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Innamorarsi di Venezia seguendo i luoghi del vino Raboso il rosso dei veneziani che ritrova il suo coraggio

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Innamorarsi di Venezia seguendo i luoghi del vino Raboso il rosso dei veneziani che ritrova il suo coraggio

Come si può non innamorarsi di Venezia? è talmente scontata questa cosa per noi italiani, che troppo spesso ci dimentichiamo di annoverarla tra le mete più ambite, quelle che non possono mancare negli itinerari di viaggio della nostra esistenza.

Immagine della bellezza assoluta, raffinata e intraprendente, con mille e più anime in una sola che si disvelano se si ha l’intelligenza di percorrerla lentamente e a lungo, a piedi o in barca, lasciando poi gli itinerari obbligati per addentrarsi nei luoghi più intimi e sconosciuti. Chi lo ha fatto, ricorda per sempre quelle emozioni e desidera fortemente riviverle. Non esiste al mondo una città come Venezia, che abbia investito così tanto nella bellezza e nei piaceri della vita.

Innamorarsi di Venezia seguendo i luoghi del vino Raboso il rosso dei veneziani che ritrova il suo coraggio

Tra questi primeggia il vino, un motivetto ricorrente nella sinfonia di accordi di un’opera imponente e senza tempo. Seguire i luoghi e la storia del vino a Venezia ci apre un mondo che ci diverte nelle soste nei vecchi bacari, fino a scoprire molto di più.

La Serenissima aveva investito moltissimo sul business del vino, uno dei più redditizi. Aveva creato uno stile e un gusto che dominò per secoli colmando di botti le navi mercantili, una volta conquistate le vie dell’Adriatico verso il Levante. Era per lo più Raboso, l’arrabbiato in lingua locale per la sua acidità e per i tannini, e lo chiamavano vin da vajo, vino da viaggio in quanto proprio le sue caratteristiche lo rendevano resistente nelle lunghe percorrenze e al salso del mare. Anche se nella città delle acque e del commercio internazionale del vino, questo ha pure un ruolo diverso, locale, quotidiano nella vita dei suoi abitanti. I venziani lo hanno sempre amato e per non farselo mancare se lo autoproducevano in orti e giardini o aree più estese destinate alla viticoltura. Rimane un rito diffuso e piacevolissimo quello dell’ ombra de vin. Un termine che a sua volta ha fatto la storia e di utilizzo diffuso ancora oggi in tutto il nord Italia. Ci ricorda appunto che ai tempi splendidi della Serenissima, i Veneziani nella quotidianità si ritrovavano a conversare bevendo l’ombra de vin, un ottavo di litro, all’ ombra dei grandi tendoni posti ai piedi del campanile di San Marco, come ci ricorda il celebre quadro di Francesco Guardi (1780).

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Il Consorzio Vini di Venezia sta portando avanti un interessantissimo lavoro di comunicazione e valorizzazione di questo patrimonio immenso. Il Consorzio nasce nel 2011 e da tre anni Stefano Paggio è il direttore. Seguendo il corso del Piave riunisce tre territori della doc Venezia: Treviso, Lison Pramaggiore nel Veneto orientale fino a spingersi nel Piave doc dove spicca l’areale del Malanotte del Piave doc. Nel 2010 nasce la docg Raboso del Piave che a sua volta segue il corso del fiume e si addentra nella Laguna di Venezia, diventando poi Malanotte del Piave docg. Malanotte è il nome di un borgo ma anche di una antica famiglia di commercianti di vin da vajo.

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Il Consorzio con l’ausilio eccellente di AB Comunicazioni ha dedicato martedì 29 marzo un webinar al Raboso e al territorio del Malanotte del Piave.

Prima uva a germogliare e ultima ad essere raccolta, un tempo lungo che si espone sensibilmente agli imprevisti del meteo. Da uva diffusissima nel passato fastoso della Serenissima, perde spazio in seguito alla dominazione napoleonica e ancor di più dopo le grandi guerre. Il Consorzio sta puntando molto a ridarle il coraggio che merita, facendone punto di interesse culturale e turistico. Varia nell’interpretazione delle singole aziende, lungo il corso del fiume che cambia la natura dei suoli, ora ciottolosi, argillosi fino a divenire sabbiosi verso la foce. Di grande interesse sono le bellussere, le pergole a raggera ideate dai fratelli Bellussi verso la fine dell’800 proprio per l’allevamento del Raboso, favorendone l’esposizione ai raggi del sole e i lunghi tralci di cui necessita. Molto belle a vedersi, rappresentano un importante attrazione per gli amanti dell’enoturismo e sono spesso luoghi di eventi. I produttori usano raccogliere parte dell’uva surmatura per conferire rotondità al vino, una tecnica entrata nelle aziende negli anni ottanta.

