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PARRILLA DON JULIO - Una braceria sul tetto del mondo a Buenos Aires

Buenos Aires: braceria argentina miglior ristorante di carne 2023 per World’s 101 Best Steak Restaurants

PARRILLA DON JULIO - Una braceria sul tetto del mondo a Buenos Aires

Parrilla Don Julio - Restaurante. Carnes. Vinos.

Guatemala 4691 (esquina Gurruchaga) - Palermo Viejo C.A.B.A. - Argentina
Tipo di cucina: ristorante di carni alla brace
Tel.: +54 11 4832-6058
Email: info@parrilladonjulio.com.ar
Aperto da Lunedí a Domenica
Prezzo medio: € 85
Prenotazioni
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Buenos Aires. Radiografia della braceria argentina eletta come miglior ristorante di carne del mondo 2023 nella classifica World’s 101 Best Steak Restaurants

Questa è una storia che incomincia il 16 di novembre nell’anno 1999 nel quartiere di Palermo, a Buenos Aires. La capitale del paese dei gauchos, della Patagonia, di Maradona e Messi, del Papa Francesco, del tango, dell’inflazione perenne, della carne, degli asados e delle parrillas.

La carne bovina in Argentina è un affare di stato (economico e culturale) che rasenta la fanatica devozione pagana.

Una faccenda molto seria considerando che ogni anno la popolazione locale ne divora 50 chili a testa. 52 milioni di capi di bestiame a disposizione di 46 milioni di abitanti disseminati su un territorio quasi dieci volte più grande dell’Italia.

È il contesto dove è nata la parrilla (braceria) Don Julio di Pablo Rivero (41) trasformatasi, oramai, in un luogo di culto dove convergono gli adoratori della carne alla brace di tutto il pianeta.

PARRILLA DON JULIO - Una braceria sul tetto del mondo a Buenos Aires

Pablo cresce in una famiglia rosarina che opera nel settore delle carni bovine. Si trasferiscono a Buenos Aires alle soglie del 2000. L’ Argentina si sta avvicinando pericolosamente ad una delle tante crisi sistemiche che la flagellano. Non si scoraggiano e decidono di aprire una piccola braceria di quartiere nel cuore di quello che oggi è diventato, a torto o a ragione, il polo gastronomico più importante della capitale del paese: Palermo.

Hanno delle certezze. Selezionano esclusivamente manzi “pesanti” (500 chili) di razza Angus e Hereford.

Animali scelti con grande attenzione, che crescono liberi di muoversi a cielo aperto, senza affaticamenti psicofisici, nutriti a pascolo e che forniscono carni di altissima qualità. L’ obiettivo di Rivero è che il cliente si alzi dal tavolo sazio e felice. In apparenza una banalità. Ma non lo è. Affatto. L’altro problema cruciale da risolvere è quello del “direttore d’orchestra”. Ci vuole un asador (grigliatore) esperto e sensibile che sappia tradurre i sogni di Pablo, che sia in grado di sincronizzare i tempi del servizio e le comande e che sappia risolvere la difficile equazione tra il calore delle braci del carbone di legna di quebracho ed i muscoli e la marezzatura dei tagli. Le caramellizzazioni ed punti di cottura devono essere perfetti.

Scova un gran maestro asador: Pepe Sotelo.

Lavorerà al suo fianco per 20 anni. I clienti aumentano. Sono soddisfatti. C’è tradizione, quantità e qualità. Una formula che gli argentini adorano ma Pablo ha in testa ben altro. Vuole elevare la carne sul piedistallo che merita. La vuole fare uscire dalla camicia di forza del consumo distratto, dozzinale, generico e superficiale. Una condizione inevitabile in un paese dove questa materia prima è un alimento troppo quotidiano e quindi svalutato. Inizia a espandere il suo orizzonte. Crea un grande spazio (separato dal ristorante) adibito allo stoccaggio, taglio e maturazione di sottofiletti (ojo de bife e bife de chorizo), costine di pancia (asado) e scamoni (cuadril). Stringe accordi con allevatori selezionati. Garantiranno carni tenere e saporitissime che esprimono il rapporto ideale tra il muscolo ed il grasso. Arrivano i primi riconoscimenti nazionali ed internazionali. Nell’anno 2008 iniziano le recensioni sui grandi media stranieri. Wall Street Journal, The Guardian, New York Times, Folha de Sao Paolo, O Globo. È un crescendo innarrestabile.

Rivero è cosciente del fatto che quella carne sublime deve essere accompagnata da una cucina che sia all’altezza della situazione.

