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RICCIO RESTAURANT IN BAIA PORTO – LOCALISMO GASTRONOMICO E CARTA DEI VINI D’AUTORE

Dal Riccio Restaurant sul molo di Baia, pescato di giornata ed ampia carta dei vini

RICCIO RESTAURANT IN BAIA PORTO – LOCALISMO GASTRONOMICO E CARTA DEI VINI D’AUTORE

Riccio Restaurant

Via Molo di Baia, 47, 80070 Bacoli NA
Tel: +39 081 868 8617 oppure 349 682 3526
Email: ricciobaiaporto@gmail.com
Aperto tutti i giorni a pranzo e cena. Chiuso il mercoledì.
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Fanno coppia anche nella vita Roberta di Meo – owner e sommelier – ed Agostino Alboretto, executive chef, alla guida del Riccio Restaurant, in uno degli scorci più suggestivi dei Campi Flegrei.

LA LOCATION E LA STORIA DEL LOCALE

Baia è ricompresa nel comune di Bacoli, ridente centro dei Campi Flegrei, dominato dal golfo, in realtà un antico cratere vulcanico, risalente a più di ottomila anni fa, con la parte orientale del tutto sprofondata ed erosa dal mare.

RICCIO RESTAURANT IN BAIA PORTO – LOCALISMO GASTRONOMICO E CARTA DEI VINI D’AUTORE

Potremmo definirlo un luogo di magica sospensione fra elementi giustapposti, dunque, la stessa che aleggia, rarefatta ed incombente, nell’interplay gestionale fra la giovane coppia Roberta di Meo ed Agostino Alboretto del Riccio Restaurant, nella splendida cornice del porto di Baia.

Lei, figlia d’arte – il papà Salvatore con esperienza ultratrentennale nel settore della ristorazione – nonché donna del vino Campana e “sommelier militante”. Lui appassionato executive chef, con importanti trascorsi all’estero, ora convertitosi sulla via per Damasco all’identitarismo flegreo.

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Proprio sotto l’egida di papà Salvatore l’anno 2016 fu quello dell’apertura, sino all’attuale configurazione, che conta undici dipendenti, tra sala e cucina, con una crew che permette un’apertura estensiva nel corso dell’intero anno, sia a pranzo che cena per circa cinquanta coperti, restituendo intatto il fascino primigenio di questi luoghi atavici, con un panoramico dehor esterno.

Dicevamo di una sorta di sospensione aleggiante fra i titolari, ognuno con un proprio apporto definito ed unitario alla gestione del locale:

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lo chef Alboretto alle prese con pescato fresco e coquillages, rigorosamente acquistato da pescatori locali – spesso direttamente da quelli che attraccano al porticciolo – nessun menù predefinito, all’insegna di una rigorosa stagionalità.

La cella di frollatura funzionale alla sua personale filosofia del “no food waste”, consentendogli di evitare sprechi, anzi cavando fuori note gustative inedite per ogni parte del pescato, anche quelle a torto considerate più “povere”.

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Lei, da un punto di vista enologico, aperta alle influenze ed orientamenti più disparati, presenti in carta i grandi classici delle aziende flegree – dalla Sibilla ad Agnanum, passando per Contrada Salandra – senza disdegnare le icone d’oltralpe, dai Borgogna ai Cremant, culminando con i grandi Champagne, con interessanti incursioni nell’ambito della viticoltura naturale.

LA DEGUSTAZIONE di AGOSTINO

Con la mente sgombra da qualsiasi tipo di pregiudizio, saldamente ancorati alla tradizione locale, ci approcciamo alla degustazione:

carpaccio di ricciola, tartare di tonno rosso e guacamole, seppiolina al sale nero, tartare di saraco con aria agli agrumi, da notare la sagacia dello chef nell’aggiungere note di acidità, con l’utilizzo sapiente di riduzione di agrumi locali e vinaigrette.

A seguire, è la volta dei crudi,

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con “scampi locali, gambero rosso, riccio, tartufo di mare, ostrica rossa imperiale ed ostrica Brian Prieur”, un servizio elegante ed una varietà davvero soddisfacente.

Convincono di meno, a personale avviso dello scrivente, i salumi di mare, “palamita con mirto e ginepro” e “filetto di spada affumicato con riduzione di agrumi”, a cagione di un eccesso di sapidità e probabilmente una consistenza troppo spessa.

Proseguendo negli appetizer,

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sovvengono l’alice croccante con maionese al pepe, la palamita con friarelli dei campi flegrei davvero deliziosa – e la spigola con scarola ripassata, materia di prima di assoluta qualità, ed un notabile utilizzo del vegetale, l’olio evo pugliese Michele Fiorentino proposta in una bottiglia personalizzata dedicata al locale.

Il primo è un signature dish, di complessa essenzialità,

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la “linguina al granchio fellone” in cui risalta la pregiatezza dell’ingrediente primo, seguito dal “tentacolo di polpo verace con carciofini arrosto, affumicato con legni di ginepro e menta”, anche qui la tecnica di cottura conferisce eleganti sfumature olfattive boisee’ al piatto.

Nessun cedimento sul dessert – lo chef Alboretto adora lievitati e dolci, peccato non avere assaggiato la colomba.

Il piatto è “come un vero limone”, ovverosia un “semifreddo al limone in crosta di cioccolato bianco e crumble alle mandorle”, ben rifinito anche nella presentazione a livello estetico.

IL PAIRING di ROBERTA

L’Alternanza geografica, e dei ruoli, è pienamente corroborata dalla maitre sommelier-owner Roberta Di Meo, in primo pairing il Cremant D’Alsace Brut Rose 2019 Mister Pink dell’azienda Rieffel, a base esclusivamente di Pinot Noir, una bolla versatile e dalla mineralità evoluta.

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Proseguiamo con Argile Blanc 2021 Igp Vin des Allobroges di Demaine des Ardoisieres, blend di Chardonnay, Jacquere e Mondeuse Blanche da suoli ricchi di argilla – da qui il nome – naso elegante con sentori di aghi di pino ed agrumi, in bocca sapidità e sbuffi di menta, dal catalogo di LeClos.

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Sul dessert, infine, l’eterno ritorno ai luoghi aviti, con il passito di Falanghina I.G.T. Campania “Passio” 2013 dell’azienda agricola La Sibilla, ubicata ad un tiro di schioppo dal molo, non stucchevole né grasso, profumo suadente con richiami al fico secco e dattero, una verve vegetale ancora presente nonostante l’annata alquanto risalente.

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