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Il futuro delle pizzerie secondo Nanni Arbellini

A causa del coronavirus la crisi nelle pizzerie si risolve nell'immediato con la delivery

Il futuro delle pizzerie secondo Nanni Arbellini
Anima, mente e braccia della catena di pizzerie Pizzium: 13 in Lombardia, di cui 6 a Milano; 2 a Torino; 1 a Serravalle Scrivia e a Roma. Una trattoria di cucina napoletana, Locanda Carmelina, e una pasticceria, Gelsomina, sempre a Milano. Ecco chi è Nanni Arbellini. Lo abbiamo raggiunto per sentire cosa ne pensa del Day After Ristorazione.
Dunque, Nanni che ne pensi di questo momento particolare e drammatico?

Sai, la mia visione del futuro è purtroppo poco diversa da quella che tutti temono: ci sarà una selezione naturale e il più forte mangerà il più debole, proprio come diceva Darwin.

Ci sarà una sorta di evoluzionismo prestato dalla genetica all'economia del food, insomma.

Sì, ci saranno cambiamenti in negativo nel tessuto socio - economico, almeno nell'immediato, con un ridimensionamento totale della visione del danaro e del suo valore.

Nel mondo pizza in particolare che pensi avvenga?

Le analisi da fare sono molteplici. Molte piccole pizzerie, quelle che vorranno da subito già ripartire, si ritroveranno immancabilmente a dover far fronte ai tanti fornitori che non consegneranno la merce se non previo pagamento. I fornitori non sono filantropi benefattori, hanno la loro impresa da condurre e portare avanti. Temo, quindi, che lo stesso reperimento delle materie prime sarà un grosso problema. E intanto, se continueremo così nell'incertezza su quello che accadrà e sul da farsi per un tempo ancora troppo lungo, essere elastici in tante cose (dall'attesa degli aiuti statali o regionali del Governo, all'avvio della cassa integrazione per i dipendenti, etc,) non si potrà più essere "elastici". Ecco, non si potrà più fare beneficenza. Corriamo tutti il rischio di finire nella ricerca della sopravvivenza giorno dopo giorno.

Poi c'è il tema tanto discusso oggi. Quello della delivery.

Anche volendo continuare con il servizio di delivery, si porrà il problema degli affitti. Soprattutto il canone dei locali di dimensioni assurde, sovradimensionati, nati per essere ben altro, cioè per accogliere un gran numero di clienti, non certo per fare soltanto delivery. Oggi, per pensare al futuro infatti, l' impatto che l'affitto ha su un fatturato ottenuto attraverso la delivery è la voce di bilancio economico su cui tutti stiamo lavorando, facendo analisi, proiezioni, simulazioni, per far quadrare i conti. Già prima della crisi dovuta al Coronavirus, Amazon era la prima azienda al mondo in questa organizzazione della vendita e del commercio. Ora non ci resta che intercettare e abbracciare il segnale. La logistica, la delivery, le consegne a domicilio sono il futuro dei prossimi sei mesi, forse un anno. Poi si vedrà.

Oltre la delivery cosa prevedi?

Mi ha molto sorpreso leggere i commenti e le dichiarazioni di illustri colleghi pizzaioli tipo: « E che? Apriamo per far mangiare il sangue nostro alla delivery?» oppure «Non ha senso aprire per la delivery». Ecco, mi diranno poi quando faranno i conti coi tavoli a distanza di 2 metri, con un quarto dei coperti che avevano prima della crisi, come faranno. Purtroppo per molto tempo ancora dopo la fine della quarantena e della emergenza più rigorosa, uscire per andare in pizzeria, in trattoria, al ristorante sarà limitato dalla paura del contagio e dalla diminuzione della liquidità. Si avrà meno danaro in tasca, cioè, e ancor meno da spendere per il non indispensabile. Dobbiamo convincerci che tutto veramente finirà quando ci sarà il vaccino contro il Covid19. Purtroppo, non prima».