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QUELLI CHE BENMANGIANO - Ecco perché la recensione di Gambero Rosso a Niko Romito non è negativa!

Recensione negativa di Gambero Rosso su Il Ristorante - Niko Romito del Bulgari Hotel, Roma

QUELLI CHE BENMANGIANO - Ecco perché la recensione di Gambero Rosso a Niko Romito non è negativa!
“Sono intorno a noi, in mezzo a noi
In molti casi siamo noi a far promesse
Senza mantenerle mai se non per calcolo"

Onestamente, secondo voi, farebbe tanto rumore una critica negativa se chi dice di occuparsene - direttamente o meno - la lasciasse cadere invece di farla rimbalzare?

La risposta, molto probabilmente, è che resterebbe una piccola voce tra tante. Ancora di più se, essendo fanatici dell’ambito in questione, imparassimo a farci una nostra idea riguardo quello che ci piace invece di “menzionarci sotto” (leggasi come: l’insieme di una serie di atti volontari e non che culmina con lo stimolo impellente di fare post allo scopo di svuotare le nostre convinzioni sottoforma di diktat).

Chi è del mestiere ma pure chi è un vero curioso appassionato, sa leggere nitidamente tra le righe di uno scritto e, un po’ per esperienze fatte ed un po’ per scelta dei canoni di valutazione simili, sa a chi VUOLE dare credito ed a chi no.

Ecco perché mi domando da giorni come un settore intero possa destabilizzarsi e concentrare tutte le proprie forze su un singolo banalissimo fatto: una recensione negativa.

Poi mi rispondo che forse faccio bene a pensare che la negatività è nel voler leggere con indici(zzazioni) puntat* più che nel voler scrivere col pollice verso.

Sì, parlo dell’articolo pubblicato da Gambero Rosso a cura di Lorenzo Ruggeri, che oramai è sul feed di tutti.

"Il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile
La posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere
E non far partecipare nessun altro"

Che poi definirlo semplicisticamente “recensione negativa”, ne sminuisce quello che realmente e piacevolmente è: una seria critica gastronomica puntuale, precisa, tecnica.

Secondo me il problema più grande di quella critica non sono i protagonisti a cui è diretta nè la testata da cui parte, a mio parere ciò che ha giocato a sfavore dell’elegante serietà (e che personalmente mi ha lasciata un po’ stranita) è il tipo di post pubblicato sui social: la finta copertina con cui è stata presentata che, insieme a l’estratto dell’articolo per cui si è optato e la scelta dell’aggettivo “disastrosa”… beh, ha contribuito di certo a fare l’effetto “acchiappa like” più che “acchiappa click”. Perché la distinzione? Perché dubito che tutti coloro che si sono sentiti liberi di commentare il post - od addirittura dedicargliene uno - abbiano dato spazio alla lettura dell’intero articolo.

Diciamocelo: se solo si fossero sprecati a farlo, avrebbero avuto tutt’altra percezione di quella critica - tanto per la firma che porta, quanto per il modo in cui è fatta: credibile, dettagliata, accurata e ampia ma soprattutto motivata.

Partiamo dal fatto che possiamo evitarci due tiritere inutili:

1- "non c'era Romito in cucina";

2- "il gruppo Bulgari non è il Reale";

e questo per una sola, unica e semplicissima ragione: Niko Romito è un imprenditore di successo oltre che un cuoco di livello indicibile, per cui nel momento in cui ha accettato di legare il suo nome ad entrambi i brand avrà pensato anche che nel pacchetto benefits non ci sarebbe stata di certo l'ubiquità; ragion per cui avrà formato delle brigate affinché potessero sopperire alle sue assenze. Uno dei grandi obiettivi di un grande leader è quello di riuscire a standardizzare al punto tale un processo ed un prodotto che si possa non percepire la diversa mano. Che poi chi si siede al tavolo di Bulgari non possa aspettarsi la cucina del Reale o viceversa, va da se; quello che un cliente si aspetta è di trovare rispetto per quello che è stato un investimento di soldi, di tempo e di gusto... Insomma che sia una esperienza: proprio come per anni abbiamo voluto venderle!

