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Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale

Da Claus Mayer a Dan Giusti, la cavalcata trionfale che ha portato il Noma a dominare il mondo.

Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale

Come ha fatto il Noma (e il team alle sue spalle)a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale?

Questi sono i tempi in cui termini come "crisi climatica" e "difesa dell'ambiente" sono entrati in maniera prorompente a far parte del vocabolario comune, sono sempre più i cuochi che (o almeno dichiarano per puro marketing) sognano non più una stella Michelin ma di salvare il mondo.

Il movimento culinario "New Nordic" partito in Scandinavia 15 anni fa è andato oltre il proclamo di intenti nei convegni e sui palcoscenici degli eventi gastronomici, l'obiettivo attuale è diffondere questo approccio alla cultura gastronomica in tutto il mondo, trasformando ogni singolo anello della catena alimentare, dalle produzioni al consumo fino a portare questi principi sulle nostre tavole.

Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale
Claus Meyer

Per capire come Claus Meyer, l'uomo dietro le quinte e cofondatore del Noma, riuscirà a realizzare il suo programma di "conquista globale", cosa sta accadendo oggi e cosa accadrà domani dobbiamo fare un salto qualche anno addietro.

Due decenni fa, la Danimarca sarebbe stato uno degli ultimi posti al mondo a cui si sarebbe pensato per una rivoluzione culinaria, volendo essere generosi si sarebbe pensato ai danesi come una popolazione di mangiatori di aringhe e hot dog. Non c'era cultura alimentare danese. La prima impresa conseguita dal Nuovo movimento nordico fu quella di trasformare la Scandinavia da terra di aringhe e sottaceti a nuovo centro gastronomico mondiale. Nel 2000 Claus Meyer, allora star culinaria televisiva danese era stato messo a capo dal governo socialdemocratico di un comitato atto a migliorare la scarsa reputazione culinaria del paese nel mondo, progetto naufragato l'anno successivo, alle successive elezioni del 2001, i socialdemocratici persero il potere e l'iniziativa fu demolita. Intenzionato a portare a termine il proprio progetto finanziò un ristorante a Copenaghen per difendere e promuovere i prodotti nordici. Nel 2003 aprì il Noma con Redzepi, che allora era un promettente chef senza esperienza alla guida di un ristorante. Nello stesso periodo, Meyer convocò 13 dei migliori chef della regione nordica a ragionare insieme per stabilire come sarebbe dovuta essere una cultura alimentare leader a livello mondiale. Non fu semplice, Meyer e gli chef discussero per molto, raccontano di 18 angosciose ore per arrivare a sviluppare una formulazione precisa di quello che sarebbe diventato il Manifesto della nuova cucina nordica. Dichiarazione che non arrivo prima del 2004, un manifesto fondato su 10 punti fondamentali che ha cercato di esprimere la purezza, la freschezza, la semplicità e l'etica che desideravano venisse associata alla loro regione.

Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale
René Redzepi

Il neonato Noma, trascorse i primi tempi a modificare le classiche ricette francesi utilizzando ingredienti locali, provando a rendere il tutto più scandinavo possibile. La speranza era che i ristoranti nordici realizzassero appieno il potenziale della regione e iniziassero a generare una vera e propria "cultura del cibo nordica".

Ciò che ha portato New Nordic dall'essere un movimento locale a globale è stato il sorprendente successo del Noma. La svolta epocale avvenne quando il Noma detronizzò l'inarrivabile e ineguagliabile El Bulli, un tempio della gastronomia molecolare, dalla prima posizione della lista dei 50 ristoranti migliori al mondo nel 2010. El Bulli chiuderà definitivamente un anno dopo, segno inequivocabile della fine di un'epoca. Redzepi era stato uno studente di Adrià al culmine della fama di El Bulli. L'innovazione del Noma fu prendere in prestito l'approccio scientifico di Adrià e applicarlo per rispondere alle domande poste dal Nuovo manifesto nordico: come ampliare e riconsiderare radicalmente ciò che noi reputiamo commestibile, lasciando in un angolo gli ingredienti di sempre per andare alla scoperta di alimenti mai utilizzati prima, da quello che all'epoca era il pensiero dominante. Questo successo, questa visione attirò al Noma talenti che non facevano parte del mondo della gastronomia: antropologi, chimici molecolari e scienziati agricoli scelsero di lavorare nel Nordic Food Lab, un'epoca che i posteri ricorderanno, senza grosse difficoltà, come una sorta di Rinascimento Italiano rapportato alla gastronomia.

