rispondo sì e come da buoncostume, di attivarsi affinché vengano migliorate integrandoci con le stesse organizzazioni ed adoperandoci a raccogliere le nostre conoscenze in fiera. Perché nel vino le fiere sono come gli esami, non finiscono mai! Qualcuno ha detto Merano?!

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