Premesso che Romito esattamente come chiunque altro può piacere o meno, può avere serate sì e serate no, può essere sopravvalutato o incompreso…

Resta che mi pare sia stato recensito spesso e volentieri in maniera negativa inerentemente a svariate/i offerte/prodotti solo che è sempre stato più facile pensare che “quel poveraccio” che scriveva, che osava esprimersi, volesse soltanto un attimo di gloria o banalmente non avesse avuto il piacere di pagare oppure che avesse troppa poca esperienza perché “eh ma devi conoscere la cucina italiana di alto standard… ah no, quella francese che ha dato le radici… ah no, quella della valorizzazione vegetale… ah no, le tecniche… ah no, la tradizione… ah no, l’Italiana nel mondo… ah no, l’esterofila in Italia”.

Insomma c’è sempre la cosiddetta “pezza a colori”.

"Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro
Niente scrupoli o rispetto verso i propri simili
Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili"

E resta pure che locali di un certo livello in/per cui si muovono soldi, idee, bandiere e clienti non dovrebbero concedersi scivoloni non nessuno:

che sia una cena offerta al fine di vanità propria o una cena pagata dal cliente che può o meno permettersela. In qualsiasi caso la responsabilità permangono divise: quelle dell’intestatario della carta su come e quando spendere il proprio denaro; quelle del locale sul mantenere standard qualitativi coerenti con quanto comunicano e quanto prezzano.

Poi succede che arriva il covid e oltre a distruggerci difese immunitarie e la fiducia nel prossimo, sgonfia anche questo piccolo angolo di mondo pompato da convinzione che ormai erano date per certe solo sulla base del “è stato detto cosi - si dice così”.

E allora, forse, il Gambero (spero!) non ha “soltanto” intenzione di cambiare linea, piuttosto mi sa che vuol tentare quello che meglio gli dovrebbe riuscire: fare un passo indietro che possa portarlo più avanti, cambiare angolazione per cominciare ad essere più credibile perché più vicino ai comuni clienti, più vicino ad un mondo che sia ben oltre l’algoritmo.

Non conosco le intenzioni del Gambero, ma mi sembra di capire che ci sia tutta l’intenzione di cominciare un modo di scrivere più netto, più reale (è il caso di dirlo!), più attento al fatto che non serve ad un emerito cazzo che ci sia una cena perfetta se prima dell’arrivo ci sono state 18 segnalazioni.

Probabilmente l’autore è stato il primo ad avere il coraggio di esporsi, e non poteva certo essere che Lorenzo Ruggeri,

uno che gira tanto (Italia, estero e Italia all’estero) e che ha una visione più contemporanea, della forchetta tanto quando della penna.

"Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti
Sono replicanti, sono tutti identici, guardali
Stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere"

Quello che mi sembra assurdo è che ci siamo totalmente disabituati a recepire le critiche.

Ci raccontiamo sta storiella che “se non sto bene ne parlo con i responsabili” e allora perché se stai bene poi senti il bisogno di scriverne e non di limitarti ad abbracciare lo chef/pizzaiolo/barman etc?

Quello che invece mi rattrista sono i commenti de la qualunque che, ragionando poco (devo per forza pensarla così), scelgono di pronunciarsi con frasi, commenti, pezzoni e uscite atte solo a cavalcare il click.

No, non vi fate fregare da “è informazione, è divulgazione”

perché non esiste nessuna delle due se non c’è visione completa, d’insieme, se non c’è onestà intellettuale, se non c’è la capacità e di surfare la notizia ma anche di immergersi nei fatti e nel contesto.

Si continua a farsi autogol pazzeschi, accreditando sempre di più la convinzione che chi parla bene venga ingaggiato per farlo e chi parla male lo faccia per egocentrismo e rivalsa nei confronti di un conto troppo salato per una mente sciapa.

"Come lucertole s'arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano
Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno
Spendono, spandono e sono quel che hanno.“

Purtroppo, la verità è che questo è sempre più un mondo in cui coloro che avrebbero dovuto comunicare le informazioni hanno fatto sì, negli anni, che coloro i quali avrebbero dovuto esser comunicati avessero il potere di scegliere l’informazione da comunicare. Il tutto, come si poteva immaginare, è andato a ritorcersi contro tutti; finanche arrivando a dare una idea di disinformazione generale nonché fame di comunicazione pandemica.

Sicuramente non si può decidere a chi dar la colpa nello specifico, sarebbe come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina; di certo la frittata è fatta, sarebbe però forse il caso di iniziare a fare buon brodo pure?

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