Il Nordic Food Lab, era uno spazio laboratorio (che per molti anni è stata una casa galleggiante montata al di fuori del ristorante) dove si sviluppavano nuovi preparazioni locali, prendendo in prestito ricette tradizionali delle grandi culture gastronomiche globali, come ad esempio un miso fatto con piselli danesi, andando così a costruire un nuovo catalogo di preparazioni gastronomiche. Attraverso la ricerca, molte colture, la cui coltivazione era quasi cessata, trovarono nuovi usi e ragione di esistere e questo aiutò a rinvigorire l'agricoltura locale. Al culmine della notorietà e della propria influenza, quando tutto il mondo gastronomico scriveva solo di Noma e di Redzepi, cominciarono a guardare oltre la cucina del ristorante, ed è in quel preciso istante che partì la scalata alla conquista globale.

Nel 2011 lanciarono i Mad Symposiums, una serie di conferenze a cui partecipavano relatori di diverse discipline, dal capo dell'Agenzia europea per l'ambiente al produttore di soba giapponese e si rivolgevano a un pubblico di cuochi, stagisti, agricoltori, giornalisti e personaggi del settore su una zona portuale di Copenaghen. Questi incontri, che si trovavano a cavallo tra eventi di networking, lezioni universitarie e raduni in tende in stile hippy, hanno contribuito a costruire il movimento che si sta diffondendo oggi in tutto il mondo. Figure di ogni genere e abilità si scambiavano biglietti da visita, si applaudivano reciprocamente, pianificavano eventi e collaborazioni, uniti nella convinzione che ognuno avesse il destino del mondo del cibo nelle loro mani.

Come stanno conquistando il mondo?

Il "New Nordic" è fondato su 10 punti ma possiamo riassumerli in 3 fondamentali: sostenibilità, ingredienti locali e rispetto per l'ambiente.

Principi utopici e in parte derisi dai grandi cuochi internazionali fino a qualche anno fa, ma vediamo come i suoi aderenti spingendosi oltre i ristoranti raffinati, sono arrivati sugli scaffali dei supermercati, nelle mense scolastiche, nelle stanze del potere rendendo di fatto il "New Nordic" il movimento gastronomico più rivoluzionario e trasformativo di sempre.

Per i Danesi mangiare piatti pronti provenienti da produzioni biologiche è un fatto quotidiano, ovunque infatti è possibile trovare preparazioni realizzate da cucine cooperative di Copenaghen firmate Claus Meyer (cofondatore del Noma). Nelle carceri danesi Meyer in collaborazione con le istituzioni locali ha creato un programma alimentare per ridurre la recidività della proposta. La "joint venture" per "veganizzare" il menù con il colosso multinazionale del mobile Ikea nei quali ristoranti mangiano oltre 660 milioni di persone l'anno, è di fatto la più grande operazione nel settore ristorativo di sempre. Sull'onda del successo di quanto riusciti a fare in Danimarca, che in pochissimi anni dall'essere celebre solo per le aringhe sottaceto è diventata capitale gastronomica mondiale, Meyer sta esportando il modello "Noma" in quelle nazioni che possiamo definire "terzo mondo gastronomico":

In Bolivia ha aperto scuole di cucina e ristoranti per rilanciare l'industria dell'ospitalità del paese sudamericano.

In Albania, patria natale di Renè Redzepi, il sous chef del Noma Fejsal Demiraj, gestisce una fondazione che ha come obiettivo quello di dare una storia culinaria nazionale al paese, catalogando ricette e ingredienti locali.

