Frollatura e Dry Aging in parole semplici
Frollatura e Dry Aging in parole semplici di Mirco Scognamiglio
Nell’articolo precedente ci siamo posti la domanda "Cos'è la carne?", e abbiamo definito il concetto di frollatura, concludendo con un quesito :
Che senso ha estendere la frollatura a 45, 90, 120 o 1000 giorni ?
Ricapitolando il processo di frollatura, possiamo arrivare alla conclusione che è un complesso ma naturale processo di degradazione della carne in grado di renderla più tenera, ma anche più saporita. La carne cruda come ben sappiamo non sa quasi di nulla, per questo noi la cuociamo, la saliamo, la mariniamo e la trasformiamo.
Gli enzimi già presenti nel cibo e nei microrganismi intimamente coinvolti con il cibo trasformano qualcosa. Il dry aging, il wet aging, la fermentazione, la maturazione, sono tutti processi che rendono il cibo più buono. La prima differenza sostanziale sta nel definire cosa si intende per dry aging e cosa si intende per wet aging. Se vogliamo che il processo di frollatura si protragga nel tempo dobbiamo scegliere la modalità.
Dry aging e wet aging sfruttano gli stessi principi con la differenza che nel primo la carne è a contatto con l’aria, mentre nel secondo la carne è chiusa sottovuoto in una busta di plastica. Io preferisco di gran lunga il primo metodo per due semplici motivi : trovo nettamente più romantico che la carne continui la sua degradazione all’aria “aperta” piuttosto che avvolta nella plastica e nei miei esperimenti ho spesso riscontrato nel wet aging un sapore metallico conferito alla carne a differenza del dry aging.
Il dry aging è un processo che può essere applicato a tutti i tipi di carne, pollo, maiale, pesce, selvaggina e via discorrendo. Inizialmente una tecnica del genere non era possibile, perché in assenza del frigorifero, la carne veniva conservata diversamente. E con l’avvento del frigorifero che si è riuscita a conservare la carne e se alla temperatura, aggiungiamo umidità e flusso d’aria otteniamo quello che oggi chiamiamo dry aging. In questa condizione gli enzimi proteolitici continuano a degradare i filamenti di miosina e actina, quindi la carne pian piano sarà sempre più tenera. Allo stesso tempo altri enzimi contenuti nelle cellule un tempo vive, si attivano ed iniziano a degradare proteine, grassi e glicogeno, formando una serie di composti.
Il tutto inizia con il consumo di glicogeno e la fermentazione lattica, che inacidisce la carne abbassando il PH, condizione indispensabile affinché tutto questo accada e che ci preserva da una proliferazione di microrganismi patogeni. E’ indispensabile quindi che un pezzo di carne messo a frollare abbia un contenuto di glicogeno tale da poter far funzionare tutto questo meccanismo. Se la fase prima della macellazione dell’animale è andata per il verso giusto e l’animale non si è stressato (e quindi non ha ridotto il suo contenuto di glicogeno nei muscoli) l’intero processo andrà nella giusta direzione. Dalla degradazione di questi componenti si creano dei composti, alcuni dei quali profondamente odorosi e aromatici. Uno di questi è il glutammato, l’umami.
Ma non solo, tanto è vero che nel corso della mia esperienza con il dry aging ho spesso riscontrato aromi di nocciola, di formaggio, di fungo. Ed è proprio per questi motivi che la carne assume una nuova veste, completamente diversa da quella primordiale, che la rende più tenera e soprattutto più saporita. Può contribuire al tutto la formazione di muffe che non essendo patogene apportano un ulteriore profilo aromatico alla carne, un po' come quello che avviene per i formaggi.
Nel prossimo articolo approfondiremo come si gestisce una modificazione chimico – fisica del genere, quali sono i pro e i contro e la possibilità con qualche piccolo accorgimento di replicarlo nelle mura domestiche attraverso la messa a punto di un frigorifero, come questo in foto.