PARRILLA DON JULIO - Una braceria sul tetto del mondo a Buenos Aires

Nel 2016 ricorre alla consulenza dello chef Guido Tassi. Un cuoco spinto dall’ossessione per la cucina semplice e di alto valore tecnico ispirata all’estetica creativa “vegetale” di Michel Bras. Tassi impone l’uso sistematico dell’olio EVO di alta qualità (in questo caso patagonico) ed inizia a lavorare sui contorni. Realizza accordi con piccoli produttori locali di ortaggi che assicurino la materia prima necessaria per dare continuità alla strategia. Utilizza verdure di stagione del territorio ecologicamente sostenibili. Le accarezza con il calore gentile della brace senza perdere un grammo della loro essenza. Esalta i loro sapori e consistenze. Le presenta con eleganza. Sui tavoli di Don Julio scorzonera, pomodori “reliquia”, patate dolci arancioni, mammole, indivie, piccole barbabietole rosse ed asparagi diventano complici, golosi e raffinati, delle carni e della frattaglie coccolate dalla sapienza degli asadores. Il nuovo corso della carne argentina è oramai tracciato. Rivero ha dato spallata potentissima alla porta di una stanza chiusa da troppi anni e restia al cambiamento.

Pablo non dimentica un altro protagonista: il vino argentino.

È un amante di questo prodotto. Lo conosce bene. È sommelier. Non esiste carne argentina senza i vini delle sue regioni. Una passione che si trasforma in una cantina ambitissima popolata de 15.000 bottiglie suddivise tra 1.000 etichette diverse.

Don Julio appare sul podio delle principali classifiche del mondo stabilmente posizionato nella Champions League della gastronomia globale. Tutti i giorni ed a tutte le ore decine di foodies di ogni nazionalità aspettano con pazienza e trepidazione il loro momento per entrare e sedersi ai tavoli. Vogliono godere dello spettacolo della immensa griglia alla vista ed assaporare le provole alla brace di latte caprino, le empanadas fritte, le celestiali animelle (il “caviale” delle pampas), le salcicce, i sanguinacci, gli insaccati artigianali e la cecina (prosciutto di carne bovina). Tagliano con incredibile facilità ed assaporano, increduli, le carni succulente dell’ asado, del T-Bone, dello scamone, del sottofiletto e della lombata maturati. Vengono avvistati critici gastronomici e grandi chef internazionali, manager ed imprenditori di successo, stelle di prima grandezza dello sport e dello spettacolo, politici e capi di stato. Cuochi affermati della taglia di Gastón Acurio, Vigilio Martinez, Michel Bras, Mauro Colagreco, Pía León, Mitsuharu Micha Tsumura, Leonor Espinosa o Andoni Luis Azuriz sono amici della casa.

Ferran Adriá in occasione della sua ultima visita a Buenos Aires ha affermato pubblicamente che Don Julio è l’esempio perfetto che fa capire quale sia il presente e soprattutto il futuro della carne in Argentina. Se lo dice lui, qualche motivo ci sarà.

PARRILLA DON JULIO - Una braceria sul tetto del mondo a Buenos Aires

CENNI STORICI SULLA CARNE IN ARGENTINA

Un’abbondanza proteica che nasce nell’anno 1556 quando i conquistatori spagnoli fecero arrivare in questa terra un toro e sette mucche di razza Tronco Turdetano. Fu la scintilla che scatenò una moltiplicazione vertiginosa. La pampa, umida e fertile, in pochi decenni fu invasa da milioni di capi allo stato brado che si trasformeranno in una fonte inesauribile di cuoio e di carne fresca, secca e salata. I gauchos (i butteri d’Argentina) normalmente si limitavano al consumo della lingua e della pancia ricavati, ipso facto, dopo aver scuoiato l’animale. Non esistevano i frigoriferi e quindi le carcasse venivano semplicemente abbandonate. La storia moderna della carne argentina inizia nell’anno 1822 quando lo scozzese John Miller fa sbarcare il primo toro (Tarquino) di razza britannica Shorthorn. L’obiettivo era quello di lavorare sugli incroci per migliorare il valore organolettico della carne dei bovini meticci che fornivano muscoli troppo duri e coriacei anche per le dentature più efficienti. Dopo Tarquino arrivarono tori di razza Angus e Hereford. I fatti dimostrano che lo scopo fu ampiamente raggiunto. Le carni argentine, grazie all’incessante e proficuo lavoro degli allevatori, divennero estremamente tenere, saporite e succulente. La nueva genetica si è adattata perfettamente al suolo ed al clima delle sterminate pianure del paese.

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