E ancora, negli Stati Uniti un programma alimentare scolastico a cui fa capo l'ex capo chef del Noma Dan Giusti, sfama seguendo i principi fondamentali del manifesto culinario nordico più di 4.000 studenti ogni giorno. Nel 2016, Giusti ha aperto Brigaid, una start up guidata dallo chef che porta i cuochi nelle scuole pubbliche per formare il personale garantendo che gli alunni mangino ogni giorno cibi freschi. Brigaid si è ora espanso in tre stati, dando da mangiare a migliaia di scolari ogni giorno in 12 scuole pubbliche.

Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale
Dan Giusti

Il volume di iniziative sociali promosse da chi è passato per il Noma è sbalorditivo. Matt Orlando, un altro ex chef, gestisce un programma che insegna agli scolari di Copenaghen come coltivare il proprio cibo in piccoli spazi urbani. Empirical Spirits, una distilleria gestita da ex-alunni di Noma ha organizzato seminari di agronomia nel villaggio di Oaxacan in Messico per aiutare la comunità indigena a coltivare il suo raccolto più prezioso, il peperoncino Pasilla Mixe.

Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale
Matt Orlando
Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale
Roberto Flore

Roberto Flore, ex capo del Nordic Food Lab, gestisce ora un laboratorio presso l'Università tecnica della Danimarca dove sperimentano e sviluppano schemi per affrontare temi come la fame nel mondo e gli scarti alimentari, e hanno sviluppato un modo per migliorare la sicurezza e la conservazione dei prodotti lattiero-caseari nelle zone rurali dell'Etiopia.

Inoltre, il Mad, l'organizzazione no profit istituita da Redzepi a cui a capo recentemente è stato messo Magnus Nilsson (ex faviken) nell'estate del 2018 ha condotto una campagna in collaborazione con l'Onu contro il danno ambientale derivante dalla produzione alimentare.

Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale
Magnus Nilsson

“Come possiamo rendere il cibo sostenibile? Come possiamo rendere il cibo disponibile a tutti? Come proteggiamo le culture alimentari dalla globalizzazione? "

Queste sono le domande a cui stanno provando a dare una risposta, ciò che il nuovo movimento nordico sta cercando di esportare non è uno stile di cucina, ma una filosofia del cibo onnicomprensiva. I seguaci del nuovo approccio nordico oltre ad aver sposato un'ideale sono sostenuti con forza dalle istituzioni, fanno rete con la gente e i produttori locali, questo inevitabilmente porterà alla realizzazione del loro manifesto su scala globale. I cuochi del prossimo secolo non assomiglieranno per niente a quello appena trascorso: da spietati dittatori sullo stile di Bocuse, Ramsay e Marco Pierre White a crociati per un mondo migliore.

Un tempo il sogno era cucinare per i presidenti e per i rappresentanti delle istituzioni, ora l'obiettivo è lavorare con loro. Altri grandissimi cuochi ispirati al movimento hanno interpretato questo nuovo modo di agire: Massimo Bottura dell'Osteria Francescana a Modena, è stato inserito tra i 100 personaggi più influenti al mondo dal Time nel 2019 per le sue attività a favore dei senzatetto, José Andrés è stato candidato al premio Nobel per la pace per i suoi interventi in soccorso di Puerto Rico devastata dall'uragano Maria e perfino Jamie Oliver, considerato più un personaggio televisivo che un cuoco, ha investito proventi delle sue attività nel sociale, dalla catena di ristoranti Quindici in cui formava gratuitamente apprendisti cuochi provenienti da contesti svantaggiati fino ad arrivare a sfidare il governo britannico sulla qualità dei pasti scolastici.

Redzepi avrebbe potuto sfruttare la sua notorietà mondiale per fatturare a più non posso, seguendo gli esempi della vecchia guardia da Ducasse a Robuchon che all'apice della fama hanno sventolato le loro stelle Michelin al mondo per attirare investitori pronti a garantire esborsi milionari per aprire succursali nelle capitali del lusso, invece insieme all'uomo dietro le quinte, Claus Meyer, hanno scelto un approccio differente.