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Sono intervenuti tre produttori di Raboso: Claudio Ciani di Castello di Roncade, Ylenia Sandre di Cantina Sandre e Florian Von Rechsteiner di Cantina Rechsteiner.

Castello di Roncade, nel centro di Roncade, è un rarissimo esempio di villa pre palladiana, del 1500, circondata da mura merlate e con torri, integra e da ammirare tutt’oggi nel suo splendore. I Ciani arrivarono nel 900 dal Trentino dove erano produttori di vino e acquistarono la villa dalla famiglia Giustiniani di Roncade. Gli ettari di proprietà attualmente sono 120, prevale la presenza di uve bianche, anche se il raboso ne accompagna la storia da sempre, insieme alle pergole bellussere.

Raboso dell’Arnasa Piave doc 2017: le uve sono state raccolte tra la fine di ottobre e i primi di novembre da impianto a spalliera fitto e basso, con tralci lunghi come predilige il vitigno. Affina tre anni in botte grande di rovere e segue un breve passaggio in barrique, poi 12 mesi in bottiglia.

Si veste di un bel rosso rubino vivace e trasparente, molto piacevole nei sentori primi di marasca, poi viola e spezie pepate, appena balsamico. Il sorso è succoso, fresco e scorrevole, con tannini sottili che lo arricchiscono.

Cantina Sandre nasce nel 1926 a Campo di Pietra, a sud della provincia di Treviso, terra di rossi, con Angelo Sandre originario di Oderzo. Anche se la proprietà ha origini più antiche con la famiglia Carretta, unici proprietari terrieri della zona. Ylenia racconta che i suoi nonni iniziarono a vendere vino sfuso nella propria cantina, accompagnandolo con qualche piatto preparato dalla nonna. L’attuale generazione dei Sandre ha investito sulla valorizzazione dei propri vini in bottiglia con il marchio di famiglia.

Raboso Piave doc 2014, da vigne di 20 anni a guyot, su terreno argilloso. La vendemmia è avvenuta ai primi di novembre e gran parte è surmaturata. Affinamento di 30 mesi tra botte grande e barrique e ancora un anno in bottiglia.

Vuole tempo nel bicchiere e vale la pena concederglielo. Si esprime con profumi netti e piacevoli di prugna e marasca, poi cioccolato e caffè. Si fa apprezzare all’assaggio per la freschezza vivace, per la scorrevolezza che mantiene una personalità sottile, i tannini sono discreti e lungo il ritorno di quanto espresso al naso.

Cantina Rechstein , ci ricorda la presenza austro ungarica da queste parti. Nel 1881, Friederich Rechsteiner rileva dai conti Revedin la Tenuta e la Villa Seicentesca di Piavon di Oderzo che in origine apparteneva alla famiglia Bonamico e prima ancora al Cardinal Ottoboni.

Tutt’ora, l’azienda agricola è condotta da un diretto discendente del fondatore: il Barone Florian von Stepski-Doliwa, pronipote della figlia minore di Friederich che andò in sposa a uno Stepski. Bellissima da visitare nel suo stile tipico di palazzo vaneziano, con ampio parco e le vigne a Piavon di Oderzo. E’ anche agriturismo con camere e sala ristorante.

Domenicale Rosso Malanotte del Piave docg 2015, evoca nel nome la domenica, giorno speciale soprattutto nelle realtà rurali, e il dominus – il padrone. Solo una piccolissima parte delle uve viene raccolta surmatura, affina tre anni in botti grandi di rovere e 24 mesi in bottiglia.

Nel colore è granato luminoso e trasparente.

Mantiene una certa croccantezza di profumi e al sorso che ben raccontano la natura dell’uva a monte, il Raboso.

Intenso e ampio nei profumi che vanno dai piccoli frutti di sottobosco agli accenti balsamici delicatissimi fino alla viola, al rabarbaro e al tabacco dolce.

Crudo e croccante l’assaggio, dinamico sul ritmo battuto piacevolmente dalla freschezza e dai tannini ben gestiti. Direi più moderno e curato con la giusta tecnica che permette al vitigno di esprimersi e al sorso di farsi gustare a lungo.

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