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Appunti su cibo e salute da un punto di vista sociologico: mangiamo ciò che ci serve o ciò che ci servono?

Disturbi dell'alimentazione, società e rapporto con il cibo da un punto di vista antropologico

Appunti su cibo e salute da un punto di vista sociologico: mangiamo ciò che ci serve o ciò che ci servono?

La visione del cibo e la sua interpretazione in chiave sociologica, ma grazie ad anteprime di approfondimento sviluppate dall’antropologia culturale, è ovviamente molteplice, nel senso di cibo come consumo, come corpo e salute a rischio, quale appartenenza ed identità e come simbolo di territori piuttosto che categorie sociali e professionali , non dimenticando anche il valore storico-sacrale e quello di prepotente volano di convivialità.

Il tema è dunque enorme considerando come una sociologia dell’alimentazione e del cibo, si occupa delle dimensioni sociali legate alla produzione e consumo di cibo e di bevande d’ogni tipo e d’ogni Paese. Vogliamo pertanto fornire alcune riflessioni per nulla esaustive, su come in ogni caso è subito evidente, ad ogni attento osservatore pur non particolarmente specializzato, come ogni individuo ha attualmente con il cibo un rapporto unico e fortemente influenzato da fattori sia psicologici che culturali e relazionali, oltre che biologici per evidente necessità primaria d’alimentazione.

Pertanto, qualcosa di complesso e variegato che in realtà modella il nostro “comportamento alimentare” e da cui, non a caso, provengono quelle basi e motivazioni della sempre più crescente epidemia di specifiche patologie alimentari, che ovviamente sono diverse se si considera le specificità proprie delle varie società dentro le quali tali patologie si manifestano e diffondono. Per quanto concerne la nostra società occidentale, in senso lato, ed individuabile come società dei consumi, appare chiaro da tanti esempi come questo imperativo al “consumo”, talvolta indifferenziato, comporta in realtà all’individuo-consumatore, una sorta di obbligo o forte tendenza a consumare ogni tipo di bene, o quasi, purché siano prodotti dal sistema. In tal modo ogni soggetto, alimentandosi col cibo da cui dipende, come qualcuno ha magnificamente scritto: “Giunge al punto di consumare quasi sé stesso ed il proprio corpo… Un vero e proprio godimento della società dell’immagine che viene veicolata soprattutto dai mezzi di comunicazione di massa (ndr: televisione, stampa, web e social), per cui la nostra società si nutre anche delle realtà virtuali costituite dalle nuove tecnologie.”

Infatti, tutto quello che non compare in televisione o sulla stampa maggiormente diffusa piuttosto che sui social (anche, e va detto, grazie ai vari tipi di influencer) e che quindi “non si vede”, in realtà non esiste per l’individuo contemporaneo che, così facendo, si ritrova privo di identità personale concreta in quanto quel che conta è l’apparire e l’essere, che così diventano invece espressione d’una identità spesso penosamente immaginaria. Valutando bene tutti questi elementi contemporanei, ma non solo, appare chiaro come l’alimentazione riveste molteplici significati, molto spesso lontani dal suo primario scopo originario e nutrizionale grazie agli alimenti di cui invece ci nutriamo.

In tal senso, e sovente, l’atto del cibarsi si arricchisce di diversi e simbolici significati che variano solo a seconda del sistema socio-culturale a cui si appartiene (dunque di Paesi diversi) ma col minimo comun denominatore di manifestarsi grazie a dei simboli piuttosto che a reali necessità e scelte davvero consapevoli. Così facendo, l’alimentazione si ritrova ad essere strettamente legata alla società ed alla sua cultura, e da cui è possibile constatare come pure le anomalie del comportamento alimentare hanno da sempre seguito molte umane anomalie di diverse società, anche nel passato.

Ad esempio, come alcuni storici e sociologi hanno constatato, sono stati ritrovati chiari esempi di comportamenti anoressici sin nel primo millennio dopo Cristo, al pari di altri fenomeni invece di bulimia nervosa nella letteratura ebraica. Vale a dire che molte scelte alimentari ed il modo di mangiare di uomini e donne, sono di fatto strettamente legate ad aspetti psico-sociali ed antropologici più che soltanto ad aspetti chimico-fisiologici. Basta soffermarsi a pensare come negli ultimi tempi, le opulente società occidentali pur dedicandosi a scomporre gli alimenti in micro e macro nutrienti, lavorando su tutti gli aspetti endocrini e metabolici, con la ben nota e meticolosa compilazione di tabelle dei fabbisogni giornalieri minimi e da cui diete a non finire e d’ogni tipo, hanno in realtà continuato ad ingrassare a dispetto dei cosiddetti “professionisti della magrezza”, ormai divenuto per molti l’unico riferimento e target di bellezza ed accettabilità sociale, al di là di quanto possa essere davvero salutare o meno!!

Vale a dire che attualmente il cibo, pur nelle sue diverse interpretazioni, serve prima a nutrire la mentalità collettiva e poi il corpo di moltissimi tra noi, e non è un caso comprendere come certe preferenze di cibo, piatti e bevande, piuttosto che avversioni verso altre, non dipendono sostanzialmente dal tipo di alimenti ma dalle strutture mentali d’un popolo e di ciascuno di noi. Insomma, per dirla chiaramente, mangiamo per il piacere di mangiare, spesso per convivialità, o per colmare vuoti, ma anche per stimolare rapporti, oppure per usi ed abitudini che scandiscono i ritmi della nostra vita. Ma è pur vero che non di rado ci cibiamo anche per noia, curiosità o rabbia, e quel cibo e quei piatti sono un evidente modo per consolarci, al pari d’altre ed opposte occasioni in cui cibo e piatti servono invece per celebrare o festeggiare condividendo con altri.

Qualcosa di complesso che influenza fortemente le abitudini e specialmente negli adolescenti, soprattutto quando accade che l’atto dell’alimentarsi perde il suo valore “commensale”, per cui il rapporto col cibo diventa solitario, ed il momento del pasto perde omogeneità e si disperde in tempi non più definiti e scelti. In tal modo si manifesta come un inevitabile allenamento muscolare del corpo che è coinvolto a “ruminare” e non più un quotidiano appuntamento in tempi ben precisi e scanditi e dunque un appuntamento sociale e socializzante. Non a caso anche per queste ragioni, i disturbi alimentari costituiscono un problema di portata internazionale e prepotente, ed è proprio nelle società ricche di benessere (talvolta apparente) che invece regnano l’anoressia, la bulimia e l’obesità, con tutte le ben note conseguenze sociali oltre che individuali ed economiche. Non dimenticando come un antesignano su millanta argomenti su terra e tavole, quale Luigi Veronelli, rispetto al cibo inteso nella sua accezione di gastronomia, sottolineava ne “Il Gastronomo - 1956” - rivista di cultura gastronomica da lui edita: “…Solo la gente volgare giudica la gastronomia una disciplina volgare e la crede rivolta all’unica soddisfazione dell’appetito. Il mangiare ha tale funzione e non la gastronomia.

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