Vi è nobiltà in questo? O conquistando nazioni, costruendo culture gastronomiche, ramificandosi localmente entrando a far parte delle istituzioni e scuole è un altro modo per fare profitti, molti più profitti? Potrebbe, ma chi si sentirebbe di condannare un modo di fare affari che può solo portare benefici a livello globale? Fare business non è di per sé un reato.

Questa era la strada più lunga da seguire e più difficile da immaginare e loro stanno riuscendo a conquistare la gastronomia sostenuti da un modo di fare affari etico. La Scandinavia ora guida anche il mondo nella politica alimentare. Nel 2018, il dott. Afton Halloran, uno dei maggiori esperti mondiali di sistemi alimentari sostenibili, ha pubblicato una raccolta di politiche alimentari innovative provenienti da tutta la regione nordica, il menu Soluzioni. Ha delineato i vantaggi di 24 politiche alimentari innovative, aggregate da iniziative di successo in tutta la regione nordica, tra cui pasti gratuiti a scuola, alimenti biologici negli ospedali e programmi per aiutare le aziende agricole a spostarsi verso lo spreco alimentare zero. Halloran e i suoi coautori hanno citato Noma e il nuovo movimento nordico come ispirazione principale.

Ecco come il Noma di Renè Redzepi è riuscito a dominare e cambiare per sempre la scena gastronomica mondiale
Afton Halloran

Quando il Manifesto per la nuova cucina nordica fu pubblicato per la prima volta, nel 2004, la reazione nel mondo della cucina raffinata fu scettica, se non addirittura sospettosa. I punti del manifesto sono stati criticati per essere troppo vaghi, troppo frammentari, troppo maschili - tutti i firmatari erano uomini - e troppo concentrati su "incoraggiare la cooperazione" piuttosto che sfidare i produttori di alimenti industriali della regione attraverso la legislazione e la politica. All'epoca, Camilla Plum, scrittrice danese e personaggio televisivo, sul quotidiano Berlingske critico la mancanza di punti fermi del manifesto dicendo "Il manifesto mi ricorda un po 'il discorso annuale della Regina Margherita per il nuovo anno. Ci sono molti pensieri bonari e i soliti cari saluti in Groenlandia. Sono sentimenti meravigliosi, ma non hanno un significato reale."

Tuttavia, sembra indiscutibile che il manifesto abbia più che raggiunto i suoi obiettivi. La Scandinavia ora si trova accanto a Spagna, Francia, Italia e Giappone come una delle principali destinazioni gastronomiche mondiali. Migliaia di posti di lavoro nel settore dell'ospitalità sono stati creati e, con loro, scuole di cucina piene di nuovi studenti provenienti da ogni parte del globo. Grazie alla valorizzazione dei prodotti locali, agricoltori e artigiani sono riusciti a sviluppare le loro aziende e nei paesi nordici non si vive più di cibo ispirato a culture estere.

In conclusione, dopo 15 anni, il desiderio di accrescere la reputazione culinaria scandinava su scala globale, sembra addirittura un po' provinciale oggi. Il movimento è mutato da tempo in un fenomeno molto più ampio. Ora, qualsiasi cosa con legno in vista, prodotti biologici e un cestino per il compost può essere pensata come nordica. Oltre a ciò, il movimento ha stabilito un modo di fare le cose che può essere adattato in qualsiasi parte del mondo, per dare nuova vita a cucine che sono indistintamente boliviane, messicane o albanesi. E queste sono solo le prime iniziative che Noma e i nuovi principi nordici hanno scatenato. "Abbiamo già visto persone uscite dal Noma lavorare per il cambiamento", afferma Dan Giusti. "Ma ci sono persone in quella cucina in questo momento, e altre che vi accederanno in futuro, di cui non abbiamo ancora avuto notizie. E' impossibile immaginare quanto possa essere grande il cambiamento nei prossimi 20 o 30 anni".

Per questo e per tutto quanto detto sopra, il Noma non è, e non potrà mai essere un ristorante. Il Noma è il più grande laboratorio gastronomico al mondo lanciato alla velocità della luce alla conquista del mondo, e volendo o no, ci ha già cambiati.

Recensione:
La mia esperienza al Noma 2.0